miglia. Spesso la famiglia del malato è una famiglia in crisi profonda, sconvolta dalla scoperta di un "segreto" (omosessualità, tossicodipendenza, comportamenti sessuali "illeciti") che non si può più nascondere. Una famiglia divisa fra pietà e risentimento (perché ci ha fatto questo? perché a noi?), alle prese con un male senza speranza e, per di più, senza aloni di eroismo. Il cancro, quello sì, sembra che pensino. Lo puoi raccontare, puoi parlare della battaglia per sconfiggerlo. Gli altri piangono con te. L 'Aids riempie gli occhi degli altri soltanto di disgusto, e di disprezzo. ~ La famiglia di un malato di Aids ha il suo stesso bisogno di aiuto. Attraversa le stesse fasi contraddittorie, paura di sapere e bisogno di capire, voglia di combattere e voglia di arrendersi, di delegare ad altri (l'ospedale, appunto ...) quella lotta senza speranze. Uno dei malati di Françoise Baranne esprime bene la difficoltà della malattia affrontata in casa: l'ospedalizzazione a domicilio ha i suoi vantaggi, le dice, ma mi lascia solo: solo con i miei pensieri di morte, che non so controllare ... E, il più delle volte, tocca a me conforta re il mio compagno, proprio quando sto più male ... Infatti: è questo il punto. Assistere a domicilio un malato di Aids significa assistere anche la sua famiglia. Confortarla. Accompagnarla. Aiutarla ad aiutare il malato: a vivere (a sopravvivere) decentemente, finché è possibile, e poi a morire, decentemente. Un compito pesante, un compito che richiede (richiederebbe) équipes solide, preparate, ben appoggiate. Equipes che, comunque, avranno sempre un grado di turn over molto alto: nessuno regge a lungo in situazioni ad alta tensione emotiva come queste. Preparazione, supporto, turn over: la traduzione è "costi". Costi elevatissimi. Costi improponibili, oggi, in Italia. Soprattutto, come mi diceva Giovanni Serpelloni, un medico veronese che ormai da anni si occupa di Aids, perché si tratta di malati di serie B. Abituati da anni a restare in ombra, nascosti, in quanto omosessuali, in quanto tossicodipendenti. La tendenza a restare in ombra coinvolge perfino chi il contagio non se lo è cercato, per usare l'ormai celebre e cristianissima frase del democristiano Donat Cattin: emofilici, politrasfusi ... I malati di Aids non chiedono, non pretendono. E nessuno si sogna di fare sforzi, investimenti, stanziamenti, solo per dare loro quell'optional di lusso che è una morte dignitosa in famiglia, quando unt:7f:amiglia esiste ed è in grado di farsene carico. Per questo l'assistenza domiciliare stenta a partire. Mancano i fondi. Mancano i fondi per un intervento tutto sommato non indispensabile (perché non se ne muoiono tranquilli in ospedale, in fin dei conti?), difficile, in gran parte da inventare, da sperimentare. Osteggiato dall'interno, perché sì, è vero, non era delirio paranoico quello di un altro malato che gridava - rifiutando di partecipare all'ennesimo controllo sperimentale - "non è me che vogliono curare. I o servo a loro, per curare quelli che verranno dopo di me". Questi malati sono terreno di ricerca. L'ospedale non accetta di farse li togliere. BibliotecaGinoBianco -;\ "" \ \. ... \ -iij'· ,. • "\ ... ; - Proprietà della scienza.· Che siano utili almeno alla fine. Se restano a casa, su chi si sperimentano i protocolli? Non so quante siano, in questo momento, le équipes di assistenza domiciliare per l'Aids, in Italia. Poche, credo. Non so se aumenteranno. Alcuni progetti a cui ho partecipato sono fermi da uno, due anni. In attesa di fondi, in attesa di decisioni. Stiamo investendo sulla prevenzione, ci dicono. Lodevole. Del resto, scelte bisogna pure farne. Finita l'illusione del tutto e subito. Meglio investire sul futuro, sulla salute delle prossime generazioni. Il ragionamento è inattaccabile. Però ... Prevenzione senza parlare di preservativi, senza educazione sessuale nella scuola. Con gli scambiatori di siringhe osteggiati nei quartieri per bene, e anche in quelli meno per bene. Con le équipes di strada minacciate tanto dagli spacciatori quanto dalle squadre di "benpensanti". Strana prevenzione. Strano modo di proteggere le generazioni future. Forse, il problema resta quello indicato da Serpelloni: quelli di cui stiamo parlando sono malati di serie B. Quelli che li hanno fatti ammalare sono comportamenti indecenti, colpevoli, meritevoli di punizione. La sanità efficientistica, produttivistica e manageriale che si sta consolidando non può perdere tempo né soldi per loro. A meno che non si tratti di fondi per la "ricerca". In ospedale. Con i protocolli. Umanizzazione della morte? Un optionall '
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