La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 3 - aprile-maggio 1995

cui si vuole che il legame sociale non si stabilisca, non ci sarà. La ·questione del male minore vorrebbe coniugare la massima libertà altrui - anche di farsi male - e la massima sicurezza propria; ma l' esperienza del parco di Zurigo dimostra che tutte le esperienze che si vogliono accoglienti di forme e di esistenze altre, e però ghettizzanti, finiscono con fallire; l'illusione di tenere lontano l'altro per neutralizzarlo si rivela appunto come illusione. Legami sociali molteplici e dunque ricadute sociali inammissibili sono lì a dimostrare che invece questa massima libertà per l'altro di autodistruggersi non coincide affatto con la speranza di totale sicurezza.propria. Ciò che comunque_viene repressa è l'interrogazione sull'essere dell'altro: finiscono col coincidere _massimasicurezza prop;ia e massima repressione della domanda: dell altro, sotto la forma della massima libertà concessa all'altro. La domanda discriminante è la seguente: come mai una persona utilizza il massimo di libertà pet autodistruggersi? Pe·rché questa domanda richiama in c·ausa.proprio· quel- legame sociale che la strategia abbinata di massima sicurezza propria e.di massima libertà dell'altro nega: è proprio tramite il farsi carico di un _im- . pegno di interrogazione che si vede tutta la. pregnanza· dei legami e dei vincoli e degli imperativi sociali e soprattutto relazionali. Che rapporto passa tr~ rdd e lega~izzazi~ne?_ Comune alla maggwr parte dei contnbuu italiani è l'incertezza e la difficoltà nel collocare in una dinamica progressiva e di autentica ·emar:i,cipazione non solo dai circuiti tossicomanici tutta questa problematica, ma di vera e propria emancipazione dai modi di pensiero e di azione che hanno governato sin qui la relazione e i discorsi con i tossicodipendenti e con le strategie di controllo del fenomeno. . . Sempre sulla difensiva, sempre proriti, assai giustamente, a cogliere i pericoli di soluzione autoritaria e_di manipolazione e strumentalizzazione, sono condannati a rimanere partigiani di una sola percentuale di soggetti; incapaci di contemperare ,le ragioni di tutti. Ma questo nient'affatto per una miopia_ solo percettiva o ideologica: è un limite insanabile delle loro posizioni epistemologiche e metodologiche, che li porta alla incapacità di farsi carico delle derive della sofferenza e della violenza, alimentate dal sistema tossic•omariico. Ma è proprio su questo sistema che essi non sanno e non vogliono agire: la loro funzione sarà allora quella · di critici, per riprendere un'espressione famosa, strenuamente e nobilmente ospiti del Gran Hotel sull'abisso. Ma qualcuno dovrà pur col- . mare quest'abisso. Così finiscono per rendere ùn cattivo servizio anche ai tossicodipendenti, che rimangono succu~i di un discorso incapace di prospettare loro l'uscita dal sistema della tossicomania nel suo complesso. Ma quello che soprattutto manca nel dibattito italiano, è l'indicazione del raccordo tra "liberazione dalla droga" e .rdd. E questo a sua volta è indice di una carenza di fondo di -un frame che inquadri correttamente l'insieme delle condizioni e delle opzioni possibili. Per tutte queste posizioni la "liberazione dalla droga" tende a svolgere un ruolo di parola magica, feticcio benaugurale che dispensa da.Ila responsabilità di interrogarsi sul prezzo sistemico da pagare per mantenere il feticcio in vita, operante e potente. Dall'interrogarsi sui ·BibliotecaGinoBianco che ciò che avevamo conquistato a così caro prezz·o, l'indipendenza della droga, aveva un_ senso. Fu così che si era fatta strada in noi l'idea del "Borgo". · Il Borgo, nella nostra {aritasia, doveva avere quelle caratteristiche che un tempo, avevano le cittadir?-emedievali. Recuperare tutti, quei valori propri di quel periodo storico, la semplicità e la genuinità dei rapporti umani, o, per lo· meno, ciò che noi proiettavamo in esso. Un postò- ideale ove le arti e mestieri riassumevano dimensioni più a misura d'uomo, ove l'individuo trovava il suo spazio protetto dalla ristretta zona in cui viveva. Il Borgo, appunto. Pensare e costruire nella nostra mente tutto questo era di enorme aiuto. Credevamo· veramente di dover e poter fare qualcosa di concre- .to una volta liberi e tornati in Italia. Sono tuttora fortemente convinto che laperdita di valori crea un vuoto nella pe.rsona, che va riempito in qualche modo. E; molta gente non solo ha perduto i valori di riferimento ma peggio ancora non ne ha-mai avuti, per le più svariate ragioni e non necessariamente per propria responsabilità. La droga riempie questo spazio vuoto ed èfacile a_bba.ndonarsai questa soluzione. · Così noi, Pietro ed io, sognavamo un posto dove tutti coloro_che avevano fatto un certo percorso' nella t,ossicodipendenza e avevano deciso di smettere; potessero andare _elavorare per recuperare se stessi. Non una comunità nel· senso stretto del termine, un 'idea, un affiato ·di · intenti, un posto pieno di energie positive. Tutto questo suona retorico ma era ~sattamente ciò che pensavamo e sentivamo. Poi una volta tornati a casa, io avevo preferito andarmene in Inghilterra a lavorare, · lontano da tutti e tutto per assaporare·in pieno quella liber~à ritrovata; Pietro era rimas_to_ed SALUTE E MALATTIA

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