Una città - anno I - n. 7 - novembre 1991

UNO SCONOSCIUTO DENTRO DI TE intervista a Graziella Salaroli, coordinatrice dei volontari dello I.O.Il Com'è arrivata al volontariato? neva lì fermo a guardarmi. Ho avuto tutto quello che un ammalato può avere. Quando cominciai a stare benino erano tutti anniversari in famiglia. Il secondo anno la torta. Perché ci avevamo messo due anni, due anni di vita. Però non è stato affrontato il discorso chiaramente? No, si sapeva e basta. C'erano gli esami, andavano bene: "Mamma, vanno bene gli esami". Come ha affrontato la malattia? In maniera forte. Ricordo che ne parlavo con lamassima facilità, mi sembrava di raccontare un dramma. Volevo essere grande, far vedere che mi sentivo forte. Io non mi sono creata dei problemi quando ho avuto la caduta dei capelli. Non ho portato la parrucca. Quando il dott. Amadori mi disse: "Guardi che le cadranno i capelli", andai subito dal parrucchiere e me li feci tagliare cortissimi. Ho visto delle persone, alla chemioterapia, mettersi giù, iniettarsi la flebo, alzarsi su e lasciare tutti i capelli sul cuscino. Quando arrivo a casa e mi tolgo tutto, se viene qualcuno a fare delle offerte, lo ricevo in vestaglia senza protesi. Non mi sono mai creata il problema. Anzitutto alla mia età, ma anche allora. Mai avuto il problema di essere mutilata. Ali' ordine del giorno c'era vivere. Ci sono psicologi che aiutano a superare il trauma della mastectomia, il lutto della perdita di una parte del corpo? Prima era il sogno di tante donne andare all'estero, ma ci voleva una barca di milioni. Adesso questo sogno si realizza anche qui in Italia. Una mia amica, una volontaria dello lor come me, domattina va su a fare il capezzolo. Prima c'è l'intervento per formare una sacca, piano piano, in cinque mesi, poi viene fatto un secondo intervento dove viene ricostruito un capezzolo, poi dopo un anno durante i I quale il seno, col peso, fa quella cadenza che ha il seno della donna, viene fatto un terzo intervento nel quale si fa il confronto tra quello vero e quello rifatto e si aggiusta l'altro. Se io dovessi pensare a rifarlo, ma neanche ... ! Ma forse bisognerebbe ritornare a quarant'anni, a trent'anni, forse non la penserei così, certamente, do atto a queste ragazze giovani che fanno bene. Come è arrivata allo IOR? Io sono stata una delle prime. Quando ho cominciato a stare unpo' benino le giornate erano vuote, io ero abituata a essere una fonte di vita. Ho sempre avuto sempre una vita intensa, attiva, trovarsi così, senza sapere cosa fare, ecco che lì cominciava il crollo. E poi devo confessare una cosa: non sono una donna casalinga, mi faccia fare di tutto ma non mi faccia fare la casalinga ... Eppure lo dovrò fare un giorno ... se camperò. Fu allora che il doti. Amadori mi parlò dello IOR., di questo Istituto Oncologico Romagnolo, che nasceva per la ricerca: "Abbiamo una stanzetta in via Torelli" e io mi ricordo che un giorno non sapevo cosa fare e vi andai. Mi fecero attaccare due francobolli, mi mandarono in banca, cominciai così, piano piano. Poi la nostra prima battaglia fu togliere oncologia da quel ghetto. Cominciammo a raccogliere le firme, ci portammo ai cancelli della Zanussi, alle porte dell'ospedale. E nacque il reparto di oncologia, il dayhospital. E la gente adesso ha capito che facendo prevenzione ci si può anche salvare. Adesso, da quando si è sentita l'esigenza di inserire l'assistenza domiciliare, lo [OR è diventato ancora più grande. Quando c'è un ammalato di tumore che sta morendo in una via, in un condominio, se ne parla, si vede l'infermiera che va, si