La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 9 - novembre 1995

discussione e delle argomentazioni che tutti portavano a sostegno delle proprie tesi; si parlava, si proponeva, si progettava, si realizzava, si discuteva di cose che io non conoscevo, conoscevo superficialmente o conoscevo da altri punti di vista: politica, disagio giovanile, eroina, Aids, noia, voglia di fare, musica, attività, ecc. Iniziai pian piano a entrare anche io in questo mondo, imparai a capire più approfonditamente termini quali solidarietà, amicizia, tossicodipendenza, antagonismo sociale: volevo entrare nel loro mondo, sentivo di aver trovato quello che avevo sempre cercato. Mi interessò il contatto umano, sincero, profondo, spontaneo, la soddisfazione di parlare di me a qualcuno senza aver paura di essere preso in giro o di sentirmi ridere in faccia, scoprii l'amicizia vera, disinteressata, l'uscire insieme anche se non si ha una lira. Tutto quello che avevo fatto prima lo volevo buttare via e ci riuscii prestissimo. Mi immersi in un frenetico lavoro di parte~ipazione a questa o a quella iniziativa; lavorammo per Memoria Storica (grande festa sulla rivalutazione del centro stoneo galatinese); poi le manifestazioni di solidarietà ai malati di Aids, ancora e sempre contro l'eroina, le prime dimostrazioni pubbliche, il dramma allora nascente della ex-Jugoslavia. Era un vivaio di idee sempre nuove e entusiasmanti capaci di coinvolgerci e di invogliarci a farle, convinti di poter guadagnare almeno una soddisfazione personale visto che l'indifferenza della città era totale. Progettavamo, lavoravamo e realizzavamo per noi, e questo lo sapevamo bene; ma era questo che ci spronava a asire, a rompere le scatole alla gente e tentare d1 cambiarla profondamente insieme. Arrivò l'estate, ma gli spacciatori non vanno in ferie, e noi questo non lo sapevamo bene. Vacanze, divertimenti, relax e qualcuno andava via da questo mondo per overdose o si impiccava perché sieropositivo, morendo da solo. L'indifferenza della gente, a cui ci credevamo immuni o almeno non contagiabili, stava cominciando a diffondersi anche all'interno del Centro. Qualcuno abbandonò, i più rimasero e il periodo successivo fu uno dei più belli della · mia (nostra) vita. Impossibile descrivere che cosa si provava in quelle sere tutti insieme, anche conoscendoci da poco, c'era come un filo che ci teneva insieme, ci raggruppava e ci manteneva uniti. Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi. La nostra unità c'era, ma !"'istituzione" Centro Sociale cominciava a vacillare. Era un Centro Sociale atipico, io lo definivo "semi-militante", nel senso che non era occupato ma autogestito regolarmente, con un finanziamento da _partedell'amministrazione comunae e tutti I ra~azzi che lo frequentavano non erano coperti da quella cieca inquadratura ideologica che si riscontra in qualche altra associazione simile alla nostra. Nessuno veniva giudicato se aveva i capelli lunghi o corti, sporchi o puliti, oppure i calzoni intesri o stracciati. Ricordo che addirittura uno dei nostri frequentatori più assidui e coerenti era un ragazzo (mio carissimo amico) che faceva e fa tuttora parte della sezione galatinese del fu Msi. Egli aveva davvero scoperto l'amicizia in quei locali ormai così familiari al di là delle barriere ideologiche che ci potevano essere. Altre operazioni si susseguirono nel centro sociale; rilevammo circa tremila libri e volumi di proprietà del comune destinati al macero perché considerati ormai inutili e anacronistici. Con una pazienza da certosini li ricatalogammo e li mettemmo a disposizione della cittadinanza e di chiunque volesse leggerli. Inaugurammo un mercatino di libri scolastici usati che andò molto bene, sia perché. molti ragazzi ebbero modo di conoscere il Centro sociale e le sue attività, sia perché attraverso la vendita di questi libri si ricava una percentuale da destinare al centro e quindi un'altra risorsa economica (seppur piccolissima che serviva a coprire le spese che periodicamente si sostenevano). Organizzammo un incontro con l'associazione Sorgi (gruppo galatinese che si occupa di tossicodipendenza) sul tema e che era stato la molla su cui era nato il progetto "~iovani in campo": il disa~io giovanile e l'eroma. Fra le tante iniziative ncordo ancora con piacere la collaborazione con il gruppo 179 di Lecce di Amnesty International con un dibattito accessissimo sulla pena di morte, un corso di teatro inaugurato e portato felicemente a termine con una rappresentazione finale, i corsi di fotogragia, di scacchi. e anche il mercatino dell'usato tenuto nei locali del centro la domenica mattina e ironicamente chiamato "Piazzetta Rossa" in cui si vendeva e si cambiava di tutto: libri, dischi, oggettini, foto, poster, borse, collane, e qualunque cosa fosse commercìabile e barattabile. Poi, quasi inavvertitamente, il declino. Le divergenze interne, che erano rimaste punti di vista e quindi non compromettavano l'unità, cominciarono ad essere più pesanti. Si rischiò di arrivare alla frattura, aiutata da una perentoria richiesta da _partedel comune di Galatina di sgombero dei locali, dei "nostri" locali, con una motivazione allucinante nella sua normalità: "l'affitto costa troppo". In quel delicato momento la compattezza, l'unità di tutti era indispensabile, e per stupidità o per neglisenza venne a mancare, dando la mazzata definitiva a chi, come me, si era illuso di poter trovare il paradiso dove coltivare gli interessi che più lo entusiasmavano, dove fuggire sapendo che nessuno avrebbe mai intaccato i suoi l?roblemi più nascosti, ma tutti erano pronti ad ascoltarlo e tendergli una mano. Di quei miei due anni meravigliosi rimangono soltanto quattro saracinesche abbassate, una voglia di esserci che è rimasta intatta, insieme a una profonda e indicibile nostalgia per quello che è stato e che ora non è più. ♦ ç1•n1r nr vr Tn

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==