La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 9 - novembre 1995

migrazioni di massa, _ilperico~ lo è evidente. Il Movimento d1 liberazione nazionale alla fine della seconda guerra mondia!e fu, almeno in parte, una_ migrazione di m~ss:, una migrazione "sotto tiro della popolazione rurale verso la città, una sorta di urbanizzazione forzata. Molti ricordano ancora le devastanti consesuenze di quel "tonificante ~u~i:,ovamento delle nostre cma e non è difficile immaginare oggi uno scenario analog_o. . . Se i prodi difenso~1 dei v1!- laggi ~erbi e i ~~ncatl co~qu1statori delle cma croate c1 c~- stringeranno realmen_te a _n_- conoscerli come conc1ttad1m, e entreranno in città e pre_nderanno il comando, sappiamo cosa aspettarci. I partigiani condannavano la decadenza della città e promett~van~ la sua rigeneraz_1~ne. sociale; 1 nuovi i::ia~i-p~rt1g1ampromettono d1 ripulire le nostre Sodoma e Gomorra serbe da tutti i rinnegati nazionali. I?i nuovo le città vengono drstrutte in nome dei fini più alti e più nobili. Presto, certamente, qualcun~ ~ecid~rà che un po' di pulizia etmca farebbe bene anche a Belgrado e si potrà sei:npr_e.tr<:)Vare una teoria che gmst1f1c~1 una grandiosa impresa nazionale del genere se la nostra nuova Kulturtrager (élit~ cultura_!~) lo riterrà necessario. Infam 11 grande padre della _nostra nazione, Vuk Karadz1c, che _c~- dificò la lingua serba nel ~liciannovesimo secolo non msegnava forse che _iSerbi preferiscono non vivere nelle città, in questi aggl?mer_ati. di valacchi, tedeschi _e s1m1le marmaglia cosmopolita? . E se decideranno eh-: siamo smidollati, relitti troppo poco serbi, se decideranno che le nostre città hanno bis?gno di un rinnovamento razziale e nazionale, quellf d! n_oi_che non si faranno 1nt1m1dire e non se ne andranno (e già adesso stanno facendo del loro meglio per terrorizzarci) v~r- . ranno secondo le sacre scrit- , . . . ture, trasformati m sc1mm1e. Ecco perché quando sento parlare della Nuova Serb\a la mia principale preoccupaz1on~ è di riuscire a preservare que~ frammenti di urbanità che c1 sono rimasti e impedire loro di trasformarci in scimmie. ♦ LA CIITA' Città e cittadinanza Jordi Borja (traduzione di Maria Baiocchi) jordi Borja, sociologo, è responsabile per Barcellona e la_Ca~alo_- ~na di numerosi progetti di piamJicazione urbana. ♦ Si mette in discussione la• "cittadinanza" degli abitanti delle città e 4_uesto p~r. riv_en~ dicare diritti e cond1z1on1 d1 vita che rest~tuiscano loro una condizione che si crede perduta. Ma forse bisognerebbe ripartire da capo e co~si~erare tutti cittadini. E poi esigere i mezzi per esercitare quella condizione. A Barcellona se ci si rivolgesse a un'assemblea di q~ar~ tiere adicendo alla gente ".01 non siete cittadini" si risch1ereb be di essere fischiati. ~ comunque fraintesi. f?opo g_li anni della dittatura 1 movimenti di base cercavano la legittimazione d~lla_l~ro azio_ne a partir~ d_alpr!n_c1p10che s~amo tum c1ttadm1 e che abbiamo il diritto di esigere le libertà e i poteri, i servizi e le strutture per fare _di_quel principio un modo d1 vita. E questa è for~e la nostra mag~ giore congmst~: _leperso_ne s~ sentono c1ttadm1, propnetan e amanti della loro città. E dunque orgogliosi, ma a~che esigenti nei suoi confroD:tl: . Quali sono le con?1z1on1 che la città ci deve offrire perché si possa_esercitare_ la cltt~- dinanza? S1 tratta d1 cond1zio11i che possiamo cl~s.sificare come fisiche, pol1t1che e simboliche. Elementi fisici ed economici della cittadinanza Il lavoro. È la nostra grande sfida sociale. Fra !I 10 e il 20 % della popolaz10ne attuale delle nostre città è disoccupata, spesso la_metà de\ giovani di meno d1 25 anm che cercano lavoro non lo trovano per non parlare di quelli e soprattutto di quelle che non lo cercano o non lo cercano più e dei pensionati che non sanno cosa fare dei 15 o 20 anni di vita che restano loro. Perché il lavoro resta il collante sociale principale. Bisogna dar prova di_ gr~nd~ fantasia per generare 1mp1eg~1 e ruoli in settori non competitivi come l'ecologia urbana,. i servizi per l'hinterland o il mantenimento dell'infrastruttura urbana. E q~esto pr~supponc dei cambiamenti del funzionamento dello Stato e dei poteri locali, per esempi? del sistema fisc~le per t~asferire le risorse a livello d1 quartieri e anche delle orgamzzazio~i sindacali e sociali, perché sviluppino nuo".c c~pacità d'intervento sul territorio. È vero che il dinamismo economico e culturale della città è una garanzia di creazione di impiego. Per esempio a _Barcellona hanno perduto 11lavoro 300.000 persone, circa un terzo della popolazione attiva dell'agglomerato urbano durante i primi anni della democrazia, proprio quelli della cr:isi indust~iale (1980-85). I cmque anm ~egue.nti hanno visto la creaz10~ ne di un uguale numero d1 posti-lavoro_. È stato un periodo eccez10nale, che tuttavia non è riuscito a eliminare il problema della disocc~pazionc. E comunque oggi abbiamo se non altro un tasso di disoccupazione che è circa la metà di quello del resto del!a S_pagn~.Concl':1sione: la pol~- uca d1 costruzione, mantemmento e gestione delle infrastrutture e delle attrezzature deve essere messa al servizio del!' occupazione. Gli spazi pub~lic~ . . .Gli alloggi e 1 serv1z1 noij. fanno la città e meno ancora la cittadinanza. Sono indis_pensabil~ma no~ sufficienti. E lo spaz10 pubblico eh~ pe~- mette l'esercizio della cittadinanza. A Barcellona, all'inizio del periodo democrat_ico_, è stato quello il primo ob1ett1vo della politica ~.rbana. Rei:id~re il centro stonco access1bile, vivibile sicuro e gradevole e mantedere la funzione resi-

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