La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

fino al minimo dettaglio" (p. 21). Enzensberger è stato accusato anche di esagerare. Può essere vero, Enzensberger ha il gusto dell'iperbole. "Chi non possiede un mitra non ·è altro che un parassita" (p. 13); ogni vagone della metropolitana è "una specie di Bosnia in miniatura" (p. 20). Certo, esagera. Ma poi sono . davvero così importanti, così autolesionisticamente "esagerati", questi esempi? Epater les bourgeois, provocare, irritare, scandalizzare. Tutto sommato rion è questo il punto. Credo che l'operazione di Enzensberger sia diversa. Prospettive sulla guerra civile non è un libro di sociologia, un reporta~e o un manuale di psicologia sociale. A modo suo - in modo-molto strano, molto inconsueto - Prospettive è un saggio di metafisica "applicata", un trattato sulle passioni dell'anima (e sull'anima), un esercizio impervio ma coerente di pensiero politico e morale. "I brani di guerra, in ogni caso, sono abbastanza veri": Enzensberger parte dalla silenziosa eloquenza di eventi, di situazioni, di fatti sistematicamente idioti e sconcertanti. Siamo "nel mondo della Futilità assoluta" (C. Levi), nella palude limacciosa e pesantissima della stupidità. Che cosa hanno in comune i tifosi del Milan o della Dinàmo o della Stella Rossa e i razzisti imbecili di Ostia o di Rostock? Che cosa "significano" il terrorista deficente che vuole apparire in televisione o il deficiente tout court che regala bambolette esplosive ai bambini Rom? La "filosofia politica" di Enzensberger analizza e dispone (deliberatamente) soltanto di questi materiali. Il tempo della difesa o dell' elogio della normalità" è finito da un pezzo. Un po' come un personaggio di Pennac, forse Enzensber~er potrebbe essere accusato d1 avere "una teoria . . . . cosmica per ogm m1croc1rcostanza della vita". Ma a parte che questo non mi sembra poi un difqto, l'urgenza, la necessità, la fretta di compren- .dere con il pensiero anche le eccezioni e gli ~spett! ostii:at_i, ottusamente v10lent1, autisticamente futili della nostra esistenza soeiale (e personale) obbligano per forza di cosa a semplificare. Questa volta, la ''.nottola di Minerva" potrebbe svegliarsi davvero troppo tardi. Così, anche se parla di YQQ. una "guerra di tutti contro tutti", Enzensberger non pensa che siamo tutti in guerra. Ma quando i meccanismi o'ttusi di. un conflitto assolutamente puro e "senza scopo", quando la sottocultura e i rituali cretini della guerra lambiscono contagiosamente la cittadella .as.sediata della civiltà, la vecchia - rassicurante - logica della "regola" e dell "eccezione" diventa ipocrita e non funziona più. Non c'è nessuna "cittadella", a pensarci bene. Se è "atroce l'eccezione" è "atroce la regola" (p. 1). Non si tratta di una . provocazione. La presenza nel tessuto sociale di "microcircostanze" così clamorosamente sgradevoli e pericolose, la persistenza (o il. ritorno) di dinamiche autodistruttive da stato di natura, ridisegnano la stessa qualità complessiva dei nostri rapporti con gli altri e tutta quella rete di relazioni, di credenze, di forme di comunicazione in cui si risolve la Società. Effettivamente, non siamo tutti in guerra. Ma il nostro . mondo· comune è spento e degradato e nei nostri modelli di socialità si è insediata una distorsione, una schifosa malattia che agisce lentamente ma in modo insesorabile. Forse allora Enzensb.erger si limita semplicemente a coniugare all'indicativo-presente una delle premesse più ovvie del pensiero politico moderno: lo stato di natura. è il contrario della civiltà, la sua negazione. "Natura" e "società", guerra e pace, sono incompatibili. Per Enzensberger, forse, lo "scandalo" peggiore sta proprio qui: abbiamo dimenticato il carattere radicale e "assoluto" di questa alternativa. Intorpiditi dalla "babele della realtà'.' (p. 4), assuefatti nostro malgrado alla "Futilità", imbambola.ti nei soliti salotti scalcinati - nei soliti supermercati, nelle· solite chiese - è come se avessimo inconsapevolmente abbassato i nostri standard di civilizzazione, le nostre aspetta ti ve politiche e sociali, le nostre pretese verso la civiltà. Tolleriamo l'intollerabile e ci sembra normale. Così mentre i soliti deficienti tirano sassi dai cayalcavia, pestano i negri, · bruciano gli ospedali, prendono le maz~ette e poi si pentono o non s1pentono o forse "patteggiano", non ci riusciamo a accorgere di vivere in un paradosso universale: nel cerchi o stregato dell'esistenza quotidiana coabitano ormai perfettamente la guerra e la pace, la natura e la civiltà, una politica stanca - senza immaginazione e senza futuro - e una violenza spontanea e "senza scopo". Non c'~ bisogno, credo, di aggiungere altro. Ma forse è poprio questa la cosa che Enzensberger ha.· capito meglio: l'abolizione della tradizionale scansione binaria del tempò della storia e della vita comune ("la GUERRA è... la volontà di contendere. in battaglia, ...ogni ~ltro tempo è PACE", come d1èeva Hobbes), la delirante sovrapposizione di "stato di natura" e "stato civile", il paradosso universale in cui siamo invischiati, non sono soltanto molto - troppo - pericolosi. Questa definitiva implosione della quotidianità disintegra letteralmente le nostre categorie di pensiero politico e morale. Riusciamo a . . sopravvivere ma non possiamo più "pensare" e "giudicare" il mondo. Ma Prospettive sulla guerra civile non è un libro omogeneo o sempre coerente. Comincia in modo splendido, non riconciliato, irriverente. Finisce in una tonalità molto diversa, con un linguaggio più ovvio, più scontato. Prospettive, mi sembra, è un libro a due faccie. Il minimalismo apocalittico, il sarcasmo ribelle e visionario convivono molto stranamente con uno schema interpretativo "moderato" e con una singolare nostalgia per il Potere, per l'ordine, per il discutibilissimo decoro di un vecchio mondo polveroso che avremmo perduto. Enzensberger, naturalmente, non si sbilancia troppo. Siamo sommersi da un mucchio di calcinacci, politici e morali; giriamo a vuoto; ci perdiamo regolarmente in "labirinti di spiegazioni" e in "vicoli ciechi" (p. 24). Enzensberger, qu.esto, lo dice - e lo sa - benissimo. La consapevo1 ezza di questo carattere estremo, radicalmente nuovo e imprevedibile della situazione, non gli _impedisce però di delinare un abbozzo di dia" gnosi, una morale "provvisoria" e un tentativo (mediocre) di interpretazione ..Alla fine, dopo aver lucidamente denunciato la gratuità, l'infinita insensatezza, la sconfinat.a futilità della guerra civile molecolare e delle sue dinamiche

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