RE NUDO - Anno VII - n. 42 - maggio 1976

ADELE H, una storia d'amore? Da un po' di tempo mi pare che il cinema stenti a ritrovare ca– pacità di anticipazione, o per lo meno di rapporti con terreni più avanzati di problematiche di movimento. Questo anche in 10 o prodotti dignitosi, magari utili, ma che arrivano quando prati– che e discorsi cominciano a es– sere scontati - mentre magari i loro riferimenti letterari erano effettivamente provocatori e anticipatori al momento della loro apparizione (vedi il Nido del Cuculo, ma si potrebbero fare molti esempi). Soprattutto il cinema "politico" all'italiana, che pare proprio la nottola di hegeliana memoria, quella che vede tutto a cose ac– cadute: · Cadaveri eccellenti o Todo modo). Non parliamo poi di un "genere" dalle favolose potenzialità come la fanta– scienza: che delusione di fronte ali' "Uomo caduto sulla térra" di Roeg (pur bravo, vi ricordate "A Venezia, un dicembre rosso-shocking"?), nel riscon– trare ancora una volta come la capacità di immaginare e capi– re il "diverso" si blocchi, lette– ralmente, tutta al livello epider– mico: mentre rapporti interper– sonali e istituzioni ·sociali di un altro mondo, quando vi. si ac– cenna, sono un irritante ribadi– re l'eternità di quelle a noi note (la bella famigliola in una so– cietà tecnologicamente avan– zatissima) .. A fronte di tanta sterilità nel– l'anticipazione, ecco il gran svi– luppo della moda retro. Lì, si presuppone, la responsabilità sono dissolte: come insegna Croce sul distacco dello storico de\ passato remoto. Un bel problema. E sarebbe troppo facile liquidarlo con la più immediata aderenza del ci– nema alla domanda di un mer– cato già formato, rispetto alle possibilità relative della lettera– tura o altro di fare pure un po' d'avanguardia. Comunque, ogni tanto anche il "retro" offre piacevoli sorprese. Specialmente quando entrate in un cinema un po' controvoglia, certi della noia, e scoprite che invece no, anzi qualcosa nel cervello è stimolato e fa cre– scere voglia di comunicazione e discussione e analisi. Prendiamo "Adele H (una sto– ria d'amore!!)". 11 sottotitolo è proprio il contrario del film. O meglio, dà a intendere il contra– rio di quel che è il film. Che tan- to non è retro, ma avanti. La storia è nota, ma come l'avevo sentita raccontare io, mi aveva fatto passare la voglia di veder– lo. Tanto più che di Truffaut, do– po il primo bellissimo "400 col– pi" di tanti anni fa, non ci era piaciuto granché quasi niente. Ma qui l'apparente freddezza, l'estetismo da voyeur maniaco del pezzo d'aotologia, la razio– nalità spesso presuntuosa e rompiballe dei nipotini dell'illu– minismo, funzionava proprio nello stravolgere una materia che poteva piacere a un turgido scrittore di romanzoni d'appen– dice ottocenteschi. Il bello é proprio questo continuo rove– sciamento dentro un'apparente rispetto di convenzioni. Ad esempio: se il "distacco" di Truffaut per un po' può sembra– re complicità con il becero sen– so comune del "pubblico" in at– teggiamento di superiorità ver– so la "poverina" protagonista (scappata di casa, dall'ottimo .e umanitario papà Hugo, facendo soffrire l'amorevole mamma malata, per correre dietro un fatuo stronzq soldatino che l'ha sedotta e abbandonata, ricor– rendo a una caterva di imbrogli e menzogne per incastrare I' "amato", ottenendo l'appro– vazione familiare al matrimonio e intanto spillare quattrini al babbo scrittore per starsene in giro per il mondo, al di là dell'o– ceano, tutta sola e pasticcio– na). Poi, man mano, costringe chiunque a spostarsi su diversi "universi logici" e/o "etici". Questa Adele ha una sua gran– dezza. Senza assolutamente appicci– carle una "coscienza" da fem– minista 1976, senza diventare banalmente pedagogico– esplicito-saggistico, il film ti mette a disposizione i segni per intuire una ribellione, per capire che ribellarsi - comunque vada a finire - è giusto. Il leit-motiv è la corrispondenza epistolare con papà Vietar Hu– go, presenza che sempre più incombe senza essere presente in una sola scena: è la "famiglia interiore" di Adele quella che pesa di più. È l'ossessione di "modelli": la sorella maggiore ("la preferita in casa") che ha raggiunto il "successo" di un bel matrimonio d'amore, tanto perfetto che è annegata ab– bracciata con la sua metà. 11 più grande scrittore del mondo, il perfetto padre, che non usa mai tono di "violenta" minac– cia, ma solo la violenza degli "affetti" familiari - condanna a vita - Dio te li dà e nessuno te li toglie. ("Stai facendo morire la mamrna"). E la nostra "cattiva" chiede soldi per tornare a casa, e poi invece li usa per passare di nuovo l'oceano, dall'America al Marocco. A far che, se.il suo amato le dimostra in tutti i modi che di lei non ne vuole sapere? Banale: ormai non insegue più lui, ma se stessa. Fino in fondo. Finché il suo rifiuto, la sua insu– bordinazione, raggiunge l'estre– ma forma della totale ·chiusura contro chi attacca la sua "di– versità". Fino a quella cosa che chiamano "schizofrenia". La "diversità" di Adele per tutto il film viene fuori in modo stu– pendamente "dialettico" (scu– sato l'abusato termine): per esempio, nel rovesciamento di ruolo, per cui una "fragile" don– na ottocentesca circuisce, lu– singa, minaccia, violenta, com– pera ecc. ecc. il povero ma– schietto "passivo". Che in realtà non "idealizza" affatto, ma vede in tutta la sua miseria sia pure ammantata di potere fallocratico. È apertamente, uno scontro di potere. Afferma– zione del proprio desiderio, per Adele, è tensione verso l'accet– tazione di sé, la propria affer– mazione. La riappropriazione del proprio essere donna per se stessa. Una storia d'amore, al– lora? Certo. La grandezza di un'impresa socialmente taccia– ta di "egoismo, narcisismo" ecc. ecc. ecc.: imparare ad amare prima di tutto se stessi, per poter sconfiggere ogni po– tere e marciare verso la libera– zione. Questo il senso dell'educazione sentimentale di Adele che ci è sembrato di leggere nel film. Ma attenzione. Non c'è nulla di limpido_e lineare, negli eventi e nei comportamenti, a rendere facile e meccanico il giudizio o la presa di partito dello spetta– tore. Abbiamo parlato di "dia– lettica": volevamo dire che, per esempio, anche dentro l'ironia del "rovesciamento di ruoli" fra Adele e il soldatino, è "reale" l'aspirazione di Adele al matri– monio, all'amore dello stronzo, al "riconoscimento" da parte della famiglia, ad evitare "scan– dali" perniciosi alla fama del genitore ecc. Insomma, c'è tut– ta l'ambiguità nei gesti, nella volontà, nella coscienza, che ri– manda all'intreccio e alla lotta fra vecchio e nuovo che carat– terizza ogni realtà di liberazio– ne. E per questo, anche-lo spet– tatore - privato di facili mecca– nismi di identificazione - deve ripercorrere con AdeleLma via faticosa. Deve anche lui impa– rare ad accettarla e amarla. Lei finisce "storicamente" sconfit– ta, nel proprio isolamento. Ma la storia non finisce lì.

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