vede il medico, il volontario, gente che segue questa famiglia che non ha ormai più nessuna chance. Quando l'ospedale non ha più niente da poter offrire, ha giocato tutte le sue carte e ormai non c'è più nulla da fare, il paziente viene rilasciato a casa propria, anche perché non c'è più un letto per tenerlo in ospedale. Quindi è questo il motivo primo? Sì, certamente. Non c'è il letto per queste persone. Gli ammalati terminali non li vogliono più in ospedale; te lo dicono proprio: "Guardi, non c'è più niente da fare, se lo porti a casa". Anche se l'ospedalizzazione a domicilio è una gran bella cosa, perché il paziente vive i suoi ultimi mesi nella sua casa, con un' infermiera che tutte le mattine va a vederlo, con il medico dell' assistenza sempre a contatto. E può morire nel suo letto, vicino ai suoi cari. Il ruolo del volontario nell'assistenza domiciliare è molto importante. Porta una ventata di nuovo, perché non sono le solite co~e nascoste dai familiari, chi lo sa, chi non lo sa. Chi sa e tiene tutto dentro di sé, e ha bisogno di sfogarsi, ma non lo può fare, con chi lo fa? Lo fa con la persona che viene dal di fuori, che è un volontario, che è stato preparato, addestrato. Noi abbiamo constatato che quando al capezzale di questi pazienti ci sono i volontari, invece di tre punture di morfina, ne fanno soltanto due o una. Perché in quelle due ore che stanno lì, se uno ha voglia di parlare si parla, se non ne ha voglia solo tenergli la mano.La sofferenza sembra ancora più grande perché ci si pensa, perché si è soli. Come quel momento non ce ne sono altri cos1 difficili! Si da unamanoamorire. Vivere fino alla fine le speranze di farcela e poi aiutare ... E' una cosa che la si può capire solo se la &i vive, però quand'è la sera, quando tiri le somme hai più ricevuto di quello che hai dato. E' una lotta. Però questa lotta la combatto insieme agli altri pazienti. Vivo le loro storie, la disperazione di queste famiglie, e cos1non penso alla mia, perché ci sono loro che sono arrivati, io invece sto ancora bene. Gli anni che devono ancora passare per esserne fuori passano in secondo piano. Non posso fermarmi a pensare, devo sempre cercare di muovermi. lo non ho fatto un giorno di ferie, pensi sarò attaccata all'istituto oncologico? Per me pensare significa ... se mi fermo a guardare la televisione mi ritrovo che la mia testa è da un'altra parte. L'unico mio svago è una scala quaranta qualche sera con gli amici. Vuole che le legga la mia cartella clinica? Non vorrei turbarla. Nell'88 mi sono scoperta quest'altra cosa, questo nodulo, me lo sono scoperta dalla sera alla mattina. Quindi non sempre si vedono anche attraverso gli esami? No, il mio è stato proprio un rebus, l' 8 agosto ho fatto tutti gli esami, la palpazione, tutto filava liscio. Il 22 agosto non l'avevo, sono sicura, perché avrò fatto mille docce. Mi sono svegliata la notte mi prendo st' affare che era così. Non ho detto niente a nessuno. Ho girato per casa tutta notte. La mattina in oncologia. Mi hanno fatto subito il prelievo, a mezzogiorno sapevo già che era positivo. Tornando a casa in macchjna dal Pierantoni urlavo: "ma come farò ad andare a dirlo ai miei, che sono messa nelle condizioni di prima"?. E qui che è venuto fuori la paura. Adesso è proprio il terrore. E lì sì ho mentito. Mia figlia è venuta in ospedale con me, è tornata con me e io dovevo nascondere perché io sapevo, e lei lo sapeva e lo nascondeva a me. Ma questa volta abbiamo proprio finto. Sono stati tre anni il 24 agosto. Ho fatto gli esami l'altro giorno e vanno tutti bene. Questa volta sono proprio