La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

sorprendentemente banali e quotidiane, Enzensberger incapsula tutti questi frammenti in un quadro anche troppo ortodosso e tradizionale. È un brusco cambiamento di stile e una brutta sorpresa. Enzensberger scopre così il . "problema hobbesiano del- !' ordine" (Parsons); diventa in·aspettatamente "weberiano"; sociologizza (un po' allusivamente) sui meriti della coazione e dell'autorità. Non è una ricetta molto originale. Lo Stato ha perso il "monopolio" della violenza legittima e del potere. Improvvisamente, si è creato un vuoto. L"'attuale imbarbarimento del mondo" (p. 43), l'afasia morale, la deprimente corruzione di tutti i modelli della socialità hanno anche una causa strettamente politica e una spiegazione societaria. Molto semplicemente, l'.orgine vera del nostro malessere sta nel "un progessivo· ritrarsi dello Stato" (p. 40), nella fine della vecchia politica realistica e delle sue garanzie di "sicurezza". La guerra civile ha finalmente un volto riconoscibile, una causa plausibile: "diventa un retrovirus del politico" (p. 24), l'effetto perverso e paralizzante di una mancanza, di una diminuzione della politica e del potere. La conclusione weberiana (e hobbesiana) di Enzensberger è molto lineare. Senza ·un "potere comune" che tenga rigidamente "tutti in soggezione" (Hobbes), resta soltanto la disastrosa "utopia negativa", il raggelante "mito primordiale della "guerra di tutti contro tutti". E per questo che siamo arrivati sull'orlo del baratro. Nel nostro mondo c'è poca politica. E almeno su questo, Enzensberger sbaglia. In fondo dovrebbe essere anche piuttosto evidente. Lenin disse una volta che il Novecento sarebl;>estato un "secolo di guerre e rivoluzioni". La profezia si è puntualmente avverata ma la realtà - come sempre - ha scavalcato l'immaginazione. Il Novecento non è stato soltanto è stato una grande catena di "guerre e di rivoluzioni" ma anche l'epoca della "soluzione finale" e dell'olacausto (dello stermino programmato scientificamente, del massacro weberianamente "razionale"), il "secolo dei totalitarismi e delle guerre mondiali" (Kapuscinski). E in tutte le sue esperienze più atroci e catastrofiche, in tutte le sue circostanze più clamorosamente inumane e terrificanti, c'è sempre stata anche troppa politica, anche troppo potere. Questo ha segnato la fine di un mondo e di un modo di vedere il mondo. Il common power avrebbe dovuto garantire la "pace", una vita tranquilla e la felicità. Ha prodotto morte, stermm10 e .insensatezza. "La cosa che è andata storta è la politica": Hannah Arendt aveva ~ià constatato questa sconnessione dei tradizionali rapporti tra "comprensione e politica", tra storia e intelligenza. Ma l'ombra e l'inquietudine che queste situazioni, che gli eventi di questa Storia che non vuole finire, che il legame paradossale tra Olacausto e modernità, proiettano sul teatro stupidamente confuso del presente è ancora molto spessa e impenetrabile. La morale non è un "prodotto sociale" e così com'è (così com'è stata e come sembra - ostinatamente - continuare ad essere) nemmeno la politica probabilmente ci potrà salvare. La partita decisiva si gioca molto prima della politica e decisa,- mente fuori dalla società. E per questo motivo che la ricetta di Enzensberger mi sembra inadeguata. Enzensberger è stato accusato di provocare, di esagerare, di scandalizzare. La verità, forse, è molto diversa. Enzensberger "sbaglia" per difetto. 2 - Anche il pamphlet di Giovanni Jervis (Sopravvivere al millennio, Garzanti 1995, pp. 97, lire 18.000) parla "ovviamente" di intolleranza e di violenza e di stupidità. Ma se Enzensberger sottolinea le manifestazioni più VOCI

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