La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

R un aggettivo: grande, come modernità voleva. Grandi gli edifici, grandi le-strade, grande il vuoto al posto di ciò che fa quarti_ere, ovvero: strade percorribili anche a piedi per frequentarne negozi, servizi e ogni altra cosa ci si aspetta d1 trovare in città. Fuori il deserto, la vita, invece, sta dentro i lotti: protetti da cancelli quelli delle cooperative, di fatto esclusi agli estranei quelli degli assegnatari in fitto. Al centro di Scampìa si fronteggiano la più nota e la più nuova creatura: le "Vele" e il parco. Le prime sono sette fabbricati, più alti al centro e degradanti ai lati - come vele, appunto - ovviamente grandi per contenere fino a 250 alloggi ciascuno. A fianco, per quindici ettari si allunga il parco, o meglio: un giardino su grande scala. Per il popolo di Scampìa le Vele sono da abbattere, il parco è un luogo che timidamente s'inizia a frequentare. Sullo sfondo ~i Vele e parco, quando la foschia non la nasconde, la sagoma del Vesuvio ricorda che anche qui è Napoli. Questo paesaggio ha colpito animi e immaginari: un regista ne ha fatto lo scenario di un'altra Napoli 2 ; Papa Woytila vi ha celebrato un'affollatissima messa per una nuova pastorale sociale della Chiesa; e il Presidente Cossiga s'è incontrato con il comitato delle Vele, esercitandosi come difensore dei deboli. Per decenni, questa periferia, intesa al pari di altre come funzione di una metropoli che doveva diventare industriale, mentre questa prospettiva va in cenere e le strategie cambiano, non ha più centro cui riferirsi, se il centro non è solo un punto geometrico ma il carattere di una città. Il problema è che, a Napoli come altrove, periferie vuol dire la gra~ parte del popolo urbano e che, soprattutto; il loro così eietto degrado è la fine di una strategia, almeno secolare, delle città. Seguita da minori attenzioni, allora, la società periferica cerca proprie strategie. ~Si, _maquanti siete"? · Innanzitutto, com'è una società periferica? Certamente r.opolosa. Ma quanto? Siamo centomila, dice 11senso comune di Scampìa, mentre il censimento '91 dice quarantatremila. Fra i due estremi, valutazioni intermedie: quelle della Circoscrizione basate sulla stima dei vani (63.000), quelle· minuziose dei registri delle parrocchie, quelle tutte da controllare dell'anagrafe comunale, che per l'intera Napoli conta - al '91 - centoquarantamila residenti più che l'Istat. Quale che sia la sua soluzione, la controversia sul numero degli abitanti - esito paradossale d'un insediamento tutto pianificato dalla pubblica amministrazione - è indicativa del grado zero cui sta la conoscenza della società urbana, col prevalere della nozione che lo spazio fisico formerebbe l'esperienza sociale, e non viceversa. In ogni caso, mentre l'intera regione napoletana, per la prima volta, registra più vecchi (oltre 65 anni) che bambini (meno di 6 anni), Scampìa continua a crescere, giovane com'è: una persona su due non supera i 25 anni d'età. Ma. la forza di tanra gioventù è costretta in un tessuto di relazioni sociali troppo esile. Per ogni cittadino l'esperienza collettiva più frequente passa dalla confortante vicinanza della famiglia alla autorevole distanza dello stato (vedi l'intervento di Cossiga), incontrando, tra il più personale e il più impersonale degli istituti sociali, poco che non sia di supporto LA C/ITÀ all'uno o all'altro estremo. Del resto, lo stato che pianifica la residenza separata da ogni altra funzione, pianifica la solitudine e il dominio dell'ordinamento familiare che, quando cerca respiro, lo trova nella comunità allargata del lotto, quando cioè riescono a formarsi condomini o comitati che si sostituiscono a inadempienti gestori pubblici. La comunità-lotto offre rifugio a elementari forme economiche: commerci abusivamente ospitati nei piani terra dei palazzi, limitate produzioni nascoste nelle case o in luoghi di fortuna, come la fabbrichetta (forse) di bambole e il piccolo allevamento in scuole inutilizzate. Sempre nello spazio lottizzato scorre il tempo della vita sociale, fra le relazioni familiari e quelle amicali. A insiemi di più lotti prestano le proprie cure le parrocchie, ve ne sono quattro più una rettoria dei gesuiti. La cura delle anime si mescola a quella del corpo sociale: nelle bacheche delle chiese, a fianco degli orari delle funzioni religiose, si leggono notizie .l?erchi cerca lavoro, avvisi di riunioni di ogm tipo, programmi di varie attività; sono sempre affollate le messe domenicali, i doposcuola per i bambini e, spesso,.i dibattiti di argomento civile; giornalini e, quando trasmette, perfino una tv concorrono a creare opinione pubblica. Il lavoro della chiesa di Scampìa, pur in rar.porto di, continuità con l'ordinamento familiare, eromuove molta della limitata socialità visibile. In gran parte intorno alle parrocchie, infatti, sono nate e agiscono le circa trenta associazioni censite e anch'esse - laiche e cattoliche - accomunate dalla cura del corpo sociale. Non movimenti d'opinione né di interessi generali, quindi, ma azioni collettive che muovono da condizioni determinate, al limite del corporeo: come la radicale insofferenza verso la costrizione che ha spinto gli abitanti delle Vele a pretendere l'abbattimento dei loro fabbricati, non foss'altro che per dare aria alla vita, quella di ogni giorno e appena fuori la porta di casa; come l'istintiva voglia di spazio che ha spinto "i ragazzi del muretto" - altra associaz10ne - a dissotterrare, anche letteralmente, piccole aree seppellite dalle immondizie e dall'incuria di Comune e Iacp. Micropolitica e socializzazione È da questa micropolitica dei corpi e degli· spazi che nasce la Circoscrizione, voluta con forza proprio dal vario tessuto politico e associativo locale, ed è significativo che quello di Scampìa sia stato il primo Consiglio a farsi affiancare nel lavoro amministrativo da una Consulta delle associazioni di volontariato. Si tratta, infatti, di rendere vivibile un quartiere consegnato agli abitanti come una casa spoglia di tutto e, qumdi: istanze al Comune e agli enti dei servizi, dai dettagli - le cabine telefoniche ottenu,te dopo 15 anni di pressioni sulla Sip, mentre mancano targhe e segnaletica stradali - a questioni complesse, come l'apertura della metropolitana, peraltro inaccessibile dal quartiere. Il paradosso, infatti, è che il quartiere possiede tutte le attrezzature previste dagli standard urbanistici (tranne che per alcune categorie), ma in gran parte vuote dei pubblici gestori e, perciò, sottratte agli utenti. Dentro la sede ricavata da un ex-asilo-nido - ex come altri 6 inutilizzati - la Circoscrizione, presieduta dal pidiessino Raffaele La Peruta, si affatica sulla micropolitica quotidiana e prova a concepire strategie. Ve ne è una traccia nel

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