La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

· si fermano alle apparenze, alla superficie. Pensano che i muri siano delle barriere. L'immagine degli edifici dinamitati, da Venissieux a Mantes-la-Jolie, viene presentata come un "progresso sociale": sradicamento del "male" (dalle periferie) tramite la distruzione dell'immagine del male (la "torre-ghetto"). Di fronte ai lembi distrutti della memoria, i graffi_tisti ci strappano dal nostro complice oblio, ci indicano un nuovo habitat. Le loro iscrizioni ci segnalano i luoghi. Se i rappers rivoltano le parole, i graffitisu e i tagers rivoltano i mun. Per loro i muri non "murano" la parola ma la diffondono. Questa pelle della città respira, i graffiti navigano sulla sua superficie, la superficie e l'interno si rovesciano come un guanto, la periferia diventa il centro e viceversa. Lo spazio si dilata a tutta la città. È un luogo-avvenimento, è una "faglia spazio-temporale", dice Greg, uno di loro. Gli verrà risposto con l'articolo 432 del nuovo codice penale, fedele riflesso delle paure moderne. Una città la si concepisce "pulita", non può tollerare questi graffiti che l'antropologia criminale del secolo scorso chiamava "le carte delle canaglie". L'insopportabile "parlar sporco" viene confinato, sorvegliato speciale, su pochi muri autorizzati ... Ma il tag s1 sposta sempre altrove. Non è un nome proprio, o quello del luogo di nascita. Nasce in un altro luogo che non può venir posseduto. Il nuovo Robin Hood Le tracce calligrafiche ci indicano una corrispondenza, una "foresta" (secondo la giurisdizione di caccia al tem.l?o di Carlo Magno) che è stata sempre il rifugio del fuorilegge, del difensore della legge contro la legge iniqua del bando signorile. La periferia delle città francesi, la "banlieu" (che si chiamava così perché indicava storicamente i dintorni di un luogo retto dall'autorità del "han", era il "luogo del bando"), vede oggi dei nuovi "Robin Hood" che consacrano la città a tempio, a luogo di cui gli alberi-muri sono "_pilastri viventi da cui promanano talora confuse parole; e l'uomo vi passa attraverso foreste di simboli che lo osservano con sguardi familiari" (Correspondances). Contro la malinconia dei trasporti comuni in cui le "corrispondenze" non sono che l'incrociarsi privo di senso di vite solitarie, tagers e graffitisti, abitando questo "non-luogo" (vedi Mare Augé, Non-luoghi, Seuil 1992, edizione italiana Eleuthera) lo riempiono di una forma di famigliarità, ne fanno un luogo famigliare che indica altre corrispondenze possibili. L'hip-hop fa della strada un luogo di relazioni, d1 apprendistato, di interazione, di sfida, di emozione, ne fa una scuola, un'università popolare. Tutti possono impadronirsi di quest'arte per esprimersi, anche se la sua padronanza è il frutto di un lungo percorso di autoformazione individuale e collettiva. L'hiphop pratica i luoghi. Sotto la tensione permanente della sfida li attraversa, li trasgredisce, li devia, li riorienta, li ricopre, li squarcia. Trasforma insomma la città in spaz10, e cioè in non-luogo in cui accade qualcosa. Ci invita al viaggio (una ricerca, una quete) in questo nuovo spazio culturale. Il viaggio e l'espressione dell'arte sono indissociabili. Movimento di coscienza e movimento artistico si alimentano reciprocamente. Le espressioni dell'hip-hoJ? non possono venir concepite senza messaggio, se così accadesse perderebbero SUOLEDI VENTO e n n ,O la loro identità, la loro "autenticità". Ma il messaggio ha bisogno di una forza, di un luogo di riferimento di cui dev'essere l'arte a garantire l'unità. Mediatori La mescolanza tra l'arte e il messaggio provoca delle "esplosioni". Si tratta di avvenimenti che "spingono" gli attori a riassestarsi e a disegnare aelle traiettorie. Attori particolari, gli artisti che padroneggiano le tecniche (chiamati anche old-timers) sono coloro i quali, dando chiaramente senso alla loro azione, diventano naturalmente dei mediatori tra i "senza voce" e i luoghi della presa di parola. Nella sua funzione simbolica di "inter-faccia" o di legame, l'artista-maitre assume la dimensione del personaggio collettivo, 9.uella di "mov" (di "Movimento"). È il caso d1 Afrika Bambaataa negli Stati Uniti che, nella fondazione della "Nazione Zulu", porta un messaggio universale. Dee Nasty, uno dei pionieri del Movimento (hip-hop) in Francia, segue questo tracciato. Il mov (o mouv, in Francia) dà la possibilità agli attori di costruire pratiche e discorsi che rendono pubblica la questione, che la fanno conoscere. Le traiettorie individuali degli attori incrociano dunque quelle dei "maestri artisti" e si organizzano attorno a luoghi consacrati dall'avvenimento artistico. Un luogo "sacro" è un centro, una rottura e un passaggio. Mette in corrispondenza luoghi diversi. Permette di accedere al luogo simbolico della terra-madre. Ben lungi dalle immagini miserabiliste veicolate dai media, negli spazi urbani abita un fertile immaginario dell'hip-hop che si riferisce alla terra-nutritrice. Essa rappresenta allo stesso tempo il viaggio dell'attore-artista e il luogo in cui egli cercherà di insediarsi e riposarsi. Per gli afrocentrici può prendere il volto dell'Africa "culla dell'umamtà", presso i rastafari guello dell'Etiopia sotto l'egida di "Jah" (Dio), o ancora quello dell'Alto Egitto che innalza un ponte verso l'Asia (mistica afro-asiatica), quello del messianismo universale della Natura (per esempio, la foresta) ... Esistono così dei luoghi geografici, relazionali, storici, simbolici ... La polisemia del messaggio in tutte le espressioni dell'hip-hop indica l'esistenza di queste diverse dimensioni. Poiché il linguaggio dell'arte rimane l'ultimo parlare e il primo, poiché la poesia è superamento della lmgua, dobbiamo cercare qui la nostra caP.acità di ricreare il quadro semantico suscettibile di "mettere in intrigo" (Paul Ricoeur, Tempo e racconto, Seui! 1983, ed. italiana Jaca Book) gli avvenimenti che abbiamo rapidamente descritti, mettere in racconto ciò che chiamiamo "la questione culturale nello spazio pubblico". Sommosse e hip-hop sono due diverse forme di strategia "événementielle" nello spazio pubblico uroano. Sono portatori di sfide che non hanno trovato ancora le parole che gli permetteranno di accedere alla dimensione di movimento. Affrancati dall'universo linguistico del consenso, dell'era del ben-pensare, siamo invitati a uscire dalle convenzione e a parlare in un modo altro. ♦

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