La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

tutto. Sotto la bandiera di "Cinesi arricchitevi!", la Cina è tornata verso le sue coste e verso l'esterno. Da allora ad oggi i risultati conseguiti sono davanti agli occhi di tutti. Ha saputo tessere nuove relazioni commerciali su basi di mercato, soprattutto con Stati Uniti e Giappone, portando il settore delle esportazioni ad occupare il 25% del proprio Gdp. Ha lentamente fatto "richiamare" in patria i cinesi d'oltremare, non più ingabbiandoli in finanziamenti a fondo perduto, ma prospettando loro buoni profitti negli investimenti industriali. In gran numero sono tornati anche i paesi stranieri pronti ad intervenire sul territorio cinese: 26 miliardi di dollari nel solo 1993 e approvazione di investimenti futuri per 110 miliardi.7 Come nella seconda metà del XIX secolo, la Cina costiera è adesso terreno di una sperimentazione economica che può tradursi in effetti contrastanti fra loro. Come allora ad esempio, lo straordinario sviluppo del settore privato commerciale ed industriale è avvenuto nella pressoché totale assenza di regole e direttrici macroeconomiche adeguate, creando effetti consequenziali come un tasso di inflazione nazionale fluttuante fra il 20 ed il 25%. Applicando la politica del "two tracks", dello sviluppo economico secondo un sistema di "doppio binario", l'attuale governo ha concentrato i;li investimenti stranieri e le esperienze di JOint-ventures in alcune zone a "regime speciale" (che - altra coincidenza storica - sono soprattutto Shenzhen, Canton, Shanghai e Xiamen), con lo scopo di rafforzare economicamente queste regioni e veicolare in un secondo tempo risorse ed esperienze umane anche in altre realtà territoriali del paese. Il rischio più evidente (corro il rischio di essere monotono) è quello di ricreare le condizioni politico-economiche che condussero, nei primi anni del secolo, allo scollamento fra potere centrale e amministrazione locale delle province. Poteri locali sempre più forti e molto lontani da Pechino stanno già apertamente ignorando alcune leggi nazionali promulgate dal governo sulla base della loro inapplicabilità a realtà economiche particolari. Contemporaneamente queste province promuovono leggi regionali in maniera del tutto autonoma e, con le nuove norme che rendono autonomi i sistemi di rifornimento delle imprese, stabiliscono rapporti di clientela diretta con le imprese di altre regioni. In sostanza una delle ipotesi più pessimiste avanzate dagli economisti occidentali, è quella di un frazionamento re·sionale progressivo che avanzerebbe con il vemr meno del ruolo centrale svolto dal governo e dal partito. "Le regioni costiere potrebbero andare per proprio conto guidate da Shanghai e dal Guangdong. Barriere commerciali potrebbero di nuovo sorgere fra le diverse province, cd il sistema delle imposte P.otrebbe assumere caratteristiche sempre più regionali. Tibet e Xinjiang, culturalmente da sempre diverse dal resto della Cina, potrebbero cogliere al volo l'occasione per staccarsi dal resto del paese".8 Come alla vigilia del 1911. A differenza degli anni che precedettero il 1911 troviamo oggi però uno Stato cinese che sembra intenzionato a farsi imprenditore con una volontà politica tutta diversa. Zhu Rongji, vice-premier responsabile del settore economico ha varato una serie di iniziaP/ANETATERRA tive per il 1995 volte a porre fine a questa situazione da far-west economico. La filosofia che le guida è quella di attrezzare uno stato come la Cina di tutte le infrastrutture necessarie a guidare le potenzialità del mercato interno ed internazionale verso una situazione di stabilità che non privi Pechino del suo ruolo guida. Il governo ha deciso di affrontare la questione in due momenti: uno di assesto ed uno di riordino della materia economica. Nel 1994 bisognava agire rapidamente per argiriare l'aumento del tasso di inflazione (che aveva raggiunto punte del 30-35%) e Zhu scelse due vie per raggiungere il suo obiettivo: 1) congelare per decreto lo sviluppo economico. L'ooiettivo era quello di bloccare il Gdp al 9% annuo (rifiutando quindi ulteriori crediti alle imprese di stato); 2) calmierare i prezzi dei prodotti su cui lo Stato ha ancora un controllo diretto e imporre regole restrittive sui prezzi di quei mercati dove l'industria pubblica esercita solo un'influenza indiretta9 . Zhu si è detto certo che in questa maniera il tasso di inflazione scenderà sotto il 10% entro quest'anno. Il livellamento del Gdp al 9%, per il vice-premier, ha anche un secondo scopo: quello di n~m superare gli standar~ di sviluppo economico necessari per contmuare a far parte dell'Oecd (Organisation for Economie Cohoperation and Development) e poter continuare a beneficiare dei prestiti internazionali della Asian Bank. Le misure economiche del governo per il 1994 hanno raggiunto lo scopo di porre i paletti allo sviluppo sregolato, ma hanno contemporaneamente prodotto degli effetti secondari non molto positivi. La decisione del governo di calmierare il prezzo del grano, ad esempio, ha creato notevoli problemi nelle campagne: molti agricoltori infatti l'anno scorso non avevano messo sul mercato l'intero raccolto convinti che, visto il forte sviluppo del sistema di mercato nel corso del 1993, si sarebbe arrivati entro quest'anno ad una deregulation generale dei prezzi agricoli. Ora si trovano a navisare in pessime acque 10. Sul fronte industriale, il blocco dei nuovi crediti e dei sussidi alle compagnie pubbliche è stato causa del fallimento d1 molte di queste (i primi casi si sono verificati nell'aprile 1994: una delle più importanti industrie tessili di Shanghai, la Weave Band, ha dichiarato bancarotta. Altre dieci importanti aziende statali di Shanghai stanno per fare la stessa fine). Ciò nonostante le imprese statali continuano ad assorbire il 60% degli investimenti pubblici.Il 1995, nei piani del governo, è l'anno del grande riordino. Due sono i perni su cui ruota la politica di Zhu: riassetto del sistema delle imposte e ridistribuzione della proprietà agricola. La riforma del sistema fiscale mira a riportare il controllo sui tributi nelle mani del governo, controvertendo una tendenza alla decentralizzazione che ha causato negli ultimi vent'anni la continua erosione delle prerogative di imposta di Pechino da parte delle autorità locali. Nel 1978, all'inizio delle riforme economiche, le ritenute fiscali costituivano il 31% del Gdp cine~ se. Da allora al 1993, questa proporzione è scesa al 13%. Nello stesso tempo la percentuale di tasse ricevute dal governo centrale è crollata dal 60% al 40%. "I governi locali, abituati a pagare quote fisse di tasse, hanno sempre combattuto gli sforzi del governo di aumentare le aliquota come riflesso della crescita economica 11.

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