in ginocchio. Stavolta ho proprio paura. E adesso non ho più tempo per pensare. E l'unico problema che ho rimasto è il dormire. Dormo solo con delle compresse. Sono diventata una drogata anch'io, prendo del roipnol e solo quello mi fa dormire. Tutti mi dicono che è meglio una compressa che una notte insonne. Insomma ...Sono storie terribili eh ... Lasciano un solco talmente grosso... Però quando sei qui a raccontarle! Ancora una volta spero di arrivare a un traguardo, di camminare ancora un po'. Perché se sto bene, vuol dire che vado avanti con lo IOR. finché la salute me lo consente ... se invece la salute non mi assiste ... a cura di Patri-:::.Biaetti lo vengo da un'esperienza molto grave. Nel '77 fui colpita da tumore al seno. Andai subito da Amadori il quale decise immediatamente per un intervento radicale. Dopo l' intervento mi fu data una sentenza molto grave, il responso dell'esame istologico fu: "carcinoma duttale infiltrato" il che comportava cobal toterapia, chemioterapia e la sopravvivenza era molto rara. Io lo volli sapere, ma forse, oggi me ne rendo conto, lo volli sapere nell'ignoranza, perché non avevo capito fino in fondo che cos'era questo male. Glielo dissero francamente? Un po' me lo disse il prof. Mattioli. Io non ho studiato, però gli dissi: "Lei mi dice che io devo intraprendere queste cure, ma queste cure, per quanto ne so, si fanno quando si hanno dei tumori maligni. Devo decidere del mio futuro". Aquell'epoca avevo dei negozi che gestivo io e una persona che si sottopone a chemioterapia e cobaltoterapia non può essere in grado di funzionare come prima. Non si è più le persone di prima. Il prof. Mattioli alludeva, ma non approfondiva più di tanto. Ai miei l'aveva detto: "State vicino a vostra madre perché ha pochi mesi di vita". Poi cominciai la terapia. Nel reparto, nel '77 ... quello che abbiamo subito noi allora! Eravamo in uno scantinato, eravamo sudelle barelle, non c'erano i letti per fare la chemioterapia. Ci portavano la mattina, ci mettevano in queste barelle, una attaccata ali' altra, quando uno vomitava, vomitava addosso ali' altro. Uno urlava, piangeva, l'altro si disperava. Quando dovevano metterci la flebo tiravano indietro la barella per poter entrare. A quei tempi non c'erano nemmeno le cure di alleviamento a queste terapie. lo ho fatto dodici cicli, dove adesso se ne fanno quattro, e trentacinque cobalto, dalle quali sono venuta fuori bruciata viva. Andando lì, si ascoltavano i discorsi degli altri, con furbizia si cercava di capire. Io ricordo che una mattina lasciarono la mia cartella ai piedi del letto e io, con la mia flebo attaccata, la aprii. Cosa si prova inquei momenti? Mah, ero nell'ignoranza, non me ne resi conto. L'unica cosa, ho deciso immediatamente, improvvisamente di vendere tutta l'attività. Vendetti tutto perché dissi: devo pensare a curarmi. La famiglia come ha reagito? Ha presente il circolo vizioso per cui la famiglia sa, ma non sa che anche il paziente sa? La chiarezza com'è avvenuta? Loro sapevano che lei sapeva? Io sapevoe loro sapevano, perciò c'era dialogo. Devo dire che ho avuto una famiglia meravigliosa. Quando facevo la chemioterapia, andavo a casa e stavo tanto male, uno di loro si metteva a turno nella poltrona accanto al letto, nella penombra e rimaQui a Forlì ancora no, e questo manca tanto. lo ho vissuto il dramma di altre ragazze, di giovani spose, di ragazze fidanzate che hanno avuto lo stesso intervento mio, non capite dai mariti, non capite dai propri ragazzi. Finisce tutto, mi creda! La donna ha finito. Passano degli anni in cui sei appiattita, sei