Pattuglia - anno I - n. 11-12 - set.-ott. 1942

Cartello a; aisegni a; Pulcinelli - "Peccato originale,, tre atti ai Ciill,erto C.Ouerso ANNO I - N. 11-12 . L. 3,- SETTEMBRE-OITOBRE 191t2 -XX S. A. P. GRUPPO III MENSILE DI POLITICA ARTI LETTERE DEL GUF DI FORLI' In questo numero di PATTUGLIA Politica RONCHI - CUPINI ORENGO - VEGLIANI ZOBOLI Sordte lclaivil~tiàanca di ARMANDROAVAGLIOLI ♦ Letteratura BOCCI - MARUSSI ORTOLANI • PATRONI GRIFF-I SERRA- MARTINI ANCESCHI - GRASSI Duveiaggi con l'autocarro di ENRICO MOROVICH Ldaomenica dell vecchia di R. CAUSINESASSEUS ♦ A r t e TESTORI - BARTOLINI RONCHI CartedlildaisegPnuil:cinelli di GIANNI TESTORI PaginpaerBartolini GeorgesBraque ♦ lllus trazioni di MANZU. TESTORI PULCINELL-I BARTOLINI CARRA ♦ Sgettacolo BONFANTE GHIRELLI Peccaotroiginale Fra i più dibattuti motivi certamente quello del costume, in netta derivazione da una profonda ed intransigente educazione politica, sta particolarmente a cuore alla nostra generazione sensibilissima - ·quasi per istintiva innata virtù - a quei problemi che non è facile risolvere con una presuntuosa e sterile dialettica e la cui definizione storico morale urge ora più cha mai: problemi basilari che é inutile tentare, con ingenuo candore, di relegare fra le cose smesse o minori. Diretta conseguenza di un'intima convinzione politica, si può dire che il Partito, dalle origini, abbia cercato di risolvere e portare su un piano concreto e definitivo il problema, acutizzandolo, attraverso una propaganda non sempre puntuale ed opportuna, nelle più lontane ed impensate deficienze. Non possiamo certo dire che i risultati siano stati adeguati alla volontà di risoluzione: ·n1rò è[!f~~~facile negare ora I Ulto7plic!Wlrlie noi, presi dolio PATTUGLIA AVANZATA SUL fRONTE EGIZIANO COSTUEffDiEUCATIUO smania ricostruttrice ab or i g i ie s, impugnamo il ritornello del tutto da rifare, E onesto però aHermare chn i risultati in questo campo non sono riusciti a superare i limiti di una rettorica esteriore e poco di effettivo è stato fatto per un decisivo rafforzamento delle coscienze. Non si era nel giusto già quando si affermava - vizio del resto tuttora imperversante - la necessiUt e l'urgenza di un costume «nuovo• intendendo il significoto dell' oggettivo nel più vasto ed ipotetico dei modi. D'altra parte la parola «nuovo,, vocabolo che ha fatto delirare di sogni per fortun.J tramontati alcune generazioni. ha in un certo senso caratterizzato un'epoca non breve, e nella ricerca indefinita di dare aspetto concreto alla parola, molti hanno perso di vista il movente primo ché aveva provocato l'ansia della scoperta. Non si trattava invece che di ritornare a quei punti di riferimento universali ed immortali, unici ed insostituibili, che erano stati infine dimenticati nell'accanita ricerca di un inconsistente - per molteplici ra· gioni - fatto nuovo. Si trattava dunque di riportare l'uomo di fronte a se stesso, alla propria coscienza di uomo civile Jt politico, umano, di svegliarlo dal sonno ipnotico delle più svariate dottrine filosofico-sociali. Da un•utopia universalistico, da un fatto esclusivamente materialistico, così seducente nella sua violenta idealizzazion.e, ma troppo meccanico per essere umano, I' uomo doveva essere riportato alla concezione di vita fissata nei secoli da una morale unica nel tempo. Ouesto fu inteso fin dai primordi e la necessità di una ricostruita umanità, il desiderio di dare ai giovani il modo di uniformarsi ad un ideale umano fu concretato con la organizzazione giovanile del Partito. Dire a questo punto del mediocre successo dal tentativo, prima di tutto per mancanza di educatori, sarebbe luogo comune. Certo è che la pratica educativa, nella volontà di un immediato risultato, dimenticava l'intima essenza della gioventù, affidando alla coreografia esteriore e dannosa l'importanza di una educazione fondamentale. I nostri ragoni (noi) ebbero nelle moni il moschetto, impararono a marciare: ma la loro ansia di giovani uomini~ desiderosi di conoscere e di essere, si isterih e si esaurl in un arido formulario. Non bisogna stupirsi quindi degli incerti e dei dubbiosi e degli impassibili di questa generazione. la loro attenzione è stata proiettata al di fuori e Ora per i deboli il ritrovarsi non è facile. Ma a nostro conforto valgano le prove di onesta indagine

