La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

profondamente ed hanno cercato e cercano di sostituire a questi "altri valori". E cercano un po' alla cieca. Anche perché gli insegnanti, al- - meno in Italia, appartengono alla generazione disintegrata. Gli insegnanti sono quarantenni che hanno vissuto a modo loro, tumultuosamente, gli anni del sessantotto. E adesso si trovano abbastan_?a privi di valori guida. Però alcuni valori sussistono. A me pare di notare per esempio una posizione insoluta di pacifismo. I v_aloripossono essere positivi o negativi. Un v.alore negativo che ha prevalso in Europa e in Italia per decenni era quello del nazionalismo esasperato, del patriottismo inteso nel suo senso più gretto. Ora questo è sparito, veramente. Ed è stato sostituito da una sorta di uman,esimo vago: ecumenico; positivo ma vago. Cosa dobbiamo fare? Ora io ho risposto a questa domanda a modo mio, con questo libro. E chiaro che non contiene un'indicazione precisa del "che fare". Contiene però il "che non fare". Soprattutto, - perché occorre semplificare, naturalmente - ho insistito sul fatto di rifiutare gli idoli. Lei è molto più giovane di me, non ha vissuto quegli anni in Italia e in Germania, ma veramente è stupefacente, anche per me che li ho vissuti, assistere oggi ai film ripresi allora. Sentire i dischi dei discorsi di Hitler e di Mussolini. Sono per noi quasi incomprensibili. È incomprensibile come potessero, tutti e due, ma soprattutto Hitler e i suoi, mobilitare le masse con dei mezzi così assurdi._Eppure lo hanno fatto. E oggi assistiamo ·_ non in Italia e non in Germania, ma in Libia e in Iran - a fenomeni molto simili. Cioè veramente, i profeti esistono. È molto difficile distinguere fra buoni· profeti e falsi profeti. A mio parere i profeti sono falsi tutti. Non credo ai profeti, benché io ... (ride, ndr) appartenga-ad una stirpe di profeti. E mi è sembrato che l'ammonimento conclusivo di questo libro sia questo: di conservare rigidamente e intelligentemente il proprio senso politico di fronte alle false ideologie. Il suo libro propone tutti gli elementi necessari alla riflessione rispetto alla violenza. Sia da parte di chi la fa che di chi la subisce. Forse è un libro "educativo" in un certo senso. A{a che differenza c'è al momento del riscatto rispetto all'esperienza violenta fra i due ruoli da lei proposti: quello dell'oppresso e quello dell'oppressore? Non sono molto d'accordo su una metafora che è stata molto usata negli anni del '68, quando si vedeva scritto sui muri "PS=SS". lo non ho simpatia per la pubblica sicurezza, ma non è vero che PS è uguale a SS. Così non ho molta comprensione per quelli che dicono che la fabbria è un lager. lo sono stato in fabbrica, prima come dipendente e poi come direttore. Neanche per la fabbrica ho simpatia, so che è una vita che può essere dura, ma il lager non era così. C'è una differenza in cui la "quantità diventava qualità". Il lager nazista è qualcosa di molto diverso sia dalla fabbrica, sia anche dall'ospedale psichiatrico, sia anche dalla prigione stessa. Tutte cose negative. Però, per lo meno nei paesi europei, è brutto stare in prigione in attesa di processo; è brutto stare in prigione sapendosi innocenti. Però c'è qualcosa di profondamente diverso dal "KZ", dalla concentrazione di massa e dalla strage di massa. Vuol dire perdere totalmente i diritti. Malgrado tutto, in Italia o in Germania, il carcerato ha ancora dei diritti. BibliotecaGinoBianco Può scrivere. Può ricevere lettere. Ha un avvocato. Può sperare in una giustizia. Può sperare in una liberazione. Anzi in Italia spera in una liberazione perché l'ergastolo è raro e la pena di-morte non c'è più. Qu_indi non sonò molto favorevole nell'estendere queste mie considerazioni ad altre condizioni. Per quanto riguarda gli ospedali psichiatrici alzo le mani, perché non li conosco. So che erano .luoghi disastrosi. Ma riguardavano persone "non n~rmali" almeno in teoria. L'in,ternato in un manicomio era in linea di massima una persona incapace di intendere. Noi eravamo capaci di intendere. Quindi ddiberatamente ho lasciato da parte in questo libro ·questa equiparazione, lasciando al lettore poi di estrapolare se vuole. Però veramente, ritenevo scrivendo e ritengo tuttora, che qùesta istituzione totale, quella del KZ, - perché dire "campo" è una cosa diversa, c'erano campi di lavoro, campi di prigionièri militari, che erano diversi - è un unicum nella storia dell'umanità e vale la pena di parlarne come un .unicum, mai ripetuto finora; neppure in Cile, neppure in Argentina al tempo degli scomparsi. Neppure dell'Algeria al tempo della Francia. Forse solo in Cambogia. Per quello che noi sappiamo l'unico esempio di genocidio - perché questa è la parola - è avvenuto in Cambogia. E colpa nostra se ne sappiamo così poco. È colpa nostra, perché avremmo potuto leggere meglio, saperne di più. Leggere i pochi libri che sono usciti sull'argomento. Non lo abbiamo fatto per pigrizia mentale, per amore del quiet? vivere ..AJ?profittando della scarsezza delle mformaz10m date dalla stampa. Ma veramente è successo che i due terzi del.paese hanno ucciso il terzo che avanzava. · Il campo di sterminio nazista fino ad oggi, nella storia, è dunque il gràdo più profondo di conoscenza del malessere umano che si può avere? O di "cattiveria" collettiva, per usare un concetto semplice? · Sì, infatti su due cose ho insistito in questo libro_.Una è sul fatto che anche gli oppressori di allora erano esseri come noi. Uno dei motivi, che ho dimenticato di dire prima, che mi ha spinto a scrivere, è una specie di semplificazione estrema, da parte dei miei lettori giovani soprattutto, che leggendo Se questo è un uomo pensano ad una umanità spaccata in due. Ci sono gli aguzzini, cosiddetti, che sono dei mostri, e ci sono le vittime, che sono degli innocenti. Proprio per questo credo che il capitolo centrale più importante di questo libro sia quello intitolato "la zona grigia"; in cui si fa vedere come ... non è che siamo tutti uguali. Perché non siamo t.utti uguali, davanti a Dio per i credenti, o davanti alla giustizia per i non credenti. Non siamo tutti uguali, abbiamo livelli di colpa diversi. Però siamo fatti della stessa stoffa. E un oppresso può diventare un oppressore. E spesso lo diventa. E questo è un meccanismo a cui si pone di rado mente. Ma nelle carceri, per esempio, è ben noto. Avviene correntemente. Ora più si fà dura, più si fà rigida, feroce l'oppressione, più viene favorito l'instaurarsi di questa zona grigia. Lo vediamo correntemente; anche in fabbrica per esempio. Non so se ricorda la marcia dei 40 mila della Fiat, che han rivendicato la loro ragione di esistere: ci siamo anche noi, che siamo degli intermedi. Siamo degli oppressi-oppressori. Rivendichiamo anche noi i diritti degli oppressi. Rivendichiamo un diritto sindacale, per ésempio. Il

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