La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

anni Sessanta hanno ..lasciato in eredità alla classe .media di tutto il mondo: eccetto che nel resto del mondo i partiti tradizionali hanno a lungo continuato a incanalare questo mix sulle certe, solide e conosciute basi ideologiche. Negli Usa'invece, dove i due par_:titi sono da sempre una più esile struttura, e oggi sono esili ancora di più, questo processo di collezione sregolata di spinte politiche, è in caduta libera. Per capire la velocità di questa caduta libera dalla politica, va ricordato quello che è il vero punto centrale della politica statunitense: l'affermarsi della "correttezza politica" come nuovo principio di riorganizzazione della politica. Il "politically correct" che da noi è stato sempre interpretato come un bizzarro e folkloristico uso del linguaggio, contiene in realtà tutta l'idea che l'unità della società - con il suo centro, le sue idee, e le sue verità - è finita. Che il particolare contiene la verità della sua diversità: che essere nero o essere donna o essere sordo è la realtà in sé, non una parte della realtà grande. Faziose, abnormi e spesso assurde, come sono spesso state le conseguenze di questa concezione, pure essa ha scardinato il concetto stesso della politica: l'idea di una centralità. In rapporto a questo va valutata la vittoria di Clinton nel 1992, che non costituì affatto il "ritorno" della politica, dopo l'ubriacatura hollywoodiana della destra reaganiana, come dice la sinistra in Italia. Al contrario: Reagan è l'ultima presidenza a forte contenuto ideologico. E Clinton raccoglie tutto quello che non vuole più riconoscersi nella struttura ideologica forte: le donne e i giovani neri, i gay e gli operai delusi dalle ricette economiche di Reagan, ma anche e soprattutto dalla sua visione gerarchièa del mondo. Sembra uno schieramento di sinistra, in realtà è solo un fronte del rifiuto della gabbia politica. In altre parole: Clinton è il primo presidente statunitense che a dispetto di tutto il suo politicismo beneficia dell'antipolitica. Non a caso, appunto, raccoglie anche i voti del movimento politico dell'antipolitica, quello di Perot. Bill Clinton è intelligente, e probabilmente lui queste BibliotecaGinoBianco cose le sa meglio degli occhialuti professori che sceglie come consiglieri da Harvard o da Stanford. Mentre tutti fanno megaprogrammi, lui infatti nei suoi primi due anni galleggia fra proposte politiche contraddittorie ma funzionali: promette soldi ai poveri e riduzioni di tasse alla classe media, ripresa economica e tagli al bilancio. Lo accusano per questo di essere un presidente che "non convince", "bugiardo", "Sleek Billy", come lo ribattezzano, appunto. In realtà la parte "sleek" di Billy è la sua parte migliore: è quella del grande pragmatico che conosce le sabbie mobili in cui è caduta la politica ora che è finita. Il cambio drastico a favore dei repubblicani nelle elezioni di novembre è, in questo senso, del tutto dentro il corso delle cose: interessi così diversi degli elettori, mancanza di canali di unificazione tra cittadino e Stato, frammentarsi del "bene comune" americano in una quantità di punti di vista particolari, e infine, ma solo infine, le incertezze economiche della più grande potenza mondiale, ecco il vero panorama politico. Le conseguenze sono state drastiche ondate di cambi elettorali, una fluttuazione senza necessariamente forza, se non quella di una grande emotività e un grande disorientamento dell'elettorato. Quella che vince è, non a caso, una nuova destra, che del linguaggio dell'antipolitica si fa forte in maniera - se questo è mai possibile - "organizzata", ancor meglio di Clinton. C'è il tema dell'anti-Washington che Clinton ha cercato di cavalcare ma che è obbiettivamente difficile da sostenere stando alla Casa Bianca; ci sono i temi dell'anti-establishment, quel rancore anti-élites tipico della cultura statunitense e che ora solo paradossalmente è sentito anche nella stessa classe che in parte questo establishment forma. Questa nuova destra parla infine il linguaggio della fede, dei sentimenti, di una rinnovata voglia di ritrovare "valori" che ha preso il posto della "raziocinante" politica. In altre parole, la crisi di Clinton oggi è un altro passo avanti nella destabilizzazione della politica ed è interessante vedere che molti dei temi che costituiscono in Usa le ragioni della sua crisi sono simili a quelli che serpeggiano dentro la politica in Italia oggi. ♦

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