di cui alcuni - i migliori - hanno resa degna di fronte a tutti la nostra generazione, Una generazione nella quale la volontà di sign!- ficare molto nella storia vissuta ora per ora è palese e giustificata è la spe;anza di non essere mai, come qualcuno tempo fa disse con scarsa intelligenza e sintomatica asprezza, una generazione sacrific:;ata. Questa decisa volontà ci è stata ,.riconosciuta anche da quei pochi avanti 'negli anni e nella esperienze che hanno saputo oltrepassare illesi e puri allettanti trabocchetti: volontà fremente di un preciso ritorno ad una umana dignità dalla quale - la storia quotidiana insegna - è troppo facile allontonersi ellucineti del felso d09li ori e delle decoratività pelle pretenziose mansioni. Inoltre a noi ora, ed a chi è con noi, s'impone l'impegno più grave: quello di determinare il costume di vita, di trasportare su un più alto piano una situuione minacciante l'abisso della leggerezza incompetente, Una volta alla testa dei giovanissimi, occorrerà indirizzarli con la parola e l'esempio • quella meta umana che è alle base delle ,anitò delle femiglie e delle compelteue della nazione, Il vento ubriacatore della concezioni lontane dal nostro · sentimento, dopo avere portato mentalità non solide ad eccessi fon' t1nche piacevoli - quelle stesse mentalità che poi, sedotte doli' Idee, col loro f•· natismo non vt1lidamente sorretto da una intelligenza e da una cultura, hanno tanto inquinato le acque e ritardato la marcia • ci ha convinto, per saldamente resistergli, ad un urgente ritorno alla più pura tr<?ldizione spirituale della no\tra gente. Occorre cercare gli uomini capaci di questo ritorno coraggioso: non è facile avere ragione di anni di rettorica. Ed ecco a questo punto palesarsi il com pito della Scuola e della organizzazione giovanile, forgiatrici degli uomini di· Òggi e di domani. Liberate da qualsiasi prassi negativa e folcloristica, dovranno esse di pari passo sostituire giovani e vecchi malati di morbi incurabili o chiusi nel mondo senza orizzonte di una presunta fede, spingere la propria funzione lontana da qualsiasi materialismo e da qualsiasi edonismo e basarsi su una moralità cocciuta, unica capace di determinare nell'uomo la forza di un costume puro. Costruito l'uomo, allora gli si darà il moschetto e gli si insegnerà il passo di parata. Perché primo di fare sfilare un plotone, dobbiamo avere la certezza che sono uomini quelli che marciano e non numeri. Per avere una massa sensibile ed intelligente, dob· biamo rivolgere maggiormente la nostra cura all'individuo, al singolo. limitare ogni superfluo dinamismo esteriore, ogni indulgenza estetizzante, e scavare l'uomo. Poggiare prima sulla sua intelligenza e sulla sua coscienza che sui suoi muscoli. Solo in tale modo sarà possibile avere un popolo degno della civiltà, consapevole dello civiltò, WALTER RONCIJI 1111I • I. 11-12 SETTEMIRE,OJTOIHE 1942-XUII PATTUGUA POLITICA. ARTI . LETTERE , FOILl' • S.de Llllorla • Tel, 6011 Direttore, I.E NATO IO SSI Condìnttore, LI VI O FIATTI WALTER IONCHI • redatt. c,po rHpoaubile UN NUMERO L. 1 , 50 Questo numero doppio L. 3 , - Un numero arretrato: il doppio IIIOIII.: Dnimi l. 15· f11,i1tUi ni1111it1ri L.ID DlstJ'lb, D. I. E. S, · P.u S, Paataleo 3 - ROMA PUIILJCIT A' , UUlclo Pu.ltbllclll e Propa• guda - Via Roma, 6 - BOLOGNA ANONIMA ARTI Cll.AflCHE • BOLOCNA VIA CONSOLARE - SH. ldit. G. U. F.• Forll PAOLO SILJM.IANI, Segretario del C. U. f. PiESlDENTE Arm,odo ln,glioll • Bruno MHotli Livio Fratti • lenito lotti Fiondazione Ruffilli ORIZZONTI EDUCATIVI Esamei scuolamedia UN reale episodio deJla vita quotidiana mi ha procurato il motivo di esporre alcune personali considerazioni su uno dei principali problemi della Scuola italiana. Questo problema, che sembrerebbe riguardare soltanto la Ji. mitata classe degli uomini viventi nella Scuola o interessati alla vita scolastica, richiama invece l'attenzione della gene• rali.tà, può dirsi, dei padri di famiglia, il che equivale a dire, nell'Italia eminentemente proletaria, la quasi totalità della popolazione. E980 è di piena attua• lità, ,in tutto il Paese, dagli ultimi mesi dell'anno scolastico allo spirare del lun• go periodo delle vacanze: gli ea.ami. Ma qui ai tratta soltanto di quelli .recentemente statuiti per l'ammissione al• la Scuola Media unica, il pE"incipale pilastro su cui si fonda il nuovo oE"dimento della Scuola fascista, inquadrato dai principi innovatori della c:•Carta. della Scuola », voluta dal Duce, e in via di attuuione. Ed ecco l'episodio: in uno degli ultimi giorni di scuola mi capita di sentire da un artigiano, padre di un ro• busto rampollo che sta per licenziarsi dalla scuola del lavoro, cioè dalla saclasse elementare, che il maestro di suo figlio non si era peritato di dichiarargli poco prima e: non essere disposto non che ad ammettere l'unico orgoglio della giovane famiglia artigiana alle speciali lezioni preparatorie all'esame della Scuola media, neanche a firmare il « programma • degli studi fatti, da presentare alla Commissione esaminatrice». Come regolarsi in un tale affronto? Assunte informazioni da persona competente, riuscii a colmare le ire del padre solo dopo avergli chial'ito il regolare comportamento del maestro di suo figlio. Ritengo necessaE"io definire i termini della questione per poter poi esporre le considerazioni cui accennavo più sopra, poiché dobbiamo essere in discreto numero a trovare almeno enigmatico il rifiuto di quel maestro nei riguardi del nostro artigiano. Per essere ammessi alla Scuola media, occore dunque presentare un e: pE"ogramma » che, per essere speciale, non è, evidentemente, quello regolarmente svolto neJl' ultimo biennio deJla scuola del lavoro, per quanto appunto a questo si rilerisca l' art. 15 della legge istitutiva alla nuova scuola;· ed alloE"a che cos'è questo « programma •? Certamente un « rebus • per quanto riguarda l' estensione e la profondità delle cognizioni dchieste dagli esaminatori ai candidati in e.rb~ i quali se non erro, dovrebbero essere esaminati su argomenti svolti in tutte le scuole elementari del Regno nelle stesse manie.re e misure, press' a poco. In pratica, invece, visto che nella Commissione <l'esame appena un rappresentante della scuola primaria (contrariamente n quan-' to avviene in quelle posto a guaE"d.ia di tutti i successivi... posti di blocco della carriera scolastica) e chiamato a (arvi parte, i Ianciulli per avere il coraggio di presentarsi dinanzi ad un collegio giudicante composto di visi sconosciuti, debbono e: (errarsi » di un « programma • tutto speciale (sebbene Si riduca a ben poco di più del programma di ,la elementare) compilato secondo il personale giudizio di un qualunque maestro, di ruolo o no, capace o no all'efficace insegnamento, perchè nessun regolamento prescrive che tale programma debba essere sottoscl'itto dal maestro che per cinque enni o meno ,abbia .avuto per alunno l'esaminando. Per questa ragione l' insegnante del ragazzino del nostro artigiano aveva rifiutata la propria firma al programma di esame che egli stesso, teoricamente, avrebbe svolto: la firma, aveva soggiunto al padre poco convinto della cosa, poteva esservi posta da un qualunque Pinco Pallino di maestro ... Ma allora quali « programmi » avrà firmato quel maestro di ruolo di l!Q3 nostra scuola pubblica? Ecco l'altro aspetto, forse il più delicato dal punto d.i vist..a ·politico e sociale, oltre che morale, della questione. 11 maestro ha fiE"mato soltanto i e: programmi » presentati alla Commissione da quella mezza dozzina circa di propri alunni, i quali, scelti per tempo tra i e migliori • elementi della sua scolaresca, si sono sottoposti per circa tre mesi, a Forlì questa singolare fatica: scuola. comune con la restante maggioranza dei compa• gni-zavorra, durante le noE"mali ore del• l'oE"ario unico; scuola particolare nelle OE"e,molte ore, straordinaE"ie peE" svol• gere gli argomenti, certamente di gE"a• do superiore, sui quali avrebbero soste• nuto l'esame per scavalcare la siepe spinata della Scuola media. A questo punto qualcuno di noi è già persuaso che in avvenire, il più prossimo possibile, sarà creata una nuova scuola, magari della durata di soli due o tre mesi, per la _preparazione degli alunni « migliori • allo speciale « programma • d'esame; qualche altro si chiederà, ingenuamente, se quei tali alunni &Celti tlal maestn>, ai troveranno alla fine del• l'anno scolastico in condizioni fisiche e culturali realmente superioE"i a quelle dei compagni « diseE"edati •, i quali nonostante lo smacco morale subito, hanno comunque svolto l'intero corso di studi della scuola che li vedrà liceo· ziati. Con la formazione di una superscuola., si viene a creare una pericolosa divisione in caste tE"a gli alunni, che è deleteria alla missione educatE"ice della scuola medesima. A parte il conosceE"e le ragioni obiettive e soggettive .(preminenti le une o le altre?) che hanno determinato il criterio selettivo del maestro per dividere la sua scolaresca tra una sparuta minoranza di belle intelligenze capaci di forti e lunghi 6tudi e una grossa maggioranza cli cervelli mediocri, cui, /in da questo mo• mento, si nega ogni attitudine a prose• guire negli studi, il (atto che tE"a gli stessi banchi di una scuola devono trovarsi accanèo i e: predestinati » del eaperei e i J>aria della scienza, è voler istillare nei nostri ragazzi i primi sentimenti di invidia e cli E"ancoE"eche non potranno sortire buoni effetti morali e sociali col passare degli anni. Poichè è ovvio per tutti, che a dicciundici anni si possiede il senso della propE"ia personalità e sensibile è l'amor proprio di fronte ad ogni accenno di diHerenziaz:ione tra coetanei. Bisognerà intanto tTOvare una giusta :~r1~:~:::1~r~~:::~ierid:ll1! ::~i~ italiana. Per quanto si attiene all,argomento in discorso, le Dichiarazioni XI e XII parlano un linguaggio chiaro e preciso: « La Scuola media è comune a quanti intendano proseguire gli studi dell'ordine superiore ... •; « La scuola proIessionalc si rivolge ai giovinetti che intendono prepararsi alle esigenze di lavoro ... •: dunque qui lo « intendere• compete a tutti i giovineUP i quali abbiano l'intenzione o siano invogliati dai genitori a scegliere una delle due vie che vengono loro aperte dal nuovo orclinamcnto della Scuola fascista. Se siano più quelli che si avviano per l'una o l'altra meta, a distanze tanto dilferenti, lo può dire la statistica in possesso dell'autorità scolastica; ma è indubbio che le migliorale condizioni economiche e sociali delle masse operaie e lavoratrici, notevoli dall'avvento del Regime, inducano la maggioE"anza degli scolaretti ad abbracciare la carriera degli. studi; salvo, s'intende qualche pentimento, che purtroppo non è da aspettarsi tra elementi appartenenti alle classi di ceto così detto medio borghese, dei professionisti, impiegati e bene• stanti, nelle quali troppe volte la scarsa volontà o la deficienza