La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 9 - novembre 1995

TEATRO ARTISTI SI NASCE O SI DIVENTA? Piergiorgio Giacchè Si parla sempre di più del rapporto fra scuola e teatro. Un rapporto che ha avuto due fertili - ma non per questo sempre felici - direzioni. Una è quella del teatro per la scuola o dentro la scuola, mentre l'altra è quella della scuola di teatro o per il teatro. Apparentemente si tratta di due problemi diversissimi, ma è proprio vero che siano così distanti? Dal punto di vista teatral-sociologico non lo sono, dal mom<into che la vita e l'attività ordinaria dell'ultima (e ahimè già datata) generazione di attori, animatori, operatori di teatro è garantita dal "fare scuola" molto più che dal "fare teatro". Gli stage e i corsi,.professionali e non, per attori e registi, così come - dall'altra parte - gli spettacoli del Teatro Ragazzi e gli altri corsi e stage per insegnanti e allievi delle scuole di ogni ordine e grado, costituiscono da tempo l'impegno e lo stipendio principale di moltissimi reduci del movimento teatrale degli anni Settanta e Ottanta. Ma questo fatto non ha a che vedere soltanto con le strategie e le economie di sopravvivenza degli attori e animatori, ma rappresenta anche il modo - il più frequente e magari anche il più disinvolto - di portare avanti uno dei temi fondanti della cultura teatrale contemporanea. Sia teoricamente che storicamente infatti, a monte della fortunata discesa del teatro nelle scuole, c'è infatti il problema della difficile ascesa della peda~ogia del teatro, dentro e "per" il teatro. C'è il sogno di una perfetta o perlomeno utile "scuola di teatro", o addirittura il mito di un teatro che funzioni come una scholé, nel senso greco del luogo dove ci si confronta e si conversa piacevolmente e liberamente, magari anche in presenza di un maestro altrettanto liberamente scelto. · Ma se non ·fosse un sogno, sarebbe comunque una necessità: è dagli inizi del secolo che il teatro si dibatte nella contraddizione fra le sue necessarie e incessanti innovazioni e gli indispensabili strumenti e luoghi attraverso cui fondare nuove ·"tradizioni". La "scuola" è dunque un compito o un traguardo obbligato per i grandi e i piccoli maestri del teatro contemporaneo. La "scuola" è anzi, in molti casi, il modo attraverso cui la sperimentazione si approfondisce e prosegue in forme più libere e più rigorose di quanto ormai non sia· concesso alla "scena". Se non riesce quasi mai a diventare lo strumento del tramandare, è sempre più spesso il luogo dove prosegue o si verifica la ricerca. · Del resto, è possibile o appena pensabile insegnare come si diventa attori? Artisti si nasce o si diventa? La scuola che già saf piamo quanto funzioni poco per trasmettere i sapere scientifico, può trasmettere e far crescere l'a~ bilità o il "talento" artistico? SUOLEDI VENTO Queste domande sono davvero le stesse, nel teatro e nella scuola, ma hanno pesi specifici diversi: si potrà sempre infatti insegnare teatro nelle scuole, una qualche funzione positiva si troverà sempre nell'aggiunta ludica o estetica o terapeutica del teatro per o dei ragazzi, ma è e resterà sempre più difficile difendere e credere in una "scuola di teatro" che serva a fabbricare gli attori e i registi e gli. spettacoli di domani. · A proposito, il teatro avrà un domani? La discussi~ne fra. Gabriele Y_ acis, regista del Teatro Settimo e msegnante m una delle scuole di teatro più aperte e più "libere" che si trovano in Italia e Dario Voltolini, "docente" alla scuola per scrittori "Holden", non si confronta - almeno in apparenza - con una così grave e definitiva domanda, ma ugualmente ci suggerisce piccole risposte su come il teatro (e l'arte) può resistere 'oggi'. Risposte piccole come i compiti che si fanno a scuola: è strano come dei dichiarati "autodidatti" si siano risolti ad insegnare in fondo per dare un seguito e un senso al proprio processo di autoeducazione. Chissà se, attorno a loro, più che disciplinati allievi non si formino molti altri nuovi autodidatti, malgrado a loro sia toccato in sorte di "andare a scuola"? TEATRO SMONTARE IL GIOCATTOLO Gabriele Vacis,Dario Voltolini a cura di Giorgio Morbello • Gabriele Vacis coordina da due anni il corso attori della Civica scuola d'arte drammatica "Paolo Grassi" di Milano. Insieme a Dario Voltolini insegna poi alla scuola "Holden" di Torino, {ondata e diretta da Alessandro Baricco. Pubblichiamo una conversazione sul senso della loro esperienza di insegnamento e sul rapporto della loro generazione di artisti con le generazioni precedenti e successive. ·• Vacis. Io non ho fatto una scuola di teatro tradizionale. Ho fatto l'lsta (lnternational school of theatre anthropology) che era una cosa molto particolare, in qualche modo una anti-scuola, andare a bottega da un regista, Eugenio Barba, ma in un ambiente in cui si poteva incontrare gente di teatro di tutto il mondo. Allora, nel 1980, l'idea di iscrivermi a una scuola di teatro non mi sfiorava nemmeno. Se qualcuno mi avesse detto che o~gi mi sarei trovato a coordinare il corso atton della Civica scuola d'arte drammatica Paolo Grassi o che avrei insegnato in una scuola privata come la "Holden", gli avrei riso in faccia. · Voltolini. Quindi che cosa è c~mbiato?

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