La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 9 - novembre 1995

la responsabilità che Dio stesso ci ha imposto come capi di famiglie e capi di comunità". E ancora, "andare a Washington per chiedere giustizia per il nostro popolo è come andare in guerra". Così Farrakhan chiudeva il cerchio, collegando la responsabilità personale e il ruolo di leadership maschile con l'omaggio formale alle donne nere e con le rivendicazioni di giustizia sociale, che costituivano l'altro obiettivo fondamentale della mobilitazione. Nonostante che alcune donne nere rappresentative come Rosa Parks, Betty Shabazz e Maya Angelou siano salite sul palco a Washington, molte altre hanno respinto duramente l'esclusivismo sessuale voluto da Farrakhan. In un'intervista pubblicata sul Corriere della Sera il 15 ottobre, Angela Davis, femminista e marxista, ha denunciato il pericolo che "la filosofia di Louis Farrakhan (diventi) il vangelo politico dell'America nera di fine millennio, con conseguenze devastanti per noi afroamericane". È curiosa la coincidenza tra il maschilismo di Farrakhan e quello di Newt Gingrich. Proprio nei giorni precedenti, alla Camera dei Rappresentanti, 1 Repubblicani avevano deciso di tagliare le spese per l'assistenza sociale e in particolare i fondi per le madri sole con figli a carico, uno degli ultimi resti di quello stato sociale che gli afroamericani avevano conquistato negli anni Sessanta. D'altro canto, il maschilismo di Farrakhan non è farina, per così dire, del suo sacco personale, ma è parte integrante dell'etica complessiva dell'organizzazione di cui egli è capo. Infatti, nella sua opera di recupero della dignità individuale afroamericana, la Nazione dell'Islam punta in modo esplicito sul maschio, che riconosce aver perduto proprio le prerogative di virilità e orgo~lio necessarie per fare degli individui dei militanti e dei modelli di comportamento nella famiglia e nella comunità. Per cui, se da una parte è difficile sminuire la funzione socialmente positiva che i musulmani PIANETATERRA neri esercitano negli ambienti degradati dei ghetti e delle carceri, dall'altra parte è indiscutibile che nella loro dqttrina e neUa loro prassi il ruolo femminile è subordinato. Inoltre, come in ogni sistema teocratico, la norma sociale è presentata come voluta da Dio. Da quando Malcolm X praticava un analogo maschilismo nel seno della stessa organizzazione poitico-religiosa sono passati trent'anni e l'abbandono della Nation of Islam da parte di Malcolm coincise con la sua rottura di quelle gabbie dogmatiche. E anche se il femminismo è stato soprattutto un fenomeno bianco di classe media, le sue versioni afroamericane hanno prodotto teoria e pratiche sufficienti perché l'impostazione d1 Farrakhan venga respinta. Essa apeare in effetti come una specie di rivincita, se s1 tiene conto del ruolo effettivo di colonna sociale che la donna nera - nubile, maritata o abbandonata - ha storicamente avuto nella comunità cui appartiene. Ancora Angela Davis: Farrakhan "ordina addirittura ai seguaci di strapparci il peso del potere, che sarebbe caduto in mano nostra, nel focolare domestico, a causa della latitanza maschile". Una tale rivincita, se Farrakhan avesse successo, sarebbe davvero disastrosa. Ma non l'avrà. Il successo della manifestazione non è immediatamente traducibile in altrettanto successo· di Farrakhan e della Nation of Islam. In primo luogo, perché la stragrande maggioranza dei partecipanti, pur rispondendo alla chiamata, non è stata mossa da motivazioni dottrinarie, ma è stata più probabilmente mobilitata dal bisogno di dimostrare una capacità di risposta agli attacchi dei Repubblicani e di far sapere a Clinton che la sua politica sociale ha offeso gli afroamericani. In secondo luogo, perché la "mobilitabilità" de~li afroamericani dimostrata dalla manifestaz10ne è un capitale che tutte le altre organizzazioni locali e nazionali nere cercheranno di fare fruttare, per sé e contro Farrakhan. Infine, perché lo

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