intellettuale a proseguire negli studi è sostenuta oltre misura dal malinteso senso del decoro della classe o categoE"ia sociale. La Scuola italiana non dev1essere a compartimenti stagni, alcuni dei quali riservati a prcvilegiati. Se « la scuola è unica - come disse il Duce nel 1925 e aggiunse: nella scuola tutto comunica: dall'asilo infantile all'Uni~ versità •, perchè non si deve lasciare via libera a tutti gli scolaretti avviati alla Scuola media? C'è, si, il grave motivo della e: selezione », ma questa non va operata in anticipo nei confronti di cervelli ancora in Iormazione che avranno negli anni futuri -0gni possibilità di manHestare intuito 1 capacitò, maturazione in ciò che da essi si vuol ottenere; la vera selezione dei meritevoli all'ardua fatica dei. profondi studi e della speculazione scientifica, non la fa, come tutti sappiamo, l'esame di licenza e ancor meno quello di ammissione, che è sempre una prova di valore non definitivo; ma la continua severa vigilanza e il convinto giudizio dei docenti delle scuole medie e superiori, che hanno la possibilità di misurare le o.ttitudini e l'esatto orientamento dei giovani. Questa benedetta selezione che deve mitigare le dannose conseguenze dell'inflazione scolastica, appare pertanto più un problema di bontà dei docenti, - intesa come sicura preparazione culturale e scientifica, arte d'insegnare, alto senso di responsabi-~ lità della propria delicata missione, obbiettività e serenità di giudizio - che efficacia di freno alle innocenti aspirazioni dei giovinetti, attribuita all'esame di ammissione alla Scuola media. MA.RIO CUPINI * .PJJ~cdt(J@U PERUNAFUTURA CLASDSIREl6ENT IL problema dell'origine delle idee, in particolare dell'idea morale - superate le posizioni dell'innatismo del sensismo dell'evoluzionismo - è ora strettamente connesso con il concetto di educazione. Attualmente infatti si batte e si insiste sull'importanza dell'educazione nella formazione di una coscienza morale dei giovani - si giunge anzi a rintracciarne in essa l'unica fonte. Ciò che non è innato, ciò che non viene dall'esperienza, sarà il prodotto di un'azione educativa. · Mai come oggi si è parlato di formazi.one. Ma io credo che si debba andare oltre. Per la formazione di una coscienza morale, come per la formazione di una cultura, una guida è necessaria ; nel nostro caso essa è rappresentata dall'educazione. Ma ad un certo punto il giovane deve sentire il distaccO tra sè e quanto gli viene dall'esterno. Può sentirlo violentemente, serenamente, può non sentirlo: è una questione di sensibilità. Certo però nei giovani migliori l'affiorare del dubbio è inevitabile, del dubbio che quanto è stato loro insegnato dall'educazione religiosa e politica non sia tutto vero è tutto giusto. È il segno della personalità. E allora essi sentiranno l'esigenza di sostituire alla morale dei comandamenti del codice della disciplina una morale più intima, accorta in sè e da sè creata, fondata sulla propria umana dignità. Non so quanti saranno d'accordo con me su questo punto. Ma credo che ciò sia vero, e bello, e necessario. Perchè se noi con un'azione educativa potessimo formare completamente una classe di giovani, noi' otterremmo un tipo di uomo collettivizzato, impersonale, « fatto in serie•· E saremmo lontani dal nostro compito di difesa della personalità - compito che ci siamo assunti contro la concezione -livellatrice del marxismo. Non è la mossa che crea il progresso- tanto meno la civiltà. Noi non abbiamo il culto dell'armento. Questo è necessario, indispensabile ricordare per la nuova af• fermazione del nostro primato. ALESSANDRO ORENGO

pRIMA che la crisi bellica rivelasse, pur nel tentativo supremo di una coesione che è Iorza di disperazione e istinto cli sopravvivere, 1a debolezza costitutiva delle suture e degli allac• ciamenti costituenti il vincolo clelJa Co· munità britannica, essi:, appariva agli occhi europei come una unità sufficientemente omogenea ed organica, del tutto estranea alle vicissitudini e agli interessi dell'Europa, improntata anche spirltuaJmente ad llJtri modi di pensare e ispirata ad altri sistemi. Una Comunità ,,assalta sJ cli uno stato europeo mn non per questo inserito nel• l'orbita dei paesi europei, anzi accentuante quel carattere di estracontinen• talità che J'Jnghj]terra ba sempre avuto non solo per il motivo del suo isolamento insulare. Una comunità insomma che era come un mondo chiuso, delimitato da proprie frontiere economiche e da proprie linee di di!esa doganale, oltre che da rigidi isolazionismi mentali. Tanto più appartata e gelosamente chiusa all'intercambiÒ con PEuropa - fosse l'Europa dei contingenti migratori, fosse quella dell'esuberanza produttiva - quanto più attrezzata essa risultasse alJ'intcrno per le proprie fun• zioni vitali. Appelli non mancavano nelle ore patetiche ad una solidarietà cosidetta bianca ma essi non valicavano le solite montugne retoriche dei fogli di giornale e certo alle loro basi c'era un equivoco <li parole o una nota di roaJoIcde o un pasticcio di concetti motori. Nonostante to)el situazione