Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

come sottolineerà nella già citata lettera all'Associazione B'nai B'rith - che alla mia natura di ebreo dovevo le due qualità che mi erano diventate indispensabili, lungo la mia difficile vita. Perché ero ebreo, mi trovai libero dai molti pregiudizi che limitavano gli altri nell'uso del loro intelletto; in quanto ebreo, fui sempre pronto a passare all'opposizione e a rinunciare all'accordo con la «maggioranza compatta»19_ Il problema di collocare in una giusta prospettiva l'annosa questione dell'ebraismo di Freud, per le implicazioni che può aver soprattutto avuto nella fondazione della psicoanalisi, è stato affrontato recentemente anche da Peter Gay, uno dei suoi più accreditati biografi. In Un ebreo senza Dio. Freud, l'ateismo e le origini dellapsicoanalisi, Gay riassume e insieme articola il problema dell'ebraismo di Freud sostanzialmente in tre punti, riflessi nel titolo che ha dato al suo saggio. Egli si chiede cioè - parafrasando un'affermazione di Freud contenuta in una lettera al pastore O. Pfister20 -se Freud creò la psicoanalisi perché era ateo, se fu in virtù della sua prospettiva di senza Dio che poté rifiutare tutti i tentativi di trovare un terreno comune tra psicoanalisi e fede, se infine poté fare le sue grandi scoperte in quanto era un ateo particolare, un ateo ebreo. Gay considera molto importante in Freud quella che chiama la componente «tribale» del suo ebraismo, che egli manifestò in maniera coerente nel corso di tutta la sua vita, ed in particolare nei momenti storicamente più difficili, in cui dichiararsi e riconoscersi ebrei richiedeva coraggio e determinatezza. Nella prefazione per l'edizione ebraica di Totem e Tabù, scritta nel 1930, Freud dichiarerà: 184

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==