La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

nalissime. È un gioco da mass-media: mettiamole tutte insieme, facciamo vedere che le donne fanno così, aggiungiamo un tocco di idealismo dicendo che le donne porteranno alla liberazione della mafia... tutte balle clamorose. A me non interessano particolarmente le donne. Nel mio film (Tano da morire, ndr.), per esempio, ci sono dei r.ersonaggi femminili ma mi ha interessato di più il lato per esempio della repressione sessuale, per cui le sorelle di Tano stavano chiuse in casa e si creava col fratello, che era praticamente l'unico uomo che conoscevano, un rapporto quasi da amante. Dal punto di vista invece propriamente umano, visto che tu (pur rielaborandole, trasfigurandole) racconti sempre storie vere, conprotagonisti veri, qual è il tuo rapporto con i tuoi "persona~gi"? Come avvicini le loro storie, come riesci a farle parlare, come rielabori poi eventualmente le loro storie? Io ho un rapporto di profonda amicizia con questa gente, perché il mio interesse nasce anche da un desiderio affettivo nei loro confronti. In particolare ho conosciuto uno, che poi è quello che mi ha raccontato la storia (di Tano da morire, cioè "Enzo Caruso", ndr.) con cui praticamente da un anno a questa parte vivo praticamente fianco a fianco, lo vedo quotidianamente. Mi ha affascinato che lui vivesse in quel quartiere, che avesse quel tipo di fami~lia, insomma tutta una cultura per me lontanissima ma di cui mi sono innamorata. Alla fine quindi per me diventa un vivere con loro, che da un lato è faticoso, ma dall'altro non ne potrei più fare a meno. È vivere in una città come Palermo, che non · da (almeno a me) altro se non queste vite. E allora di queste vite io mi nutro. Insomma quando sto una settimana senza vedere questi, io prendo e ci vado, vado a Brancaccio, perché non riesco più a rapportarmi con la normalità di una "vita borghese" palermitana. Ed è ovvio che se non fai così non puoi farle, 'ste cose, eerché non puoi viverne distaccato, specie se fai un lavoro come il mio che è molto "vero", molto basato sull'improvvisazione. Insomma, io sto lì con questo tipo e parlo; se ci facciamo antipatia, si vede. Siccome ci piaciamo, ci facciamo simpatia, vengono fuori delle cose divertenti. Poi l'intenzione mia è quella di stravolgere la storia, adesso voglio farne un musical,ma voglio usare molto loro. Vedendo come questi si mettevano in scena in effetti all'inizio mi ero un po' stupito: poi da quello che hai detto poco fa, sul mettersi in scena, sulla spettacolarità quotidiana anche senza la macchina da presa ho pensato che forse la presenza della macchina da presa ha "realizzato", ha reso all'ennesima potenza, un modo di vivere. Insomma come se il musical fosse già nelle cose... C'è una predisposizione a mettersi in scena. Questo tipo di persone si racconta, sempre. Non hanno nient'altro, e quindi passano le giornate a farsi questi racconti incredibili. Il fatto di farli davanti alla macchina da presa è stato una cosa in più, Per esempio questo Caruso vive nella salumeria, una vita monotona, di stenti, e l'unica cosa che ha da fare è raccontare 'ste storie incredibili, la storia del cognato ... Per dire, lui è venuto a Roma una volta, dalle produttrici del film. È stata una esperienza esilarante, tipo Totò e Peppino, è venuto con la valigia di plastica, gli occhiali da sole, ubriaco fradicio perché era troppo teso. Lì ne ha combinate di tutti i colori, in questo ufficio di produzione super-formale. Al ritorno doveva prendere l'aereo, cosa che a cinquant'anni non aveva ancora mai fatto: terrorizzato. Sul volo, non è ·successo niente, appena qualche vuoto d'aria, un normalissimo volo di linea. Al ritorno (partito la mattina, tornava la sera) c'erano quindici persone a prenderlo all'aereoporto; e lui raccontava questo viag~io in aereo come se fosse durato giorni e giorni, "e l'aereo scendeva, e poi saliva"... allora lì ho capito il meccanismo: l'elaborazione di fatti anche insignificanti, che però nella mente di questi, per attitudine, per capacità, per ozio, diventano storie mitologiche. Quindi probabilmente 'sto Tano, in realtà era uno sfigato, uno che non conosceva nessuno, lo stess_osuo avvocato quando ci ho parlato non si ricordava neanche più chi fosse; però nella mente di quest'uomo, del cognato, è diventato Il padrino , i film che lui ha visto, quello che lui avrebbe voluto essere e non è mai stato, mille cose. Con in più il suo talento mostruoso di narratore: non è tanto importante il personaggio, ma come lui lo racconta. Ancora una volta, conta la messinsèena, il teatro. ♦ çlJOI E DI VF>JTO

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