l'Impero inglese, il più vasto e il più resistente degli organismi territoriali e morali - imperiali - sorti doUo slancio conqui• statorio delJe genti europee arrivate al loro .assetto spirituale moderno anche se non ancora al loro definitivo inquadramento politico che l'inafrerrabil:tà di una formula garantente ai popoli <l'Europa quella reciproca collaborazione che doveva affermarli permanentemente come arisk>crazia stabile sui continenti doveva costituire il punto debole delle costruzioni d'ognuno di essi), l'impero inglese non è sorto fuori dell'Europa. Occorre prenderne atto. SFIDA Al CIELO Le navi di Elisabetta come i generali di Vittoria non fecero che compie- ~ t a 11 . · 1tD . t re una già avvinto politica di djsco , pert.a, di accostamehto e di inserimento ore e I ClVIl lUCI di nuovi vasti si i territori el potenziale civile non peculiare al loro popolo, ma comune a p.m mondo', a tutto il mondo fino atlora attivo e che, per com• solo usufruendo di tutte Je forze cuprenderci l'intero orbita mediterranea ropee. O possedendo Pintcra Europa o cosi importante per noi itaJioni, definì- coordinando tutti i potent.nti europei in remo Europa storica più che Europa una politica di blocco e coordinata. n geografica. Da Polo O Colombo a Gruna primo proposito Iu prossimo a realiznoi abbiamo gli esponenti, gli arctiti di zarsi neJle mani di Carlo V e dei soun moto spirituale progressi st a e di- vrani francesi e il secondo ebbe parnamico di quella civiltà alle cui midolla venza di realizzabilità con Napoleone; unitkrie molto contribuisce il fattore ro- ma mai esso fu seriamente artront.ato mano e quello cattolico rivivifkati dal- dagli inglesi che forse non lo afierrala rinascenza - e iJ resto non rap- trono e con ciò segnarono il motivo della presenta che dei momenti febbrili, mor- proJ}ria debolezza. Smodato senso d'orbosi o di reazione, del.l'organismo. goglio dell'inglese atteggiato ad ass0Lc Monarchie occidento.li, nel pro- Iuta sufficienza o avidità di possesso cesso di riorganizzazione europea in che spingeva più alle redditizie avvénvista di specifiche responsabilità delle ture lontane che alle costose e resingole individuazioni nazionali, dopo sponsabili operazioni cli copertura delle iJ crollo deUa prima unità coativa reo• spalle? Decisa la contesa per il priJizzota da Roma e di quella larvata nel mato nelle imprese coloniali con j Sacro Homano Impero, si vaJscro del grandi Stati d'occidente, i'Jnghilterra loro più rapido assestamento interno si Jimjtò a stringere l'Europa nelle maper fnrsi, nei confronti dei compiti estc- glie di punti d'appoggio militari o diriori, rappresentanti di tutto ln comu- plomatici, fidando in una permanente nità europeo. Non era Pinglese o il minorità organizzativa o nella succube francese o lo spagnolo che mettevano politica rassegnata al secondo piano iJ piede in un territorio, ma era l'eu- di quaJcuno tra· gli stati europei - che ropeo che il più delle volte sollevava in genere fu la Francia. anche il simbolo cristiano. E dHatti Quella che avrebbe potuto diventare chi avrebbe potuto reggere ol peso di la grande unità mondiale sotto il segno condurre avanti do solo un movimento della civiltà unica, una civiltà cli genio di civiltt\ cui tanti avevano posto mano? e di cultu .-a e d'anima, fallì per la E quale paese poteva pensare di riusci- inadeguatezza inglese - inadeguatezza re da solo, con un relativamente scarso morale e numerica - per ]a disarmonia nerbo di uomini a reggere l'immensità degli sforzi degli altri popoli conqui• dei nuovi agglomerati geografici e demo- statori e per la fondamentale perdita grafici? di quella unità spirituale e religiosa S'imponevo dunque il prob1ema del- - ideale - che vien prinrn, nella linea la suHicienza morale e numerica al deJJe cause, della stessa moncanzo di compito direttivo del mondo intero e unità materiale e militare. il popolo che avesse voluto asswnerselo ] frutti furono presto evidenti. Coc1uesto compito avrebbe potuto farlo minciò con Jo staccarsi dal vincolo Fondazione Ruffilli - Forlì . che non era di augusto primato di tradizione e di capacità, ma solo di imperialismo succhiante, l'intero continente americano. E allora, per avere un termine di collegamento troppo necessario aJ nuovo mercantiUsmo, si coojò una infelice terminologia che faceva della civiJtt't una espressione epidermica e si parlò di civiltà bianca, quando doveva parlarsi della insostituibile cìviltlt eu.ropea che non può durare, nè tanto meno riprodursi lontano dai propri centri geograiici e dai propri moventi ideali. Dopo la prima guerra mondiale che ero stato un tremendo monito, c'era ancora un patrimonio di posizioni, di terre e di uomini che si potevano salva• re come sfera d'intluenzo d'espansione di tutta la comunità europea; c'era ancoro il modo di ovviare una forma di coesistenza su piede d'eguaglianza economica ~ fermo restando il primato moroJe - della gente d'Europa con quella nuova arrivata d'America; c'era ancora 1a possibilità di lare sussistere, con la difesa delle già acquisite linee avanzate della penetrazione