La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

e la guerra un incommensurabile staccarsi dalla coscienza, allora è l'incubo questo da cui tutti ci svegliamo; svegliamoci dall'incubo - temprati. Noi che abbiamo il dovere di rifiutarci di uccidere, che abbiamo il genio, il potere . di dannare il nostro mondo, che siamo sia umani che divini, se potessimo stare insieme infine, dove la vittima e il carnefice si abbracciano, dove non c'è nemico, non c'è male, non c'è colpa né giudizio, solo noi e questo moloc di terrore; se potessimo davvero, e tu prendessi da me la memoria di Hiroshima, come un frammento di un fardello da portare nella coppa delle mani, la tua parte di cenere da disperdere nel vento delìcato, talismano contro ogni guerra,· per chiunque conservasse la memoria di [Hiroshima non vi sarebbe altra scelta se non ·· pace. Credo d'esser morto per sapere quanto bruci la brama di pace, per sapere appìeno e per sempre che il sacro della vita nor\ si può sacrificare ad alcun fine. E voglio dirvi di come nel museo dovetti farmi forza per non piangere per le fotografie di Hiroshima che erano quelle dei miei sogni lucidi, della rievocazione; di come guardai gli scimmieschi hibakusha feriti orribilmente senza fuggire, tergendone le piaghe con gli occhi, con amore, perc~é ricon?bbi e r}vendicai infine la mia propna espenenza - anche questa è la mia gente, e questo è ciò che abbiamo scelto · - per noi stessi, per voi, e per il mondo-da ricordare, mentre inconsciamente scegliemmo di morire per protesta, volendo affermare che la qualità della vita è più importante del sopravvivere - di come imparai che l'anima può cullare tanto dolore, tanto orrore, eppure rimanere integra. Ieri notte, all'ostello della gioventù, ho sognato di nuovo lo schermo infernale del bombardamento: un lampo accecante. Lo sbattere brutale delle imposte. Ancora, donne e bambini vestiti di fiamme, fumo d'uomo. Ovunque lo sgorgare caramellato deLsangue, distrutti involti di pelle. . Il paese di cenere. Il paese di cenere. Oggi, al sole d'agosto, cammino, una settimana dopo l'anniversari_o, con gli amici Atushi e Takayoshi, e sempre vedo stagliarsi nel cielo la cruda, ostinata asserzione · da conchiglia spezzata della Cupola Atomica. E cosa posso dire nel jazz club di Hiroshima al ragazzo giappone~e che mi scruta gli occhi cercandovi colpa americana e chiede "Cyrus, provi vergogna a · [Hiroshima?" "No, non so se puoi capire, io credo di essere morto qui" - Dovetti ritrovare la traccia dei miei passi; dovetti costringermi ad attraversare il rumore del mio pianto per il mondo, ad arrancar.e ancora, via dal ricordo, per il piano carbonizzato, 1 il pianto, il canto funebre di Hiroshima, per il sogno denso dove mi muovevo come un attore di fango, uno sfacelo di te~ole, legno scheggiato, vapori e calore bianco, per il respiro stracciato e i rantoli irretiti dei morenti, che sono indistinguibili · da quelli dei neonati, ad arrancare p_erla calva epifania delle parole sono ancora vivo, oltre i cenci inutili della mia carne, e la mappa del trauma -e che è svanita ora, nella voce del fiume, nel vociante . sollievo dei bimbi. Dovetti tornare, ancora una volta, da visitatore, perché credo che non una sola coscienza fu distrutta a Hiroshima. Dovetti ascoltare il risoluto rintocco della campana di pace~ vedere la figura di bronzo . della giovane vittima delle radiazioni, Sadako Sakichi, a braccia alzate e il peso gentile di mille gru di carta che sono segni votivi in Giappone. Dovetti trovare e abbracciare la forma profonda,-l'interezza del mondo. È la nuova carne, la purificazione del sole, il volo della gru picchiettato · di cenere ricordata. È il cuore che batte della città ricostruita, il passeggiare adagio per Hiroshima, la voce di una radio che si accende. Tutto nella vita è resurrezione. ••

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