La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

"ben girare". Il sorvegliante ha le qualità ma non i difetti degi altri film del sruppo. Ben scritto e messo in scena, il film dribbla la trappola dell'identificazione piazzando al centro della storia un personaggio maschile (Ivano Marescotti, gestito con autorità) e il suo voyeurismo, e riesce a giocare assai bene con la natura sessuata delle aspettative degli spettatori. Nella sua intelligente interpretazione delle regole ci sembra un'autrice già pronta per entrare nel "sistema", anche se corre qualche rischio di omologarvisi velocemente. Agli antipodi per scelte stilistiche e narrative è il lavoro di Daniele Gaglianone, che esibisce un percorso di ricerca personale ed estremo. L'uso della tecnica mista (super8, video, 16 mm, suono distorto e rielaborato) è posto al servizio di visioni forti e disturbanti, di cui è difficile liberarsi. L'orecchio ferito del piccolo comandante (terzo premio a Locarno), si confronta con l'ambigua verità della finzione facendo entrare in collisione le materie stesse dell'espressione: lo statuto delle immagini è continuamente messo in discussione (ci si chiede continuamente: è repertorio, fiction, l'uno e l'altra?) e l'azzeramento tumultuoso prodotto dalla colonna sonora "in soggettiva" crea lo spazio per l'emozione. La dialettica vero-falso, lo spessore anche materico conferito alla memoria (il piccolo comandante è un partigiano) ci danno un'idea dei nodi affrontati da questo autore, il cui lavoro più recente, Il sale della terra, si misura con il tema del male. Nel rischioso cimento Gaglianone non bara con se stesso: per lui entrare nel labirinto della psiche di UlJ maniaco sessuale equivale a un viaggio dentro di sé, sincero fino alla spietatezza, cercando nella tensione della forma un'espressione comunicabile del conflitto. Questa attenzione per i personaggi negativi, ma allo stesso tempo ricchi di sfaccettature e tensioni, ci sembra una prospettiva promettente e originale nel nuovo cinema italiano, che - come nota Sesti (id., p.28) - ha a tutt'oggi prodotto un solo grande cattivo, l'onorevole Botero di Moretti. Siamo infatti convinti - e la lettura di due recenti romanzi sembra confermarlo - che il personaggio negativo, meglio se dotato di fascino e ambigua grandezza e forti contraddizioni, possa essere la chiave giusta per rappresentare il presente (S. Onofri, Colpa di nessuno, Theoria 1995) e il recente passato (S. Veronesi, Venite venite B-52, Feltrinelli 1995)del'Italia. In un panorama di autori restii a uscire - letteralmente e metaforicamente - dalle quattro mura domestiche, spicca per contrasto il brasiliano italianizzato Marce! Cordeiro, che non esita a prendere di petto il soggetto ultimo e definitivo: la fine del mondo. La brillante intuizione di Passopasso con le stelle (premiato a Bellaria), simbolica passeggiata attraverso le illusioni di un secolo, è il rovesciamento della prospettiva: il terzo mondo, la miserabile favela dove è ambientato il film, è eletto a destino del mondo intero, deriva inarrestabile dell'idea di progresso dell'uomo occidentale. Formalmente molto curato, in un bianco e nero che deve molto a Salgado e con evidenti memorie del cinema novo nel simbolismo di personaggi e situazioni, il film è un'opera pnma molto promettente, che rivela un autore di grande energia creativa. Ma per essere degli outsider non è necessario provenire da un altro continente: Alberto Rondalli vive fra Lecco e Milano, ma il suo Quam mirabilis risalta come uno dei corpi estranei meno omologabili del nostro cinema. Fuori dalle rotte familiari fin dalla scelta del soggetto inconsueto e rischioso (un rapporto ~#~ SUOLEDI VENTO

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