europea, tutta la vecchia organizzazione e gerarchia degli stati europei. In confront.o al1a ripresa delle civiltà di colore. L'Inghilterra si lasciò sfuggire l'occasione di un riesame dello propria situa• zione. Non vide o non volle vedere la sua salvezza nell'eleggersi a capo non della sua particolaristica comunità com· merciaie, ma. della generale e morale comunitù europea, quella che avrebbe pOtuto ridare un senso i<leoJe e una forza concreto al concetto d'impero in• glese. Esso, insieme al politicamente sincronizzato impero francese, sarebbe diventato l'impero degli europei. Fra wiJsonismo societario e briandjismo pancuropeistfoo ci si lasciarono sfuggire le occasioni e alloro quelle che erano soltanto forze ideali delJa nascente coscienza europea, dovettero trasformarsi e organizzarsi in movimenti di forzo per lo costituzione di una nuova ccl accentrato responsabilità collettiva europea. Per parte loro gli anglosassoni d'Americo non seppero portare altro contributo che quello di allungare le mani e avanzare ipoteche sui beni dell'incerto impero in• glese. La successiooe americana, se si avverasse, costituirchbe la fine della civiltà nostra In quale ha bisogno, co• me ogni umana civiltà, di or<lfoamenti politici e di inclirizzi umani che siano chiaramente rispondenti aUe premesse di quella stessa civiJtà. Ciò che negWamo all'attuaJe mondo americano. Me d'altra parte possiamo abbastanza a cuor leggero escludere il verificarsi dell'ipotesi. Rimane piuttosto da cHrsi che cosa sarà della civiltà europea nei rapporti di concorrenza con le altre civiltò. au• tonome, quali quel1a mussulmana - non nuova ai contatti con la nostro e il cui intercambio Con il nostro pen- ·siero è già stabilito e forse esaurito da secoli - e quella nipponica che, per certi aspetti. si rivela molto fertile di sviluppi nei suoi contatti ed uno scambio con Ja quale può essere molto proficuo, sulla base del principio che neanche le civiltà possono castalmente chiudersi in se stesse, mo debbono reagire l'una sull'altra in modo da Sarantire il successo alla più elevata, di permettere lo sviluppo d'ognuna di esse e di offrire ai singoH popoli lo possibillità, ferme restando le premesse di una • certa orbita morale, di assumere quei concreti e diversi atteggiamenti la cui varietò. è espressione di vitaJit.à. Perde delle posizioni con questa guerra lo cosidetta civiltà bianca? Ebbene, premesso che questa guerra è stata provocata dalla irremovibile demenza che l'Inghilterra si è avuto do Dio come tutti coloro che lcldio stesso vuole <l: struggere, premesse che il concetto di civiltà bianca ci è quanto mai estraneo e nel~ coso concreto sta a signilieare un losco mondo d'affari oscuri affermiamo che in sostanza Ja vera civiltà europea perderà poche sfere di infiuenza economico, mentre non ne perderà nessuna - e .forse quaJcuna ad~ dirittura potrà guadagnarne - di influenza morale e di superiore ispirazione. Il mondo arabo sarò spinto clalld vicinanza dei contatti a plasmarsi sul modello delle nostre forme politiche e c1uello nipponjco - vedi il recente avvio cli regolari rapporti col Vaticano - potrà risentire dello nostTa atmosfera spirituale. Territorialmente poi, i più ristretti Ji.miti delle zono cli libera espansione che saranno fissati dalle riconosciute autonomie o po· polazioni più mature, quali quelle asiatiche, rapprese.nteranno in compenso sfere di più intensa e rispondente laboriosità perchè determinati sulla base di opportunità geografiche e di jndicazione storica. Nello stesso tempo le nuove unità statali, e in primo luogo lo stesso Giappone, non potranno non v(tlersi dell'enorme a.pparato organiz• zativo dell'Europa, la quale potrà on cora una volta fare di una superiore capacità tecnica lo strumento per il prestigio delle sue caratteristiche mo• rati. E finalmente, dopo la frattura del~ l'unità romana, l'Europa avrà trovato, nella Iormu.la dcUa comunità dei po• poli cementati dal vincolo ideale del volontarismo e dello classicità fascista, la armonica base per Ja sua vita cui, in forme varie da determinare, anche i PO!>Oli delle Americhe e <li origine europea, dell'Australia e <lell'Atrica, pot'l'anno in coordinamento con le loro Madripatrie, recare un utile contributo. ARMANDO RA VAGLIOLI 3

RICORRE da qua.lche tempo un facile equi\'OCO nel ·problema dell'01·• dinamento futuro dei popoli, quale sarà foggiato dai condottieri delle idee nuove nel domani della ricostruzione. Si rischia di confondere Passetto collabòrativo delle piccole e grandi nazioni, indispensabile per il mantenimento di un lungo periodo di pace tra Je società ormai estenuate per l'avvicendarsi delle millenarie contese, con un vogo internazionalismo, concepito da alcuni in buona fede come la tondaziono di una vaga quanto generica fra.tellanza universale, da altri di dubbia rocoomandabilità politica come un ritorno alle utopistiche idealità del so• cialismo marxist.a. Non manca poi qua e là uno scetticismo sovente accentuato sulle possibilità stesse di una collaborazione chiamiamofo cosi, intensiva tra le vari~ Nazioni nell'interesse di un superiore benessere generale. Vari interrogativi, e no~ pochi di grave pondo, vengono posti sovente. Potranno sussistere insieme, in un ordine nuovo potenze contincntalr diverse a tendcn~ za imperialistiica? Non si correrà il pericolo, nell'operare il rivolgimento di situazioni di privilegio arrermat.e da secoli, di cui ora una violenta spinta rivoluzionaria ha scosso le basi) di sostituire ad una gerarchia tradjzionalment~e bacata ed ingiusta un'altra, gerardna altrettanto basata sugli int.eressi singoli di sjngoli popoli? Come potranno, condizioni necessarie di dipcJ.tocnzn ttnche soltanto economica di piccole nazioni dotate di scat·so po- ~°:zialc produtth·o, sussistere compa• tibilmente con un avvio al migliorade~r~ ~f!