La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

che, del tutto diverse dai modelli matematici dinamici a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza, come la "back calculation" (realizzati principalmente da ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità) o la "multiple imputation" (all'Osservatorio Epidemiologico del Lazio). Come già predetto dal nostro "modello sulle cinque dita di una mano", l'epidemia rimane confinata solo per un br..evetempo tra i tossicodipendenti. Tra gli eterosessuali non-tossicodipendenti cresce alquanto lentamente, ma con continuità, e - in assenza di cambiamenti - continua a salire fino al quarantesimo anno dall'inizio. Anche senza registrare mai gli elevatisimi livelli di incidenza stimati per i tossicodipendenti, il modello stima che l'incidenza tra le femmine non-tossicodipendenti raggiunga e superi quella tra le tossicodipendenti intorno al dodicesimo anno dell'epidemia; fenomeno analogo è previsto per i maschi intorno al diciottesimo anno dall'inizio. Se crediamo (mi rendo conto che il verbo "credere" non è tra i più scientifici, ma concedetemi di usarlo) ai risultati del modello elaborato per il Lazio, e teniamo conto del fatto che i dati della sorveglianza Aids nel Lazio hanno avuto lo stesso andamento di quelli rilevati a livello nazionale, dovremo concludere che in Italia dal 1992 circa, per le femmine, l'epidemia è principalmente un'epidemia delle eterosessuali non-tossicodipendenti; e che negli anni intorno al 2000 lo dovrebbe divenire anche per i maschi. Ma prima di giungere a conclusioni di qualsiasi tipo è consigliabile prendere in considerazione le evidenze emergenti dalle attività di sorveglianza epidemiologica. La situazione epidemiologica oggi. L'esempio del Lazio: la "peste degli eterosessuali"? Per i motivi già spiegati in precedenza, per cercare di capire dai dati della sorveglianza quali siano le attuali tendenze dell'infezione da Hiv in Italia, prenderemo in considerazione prevalentemente le informazioni relative all'infezione da Hiv - cioè alla sieropositività - piuttosto che quelle relative all'Aids che invece sono essenziali per quantificare i carichi di malattia, e quindi i fabbisogni in termini di diagnosi clinica, assistenza e cura. L'Osservatorio Epidemiologico del Lazio è l'unica istituzione italiana a gestire un sistema di sorveglianza su ampia scala delle infezioni da Hiv a partire dal 1985, anno in cui si resero disponibili i test per l'individuazione degli anticorpi anti-HIV, indispensabili per porre diagnosi di infezione in soggetti asintomatici.La curva di incidenza di diagnosi di sieropositività per Hiv (attenzione alla differenza tra le cifre proposte dal modello, che stima il numero "vero" di infezioni, e quelle ottenibili dalla sorveglianza che si riferiscono necessariamente alle infezioni diagnosticate e notificate) nel Lazio mostra circa 150 infezioni per trimestre nel 1985, e un massimo negli anni 1987 (circa 450 casi/trimestre) e 1989 (poco meno di 500 casi/trimestre). Dal 1989 il numero di nuove diagnosi di infezione da Hiv è andato progressivamente diminuendo, fino a raggiungere le 300 nuove diagnosi per trimestre nel 1993. I dati per il 1994, ancora ampiamente incompleti sembrano confermare la tendenza ad una continua diBibliotecaGinoBianco NONVEDO,NONSENTO,NON PARLO La cultura italianadi fronte all'Aids Maria Nadotti Sarà che noi, invece di esserepuritani e discendenti di puritani come gli abitanti del nuovo continente, abbiamo un consolante senso del peccato accompagnato da assoluzione, perdono e recupero in paradiso. Sarà che alle spalle e nel corpo abbiamo una ludica e schiettamente pagana renitenza al dolore e alla colpa, nonché alla responsabilità. E che, di conseguenza, non crediamo nel bisogno di cambiamento e di rinnovamento e, pertanto, nella necessità di darci, individualmente o insieme, troppo da fare. Fatto sta che, da quando nella vita della comunità mondiale è comparsa l'Aids, nel nostro paese i più - e tra i più includo quasi senza smagliature la cosiddetta intellighenzia - hanno pensato bene di lavarsene le mani, di non considerarlo un problema loro e, soprattutto, di non preoccuparsi di andare a cercare i nessi eventuali tra la nuova, spaventosa, pandemia e epidemie più striscianti e non cosìfacilmente riducibili alla dimensione medico-scientifica. Epidemie e sindromi tra noi assai diffuse e già discretamente stagionate: opportunismo, indifferenza, meschinità, una misteriosafiducia nella logica del "mors tua vita mea ", ferocemente estendibile a fisarmonica quando è in ballo la cosiddetta "sicurezza" individuale o di gruppo. Ossia le sicurezze di pochi. Si veda il sempre più frequente ricorso a arbitrari e neanche tanto virtuali muri, fili spinati, confini là dove il presunto pericolo che "Noi" correremmo al contatto con "Loro" (leggasi indifferentemente albanesi, nordafricani, sieropositivi, "diversi" o "altri" in genere) giustifica, anzi rende urgente, l'astorico e apocalittico rinserrarsi nella cittadella dei sani, forti, ricchi, bianchi, normali. In questo senso i[fatto che a tutt'oggi, quando un terzo del continente africano sta morendo di Aids e le organizzazioni mondiali della sanità si sono decise a dichiarare ufficialmente che di Aids si ammalano più donne che uomini, più eterosessuali che omosessuali, più individui che non sanno neppure cosasia l'eroina che tossicodipendenti, molti tra noi continuino a trincerarsi dietro un paio di solidi quanto stolidi cliché - l'Aids pùnisce chi si comporta male, ergo tossici e gay, dunque non ci riguarda - è perlomeno inquietante, se non sospetto. Come è inquietante per chi, invece, non ha aff ondata la testa nella sabbia e ha preso atto della realtà siapoi sveltamente e acriticamente passato a prendere per buone e far sue categorie interpretative e modelli comportamentali quanto meno dubbi: riduzione della libertà e della sperimentazione individuale in nome della cosiddetta sicurezza collettiva, traduzione della pratica del "sessopiù sicuro" in una paranoica caduta del desiderio e relativa assunzione di modalità relazionali e sessuali mortifere e di scarsa praticabilità, dalla castità alla monogamia. Cosa, insomma, intendono coprire il silenzio, la rimozione, il diniego che da noi hanno porta-

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