La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

INTELLETTUALI fohn Berger Mentre sto scrivendo, Beirut è sotto assedio. A Istanbul cinque intellettuali ultrasettantenni hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni dei detenuti P?litici, due dei_q~~li sono stati appena ucc1s1 m pr~giorre. _Tutti i paesi so_ttosviluppatI sono diventati un po' più poveri nell'ultimo mese. Nel Nord del mio pae-:. se, ormai da diversi anni, mi- · ·lioni di famiglie lavoratrici sono state cancellate e abbandonate alla miseria di una disoccupaz10ne senza scampo. Credo sia utile ricordare questi fatti prima di comin- .. ciare una riflessione sugli intellettuali dove dovremo ine-· vitabilmente occuparci anche dei rapporti sempre più ·deboli tra teoria e pratica. Voglio confessare un conflitto che mi riguarda in prima persona. L'artista che è in me - il narratore, il poeta - è insofferente nei confronti degli intellettuali. Dal suo punto di vista, gli intellettuali si servono (normalmente) delle parole in modo tanto spensierato da sconfinare quasi nella menzogna. Al tempo stesso, l'intellettuale che è in me - il polemista, il teorico dell'arte, lo studioso della società - tende a pensare che tutti gli artisti corrano sempre il rischio di un egocentrismo patologico. Non è un tema facile. l'argomento di questa riflessione è carico di contraddizioni. Tuttavia - anche a rischio di un eccesso di semplificazione - vorrei provare a parlare di un cambiamento che credo si stia verificando. La parola intellettuale - riferita ad una persona - è stata usata per la prima volta nel diciannovesimo secolo. Il termine indicava in sostanza una nuova figura di pubblicista, da non confondere con le vecchie categorie di studioso quali filosofo, umanista, insegnante o scienziato. Ma BibliotecaGinoBianco qual'era pre'cisamente la sua funzione? È possibile trovare una formula generale capace di riassumere in sé tutti gli esempi possibili, da Ruskin a George Orwell, da D' Annun- . zio a Ego Kisch? Ma forse potrebbe essere più semplice provare a chiedersi: perché nel diciannovesimo secolo si è sentita l'esigenza di questo nuovo tipo di attività professionale o di lavoro? La risposta è che in Europa (si tratta infatti di un fenomeno essenzialmente europeo) si è creato nef diciannovesimo secolo un nuovo spazio intellettuale, principalmente grazie all'alfabetizzazione - e quindi a una crescente presenza di giornali 1 pamphlets e libri popolari - -e alla nuova influenza dei principi della democrazia, per cui il governo e le decisioni go;.. vernative devono essere soggetti a un'opinione pubblica mobilitata e organizzata in modo pubblico (non segretamente) sia én masse, sia in gruppi di pressione. L'intellettuale e il giornalista sono nati all'incirca nello stesso tempo, per lavorare nello stesso campo. Ma anche se i loro ruoli avrebbero _potuto sovrapporsi, la loro funzione era ben distinta. L'intellettuale offriva opinioni; il giornalista fatti: <;=re~o.che tutte queste opm10m siano state condizionate - per come venivano scritte, ma anche per come venivano lette - da una domanda senza risposta e ancora irrisolta che ha dominato un secolo di storia europea dal 1840 al 1940. Questa domanda persistente era: Chi governa chi e con quale diritto? Essa apriva una miriade di altri interrogativi: finché in effetti resta senza risposta, non abbiamo nessun criterio certo per valutare la giustizia nello status quo di 9.ualsiasi forma di dominio. È mteressante accennare a questo punto alla proverbiale ostilità tra uomini di legge e intellettuali. Entrambi tenevano la loro arringa: l'avvocato davanti ai giudici, l'intellettuale davanti ai suoi lettori; il primo seguiva il codice, il secondo aveva dinanzi a sé un onzzonte aperto, Questa doma!1da nuova, urgente e senza nsposta rappresentava una sorta di terra di nessuno tra i governanti e i governati. Gli intellettuali parlavano al!'interno di q~esto terreno, m questo spazio, ciascuno con la sua voce individuale. Sia i governanti, sia i governati, gli eletti e gli elettori, avevano bisogno di queste voci. I governanti avevano bisogno. della voce degli intellettuali (o di alcuni di essi) per poter essere legittimati. Il potere non è in grado di legittimarsi da solo troppo a lungo. I governati avevano bisogno della voce degli intellettuali (o di alcuni di essi) per riuscire ad articolare e a esprimere le loro aspirazioni secondo gli schemi dell'azione e del pensiero moderni. Forse il modo in cui uso la parola voci può trarre in inganno. Non penso che gli intellettuali servissero semplicemen te come una specie di "coro". Gli intellettua_li ragionavano, pensavano, npercorrevano la storia avanti e indietro, talvolta davano anche prova di grande indipendenza e di coraggio. Quello che voglio dire, tuttavia, è che essi venivano ascoltati perché la loro voce, occupando la terra di nessuno di un interrogativo politico fondamentale ma irrisolto, era doppiamente necessaria. Indipendentemente dal contenuto più o meno rassicurante delle loro tesi, gli intellettuali di questo secolo di storia europea, hanno sempre parlato con un tono di estrema sicurezza. Per lo più tale sicurezza non proveniva dalla certezza delle loro conclusioni ma dalla consapevolezza di_essere doppiamente necessan. Alcuni intellettuali appartenevano alla sinistra e rappresentavano le nuove aspirazioni della gente; altri eran schierati con la destra, e offrivano al potere i suoi strumenti di legittimazione. Però, nonostante questa diversità d posizioni, la maggior parte degli intellettuali ha costituito, all' a_picedella f?rtuna delle categoria, un umco gruppc culturale. Membri di fazion opposte potevano numrs

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