La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

sindacato I}.~n ci rappresenta, vogliamo essere rappresentati. Che cos'è nella coscier.zzadell'uomo laico la memoria dell'offesa? Come si riscatta? Il religioso perdona attraverso un sentimento di "pietà", che aiuta, forse, a riscauare anche chi ci fa del male. Ma per il laico è forse più difficile sviluppare una sensazione, un sentimento di perdono? . . Io penso che per l'uomq laico, quale io sono, l'essenziale sia capir~ e far capire. Sia cercare, appunto, di smitizzare questa rappresentazione manichea del mondo in eianco e nero. Far capire attraverso qu~li sellini si possa arrivare alla posizione di un Hess. Non so se conosce il libro di Hess. A mio parere è il libro fondamentale sui lager, per-· ché è stato scritto da un comandante di lager. Hess era il comandante di Auschwitz. Qllello che ha introdotto le camere a gàs. È stato poi catturato dagli inglesi, ceduto ai polacchi, che lo hanno processato e condannato a morte e che gli hanno chiesto di scrivere un ·· suo diario. Ora quest'uomo, che aveva sempre detto di sì a tutti, a quelli che gli avevano chiesto: "organizzami un campo perfetto"; ha detto di sì anche ai polacchi, e ha scritto un diario chè € allucinante. È allucinante perché davanti aUa· forca non aveva ancora capito. Ha detto: ma io ho fatto quello che mi hanno 'f chiesto. Ho fatto il mio dovere di SS, di ufficiale; e le cose che ho fatto le ho fatte bene. Quando mi hanno chiesto di organizzare un modo rapido e pulito dj sterminare diecimila, quindicimila persone al giorno, io l'ho fatto. C'è qualche parola di pentimento, ma è palesemente falsa. E falsificat~. Ora io ho fatto la prefazione di questo libro per Einaudi, proprio per far vedere come una persona sostanzialmente "normale" come era Rudolf Hess, che aveva avuto sì un'infanzia difficile, ma come tanti; si era poi infilato in un meccanismo che passo passo lo ha trasformato in quello che i miei lettori chiamano un "mos.i;ro". Però un mostro non era neanche lui. Perché non è che gli piace~se particolarmente uccidere la gente, non provava diletto o piacere nello sterminio. Semplicemente era un mestiere, il mestiere che gli avevano assegnato e lui aveva ·accettato. Io penso che in questo un certo tipo di educazione tedesca specifica abbia giocato. Cioè il fatto della patria avanti a tutto, del dovere avanti a tutto. E infatti, - benché io abbia molti amici tedeschi, conosca abbastanza bene la letteratura tedesca, sia in un certo modo, a mio modo incuriosito, perfino "innamorato" della cultura tedesca - penso che non sia un caso che in Italia queste cose non siano avvenute, e neanche altrove. Cosa pensa allora della Germania di oggi? Le giovani generazioni si confrontano con il loropassato che è quello delle lorofamiglie. E per lopiù lo rifiutano. BibliotecaGinoBianco Le dirò che conosco poco la Germania di oggi, perché i miei rapporti con la Germania del dopoguerra sono cessati quasi improvvisamente intorno al '70. Prima àndavo spesso in Germania per lavoro, come chimico, come uomo d'affari. E andavo proprio presso la Hoechst, la Bayer, la Basf, come compratore, ed ero sempre molto ben trattato. Fino a che non veniva fuori il mio passato di prigioniero. Allora qualcosa si guastava. Il rapporto diventava più difficile. Questo è un aspetto dei miei rapporti con la Germania. L'altro è l'ondata di lettere di cui io ho parlato in questo libro e che ho ricevuto come risposta alla prima edizione di Se questo è un uomo in Germania. Sono lettere molto importanti. Io ne ho riprodotte solo alcune, le principali, quelle più significative. Ma erano molte. Oggi non ho più rapporti con la Germania. Sono stato allievo del Goethe per cinque anni. - Ho avuto molti amici fra gli _ insegnanti del Goethe. Mi sono trovato molto bene con loro. Ho avuto l'impressione di un incubo che sta cessando. I giovani tede- /" schi di oggi che erano i miei - condiscepoli, non sono più i figli, sono i nipoti. A tavola non se ne parla più. I miei corrispondenti del '62-63, quando è uscito Se questo è un uomo in Germania, erano i figli. E quasi tutti mi dicevano la stessa storia. Mi dicevano è brutto, è terribile, che io abbia imparato queste cose da un libro, e dal libro di uno straniero, e non da mio padre che c'era stato, e neanche da mia ma- ~ dre. Questo mi è sembrato tipico. Alcune volte è detto in chiare lettere: mio padre non mi ha detto niente. Ora effettivamente la mia generazion_e, i tedeschi miei coetanei, sono stati praticamente tutti coinvolti dal nazismo, salvo un'esigua minoranza di oppositori molto coraggiosi; o di oppositori silenziosi, ma valutabili intorno ad un 5-10%. Gli altri la guerra l'hanno pure fatta. E io ho letto anche di recente libri sull'atteggiamento· del soldato tedesco, delle SS. È abbastanza allucinante: quasi tutti sapevano tutto. Tutti quelli almeno del fronte occidentale. Coinvolti in una guerra terribile, intendiamoci: morti anche loro a centinaia di migliaia. Però. sapevano pure che guerra era la loro. Veniva detto: questa è una guerra di sterminio. Tornando al suo libro: ci sono modi diversi di descrivere un'esperienza estrema, e i ruoli di oppresso e oppressore. Pasolini, quando preparava "Salò", scrisse, riferendosi a Sade, che il "potere assoluto è anarchico" e che all'interno di tale potere ogni cosa può. venir trasformata. Anche lei ci dice che gli oppressori di allora erano persone come noi. Ognuno di noi dunque può essere trasformato in un mostro? Su questo non c'è dubbio, che ognuno di noi potenzialmente possa diventarlo lo dimostrano i fatti. Lo dimostra la gerarchia nazista e anche quella italiana se vogliamo. I ragazzi mobilitati della repubblica di Salò erano ragazzi come tanti altri, privati sin dalla prima in-

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