~i~~zi~"nequ~~lle na~~J:e:!:sse~ della questione sociale, cardini anche questi basilari del la tesi innovatrice deJ corporativismo fascista e mondiale? Domande certo gr8vi; problemi difNOSTRNOAZIONALISMO o /!la,7.;tol/l;alilue1nooidtne 1/l;UlJUO ficili che verranno risolti dalla sensibilità e dall'intelligenza di chi verrà chirunato, direi burOCl'aticarnente per competenza di ufficio, a risol\•erli. Ma ci preme far prosente una esigenza che sentiamo viva e infiammata in noi, un'esigenza che non sapremmo se definire più politica o più mo1·ale, e che ci sembra, almeno in teoria, non cozzare con la realizzazione pt·atica della problematica rivoluzionaria. Intendiamo parlare della necessità da parte di ogni popolo di un nazionalismo convinto, di un nazionalismo ad oltranza. Tale nazionalismo, che a prima \•ista può sembrare in opposizione patente ai principi londamentali della collaborazione e della gerarchia, risultea·à, ad un adeguato esame, essere appunto la molla che · farà via vi,a armonicamente funzionare tutti gli elementi del sistema. In sostanza, la situazione è questa: ci troviamo clavanti a un numero notevole di complessi nazionali, la maggior parte dei quali organizzati in or• dinamenti statuali, che presentano, per naturale e babelica formazione, caratriistiche diverse di mentalità, di e.i• viltà, di potenza demografica. Non diciamo di potenza economica: sia paci• fico che noi concepiamo Ja potenza economica solo in suboi-dinazione di questi altri e.tementi. Tali complessi, qualora abbiano raggiunto una costituzione interna conforme ai principi di un minimo di comprensione sociale e di· coscienza nozionale, saranno altrettante individualità precisate e colorite nel quadro più vasto dell'ordi• namento mondiale. Ognuno di essi potrà oUrire un inconfondibile contributo, che vorremmo chiamare personale, al progresso e successivamente alla civiltà del mondo, Ognuno, muovendosi ed ngendo nella propria sfera, piccola o grande che sia, potrà rendersi utile ed usufruire cosi, attraverso un disciplinato scambio, delle utilità d'altro genere p1·odotte dagli altri stati. C'è un particolare, qui, di somma importanza e di delicatissima risoluzione: quello dato dalla delùnitazione della sfera propria di ogni singolo stato. Si capisce che, fallita questa dcli• mitazione {atta secondo le diverse necessità vitali, il sistema viene a crollare lino dalla base, originandosi in questo modo la ripetizione alternativa cd interminabile dei pluricnn.a1i conflitti d'interesse. Dove, per forzn di situazioni, non si possa a meno di sacrilicare delle rivendicazioni indivi· duali, abbiamo fiducia che un sistema di compensazioni possa ov\•iare agli inconvenienti gravissimi che verrebbero a presentarsi. Certo, molto dc'lla riuscito o della stabilità del nuovo ordine consisterà nel sapere, da parte di tutti, sottostare a quelle rinuncie che si aHermino indispensabili e che d1altra parte non ledano o diminuiscnno l'integrità nazionale degli Stati. Poichè 1 ripetiamo, sarà questa integrità nozionale, potenziata anzi anche nefle Nazioni che nlla guerra soccomberanno, il fulcro di tutta I' organizzazione. Quando una Nazione saprà esattamente quello che de\·e volere, quali limiti la giustizia e non l'arbitrio degli uomini, * Crediamo opportuno, in queste no~ stre note, accennare al discorso che il Ministro Bottai ha pronunciato nel Teatro Comunale di F'irenze, il 27 giugno di fronte alle rappresentanze di tutta la gioventù europea. ·Discorso che vita va conquistata mediante l'ostilit.à impostura. crediamo fondamentale nei riguardi non contro sé stessi. Senza questa lotta Siate veri, giovani. Esser veri sisolo cli noi giovani, ma anche di gran impegnata contro i propri anni, l'etd gnifica esser si stessi. Siate voi stessi parte del dibattito dottrinale che si fn del corpo sommerge l'ctd dello spi· e sarete della vostra Palria. Sia/e della oggi intorno alle più varie concezioni rìto e cancella l'uomo. vostra • Patria e sarete dell'Europa. politiche aggit-antisi nel mondo intero. Molte considerazioni e molti stralci l'uomo è in crisi di « essere •, perNoi abbiamo avuto la fortuna cli ascol- ancora sarebbe necessario operare, sul chè si è abbanclonato a quel sostituto tare a Firenze Ja viva parola del Mi- discorso di Bottai; specialmente là ove dell'essere che è l' « avere », perchè