finita; anche se hai della grinta per combattere, la grinta la devi usare soltanto per combattere quello sconosciuto che hai dentro di te, che non conosci, che non vedi in viso, quello sconosciuto che non ha nome, non ha viso. Non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello di pensare ad altre cose. E si finisce così, piano piano. intervento---------------------------- ·~ Lo dice nel senso che è così, o potrebbe anche essere diversamente se ci fossero strutture d'aiuto? Ma sa, potrebbe ... Bisogna avere delle persone accanto formidabili, per accettare questa cosa. Vedere la propria donna com'era e vederla com' è...perché vedere una persona senza seno, mi creda, è una cosa orribile. Non ci i sente più donne. Subentra il problema coniugale. E le donne percepiscono,. Le donne giovani che subiscono questo trauma, perché i mariti non sono più quelli. Comincia la gelosia: "perché io sono così, e dopo lui" ... E vengono le disfatte dei matrimoni. La protesi aiuta? Beh, sì. Tant'è vero che adesso c'è la ricostruzione. ~~ 0Kll!oY061t Erboristeria - Prodotti naturali - Shiatzu FABBRI Dr. Enrico Forlì - via Albicini, 30 (ang. via S. Anna, 2) Te!. 0543/35236 attraverso un "allenamento", i LA VALORIZZAZIONE or,,' IDENTITA' metodichegli allievinonposseggono.Non si deve parlare.anche Per il secondoanno consecutivo alcuni pedagogistied insegnanti hanno volutoconcluderel'estate con uno stage che si è tenuto a Yillamarinadal 26 al 30 agosto. "Per valorizzarei potenzialiindividualid'apprendimento"è stato il titolodel seminario,organizzatodalCIDIdi Cesenatico.Loscopo era quello di rifletteresia su alcunepropostedi autori noti finorasoloa livelloaccademico,sia su talune sperimentazioniche si sono svoltenel corsodell'ultimo annoscolasticonellanostraregione, all"intemodel progettoP.1.A. (Potenziale Individuale d·Apprendimento) in collaborazione con l'I.R.P.A. (istitutoRegionale per r Apprendimento). Findallarelazioneintroduttivadel prof. AndreaCanevaro,direttore del Dipartimentodi scienzedel- !' Educazione dell'Università di Bologna, si è delineata chiaramente la linea su cui lo stage intendevasvolgersi.Superataormai la prima reazioneal modo tradizionaledi fare scuola, si sta cercando di dare una spiegazione ampia e complessadel processo d'apprendimento, inserendo la pedagogiain un dibattitoche investetutte le scienzeumane. L'affettività, l'interesse. la motivazioneed i fattori emotivi non sonopiùsufficientipercomprendere il processo di conoscenza. Durante i lavori del seminario questi elementi sono stati considerati solo come una parte del- !' originalitàdi chi è coinvoltonel processoeducativo. 11 concettodi identità,nelle uevariesfaccettaturehacostituitoil filoconduttore dello stage. Parlare di identità, però, non significa studiare un soggettoisolato,maanalizzarele sue interazionecongli altrie con l'ambienteed i cambiamentiche tali interazioneprovocano. Ritengoche sia da sottolineareil fatto che la scoperta e l'esame delle strategie soggettivedi apprenderesiano natidall'interesse per situazionidi difficoltà.Infatti ilprogettoP.1.A..cosìcomemolti autoripresentatinel corsodel seminario.ha preso le mossedalla necessitàdi aiutaregli allievicon problemidi adattamentoscolastico e un suo segmentoè intitolato ·'deficit handicap". La diversità quindipuòcostituireun'occasionedi riflessioneutilea tutti.Penso che questo sia un punto molto importantenonsolosottoil profilopedagogico,maancheculturaPest Control igiene ambientale • Disinfestazioni - Derattizzazioni - Disinfezioni • Allontanamento colombi da edifici e monumenti • Disinfestazioni di parchi e giardini • Indagini naturalistiche 47100Forlì - 1•ia Meucci,24 (Zona llldustriale) Te/.(0543)722062 Telefax(0543)722083 le e storicoinun periodoin cui le tematichedel razzismoe dell'integrazionesonomoltosentite. Maper integrarsiè necessarioprima di tuttoconoscerese stessied avere consapevolezzadelle proprie capacità, dei propri limiti e dellapropriastoria.Dataleconsapevolezza.che è un·identitàcompetente nasce, sia la capacità di comprenderequale contributosi può portare agli altri, sia la coscienzadei propri bisogni e del1• aiutochevienedaglialtri:questa è la vera integrazione. La valorizzazione dell'identità comportaancheun diversoatteggiamentoversogli errori,che non sonopiùconsideratisempliciincidentidi percorso.machevengono sfruttatipercrearenuoveoccasioni di apprendimento.Si modifica quindiilruoloinsegnante.chenon ha più la funzionedistruttivadi cercare i comportamentinegativi degliallievi.Il dialogopedagogico, secondo Antoine de La Garanderie,deve portare gli allievi alla consapevolezza degli strumentiusatiperconoscere.Da tali strategiedipendono,a pareredelr autorefrancese.leattitudiniscolastiche: l'educazione avrebbe ancheil compitodi fareacquisire. ~ secondo Feursteind,solo di apprendimentidi contenutima soprattuttodi strutture.E di conseguenzasi modificanoanche le finalità e l'atteggiamentovalutativi, come hannogiustamentesottolineatoGiselaChatelenate (salinePanChauddel!'Universitàdi Ginevra.E' necessarioprocedere ad una valutazionediagnosticae formativa.miratacioèal cambiamento,incui il valutatorenonsia unosservatoreesternomaaiutoe collaboratoreal lavorodell'allievo. Non si tratta solo di combinare capacitàe limiti.maancheprogetti. Per tutto lo stage infatti si è insistitomoltosullanecessitàche tutti i soggettiabbianodelle proprie mete da raggiungeree dei propri percorsi da compiere. Le implicazionia livello scolastico sono enormi: non è più l'insegnanteadavereinmente 1• obiettivoacuiarrivareed imezziconcui raggiungerlo.ma il suo progetto deve lasciarespazioed integrarsi con quellodel!'allievo. Questisonostati i riferimentiteorici che sono stati presentati sia dai già citati Andrea Canevaro. Gisela Chatelenat e [saline Pan Chaud.sia da MariaRe del CIDI SERCOM s.r.l. TECNOLOGIA E ARTE NELL'ARREDARE NEGOZI 47100 Forlì - Zona industriale Via Correcchio, 21/A Tel. 0543n22330 - Fax 725483 la. forb!mi SPA BIZERBA tc.v,A.L,A TVM M[TAU.IQtE MACCHNil( ,-(A PESAT\.11111:( di Torino.daMarinaMasellie da GiovannaDi Pasqualedel I' lRP A di Bologna.Su questi punti vari gruppihannopoi lavoratocercando di ritrovarli nelle varie sperimentazioniche sonostatepresentate. Forse alcuni insegnanti, intervenuti come uditori,avrebberopreferitoche durantelostagesi fosse dato maggiore spazio alla parte pratica, costruendostrumenti da utilizzareduranteilprossimoanno scolastico.Pensoche peroperare sul camposia indispensabileavere unabuonabaseteoricae chegli strumenti operativi vadano costruitiin riferimentoallasituazione concreta. C è stato icuramente un certo di livello tra le a pettative degli organizzatorie pubblico:infattisi speravache !"uditoriofo secomposto da personegià intervenute al eminarioprecedente.manonè statocompletamentecosì.Questo ha creato una difficoltàdi comprensionee un cambiamentodel pianooriginaledi lavoro. Ritengo comunqueche si possa esseresoddisfattidel lavorosvoltochehapermes oagli insegnanti pre enti di mantenere i contatti congli tudi pedagogici.cosache purtroppoè assairaranellascuola italiana. Stefania Navacchia UNA ClffA' IN TUTTE LE EDICOLE ALL'INIZIO DI OGNI MESE

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