nistro; ma rileggendo il t~sto del di• si p1·ecisano i rapporti tra due ter- vuole avere ciò che non può essere. scorso su Critica Fascista, l'abbiamo mini apparentemente in contrasto, edu• Donde l'ingiustizia. trovato anche più ricco di motivi es- cazione e organizzazione. Nella con- • scnziali, di soluzioni decisive. cezibne Ia~cista, il rapporto è di comw *• t confortante per noi che un def-i- plementarità; infatti l'educazione: Nel n, 1'6 de « il lambello • abbiamo nitivo credo nelle possibilità dei giova- f! sempre un sè negli altri; l'organiz- osservato una pagina dedicnt.a ai prow ni, di più, il vedere nei giovani gli zazione è, invece, gli altri per s~. Se blemi economici dell'agricoltura itaJiauomini nuovi cui la Rivoluzione ha teso i due teoremi sono validi, il primo co- na, e abbiamo letto alcune notevoli 'tutti i 'Suoi migliori srorzi, vengano da rollario- che si può legittimamente enun- considernziQni di docenti universitari. un uomo che la Rivoluzione ha vissuto ciare è che l'organizzazione, in quauto Sopraltutto le parole del prof. Mae combattuto fin dai primi aneliti di tale e solo tale, in quanto non si as• rio Bandini ci sono piaciute, perché essa, e che anche ora è sulle primis- soci strettamente all'educazione, è sem- pregne di avveduto realismo: sime linee: in modo da dim.ostTare pre una mutilazione... Il nuovo or• Necessita affermare - dopo averne una volto per sempre che per giovi• dine questo problema avrà soprattutto la piena consapevolezza - che le condinczza non si deve intendere una se- dinanzi a sè: di non rifiutarsi al «col- zioni di vita dei piccoli affittuari vegnalazione anagrafica, ma un perenne lettivo» e alle sue sempre pili mani/e- neti, esautorati dai canoni d' aflitto, ed inconfondibile dato dello spirito. ste ragioni in campo sociale ed eco- troppo alti per ragioni di serrata con- ··· Non dovendo giustificare u.n pas- nomico, ma, nollo stesso tempo, di correnza, sono misere e inamm_issibili; sato, di cui non sono responsabili, i farvi salve le ragioni della personq. che è del pari inammissibile ed assurgiovani attentano, per istinto, a tutto ciò Abbiamo citati alcuni punti del di- da la situazione che pone i contadini che a loro sembra statuto definitivo scorso, perchè ci sembrano <li interesse dell'agro campano - una delle piU fe• del pensiero e della vita, anche perchè tutto particolare riguardo ai 'problemi lici terre del mondo - tra i pia po• in quello statuto non è iscritta nes- che ci stanno più vicini; tuttavia sia- veri lavoratori italiani. E analogamente suna loro situazione, nessun loro pre- mo incorsi nel pericolo, e forse ca- si può dire per i mezzadri della monstigio. La loro esperienza, l'esperienza duti nell'errore, di dare un'idea ben lagna, per i quali il fat-to di avere propria dei giovani, gli adulti la chia• vaga e frammen~ia della lineare cltia- l'identico contratto di quelli di pia• mano « inesperienza »; e dimenticano rezza di quelle argomentazioni. Per cui nura non vale per niente trarli dalle ch'essa f! partecipazione vigorosa alle consigliamo la lettura del iesto inte- 'condizioni di cronica miseria; per i ple-i cose e non elisione d'esse per un lun- grale, che è1 ripetiamo, nel n. 18 di tatieri siciliani; per i vignaioli delgo e ottuso contallo. « Non diteci, pro- Critica Fascista. Un solo periodo ci l'lstriaj per le mondariso; per i cartestava un giovane, che noi scopria- piace riportare alla f.ine di questo com· bonai e per tani.i altri casi. mo la luna. Certamente i ma la scopri fil- mento, in quanto riailerma contro tutti Si conosce realmente la vita cli quemo, perchi voi non la vedete pitì... ». i dubbiosi quella che è la nostra cer- sta gente? Si ha la consapevolezza dei Ripetiamo ancora una volta, che que• tezza più alta: loro problemi? Si sa come sul serio sto atto cli fiducia ci onora e ci riempie Si leggevano, qualche anno fa, in sia possibile agire nel senso di assicud'orgoglio. Sinceramente, tocca ora a un manifesto della gioventrì ungherese, rare al lavoro di tutte queste figure noi meritarcela e dimostrarcene degni. queste parole: « Noi abbiamo coscien- contadine un 1·cddito familiare mag• E quale potrà esserne il mezzo? L'in• za di poter essere utili all'umanità, giore? tuiz.ione della spirituaUtà più alta, da nella misura in cui siamo ungheresi e Rispondiamo di no a questi interinncstare in ogni azione e in ogni lavoriamo nel quadro ungherese » ... rogativi. E questo malgrado che molte pensiero nostro. La pace che verrà sard la prima persone abbiano simili conoscenze e ponga alle sue aspirazioni, difficilmente i suoi interessi potranno venire a cozzare con nltri contrastanti. 'Il difCicile ~~~à, eap!~n:;n::~::ssi:n:Or:c!~::ti J!i futuri dirigenti a tale convmz1one. Quando il fascismo, cui indubbiamente spelterà insieme con ìl Nazionalsociali· smo questo compito, potrà affermare di averlo razionalmente disimpegnato, sarà la sua più grande vittoria; allora avverrà la significazione più evidente del suo imperialismo, diretto non più solo al conseguimento già nv,•cnuto di una potenza nazionale corrispondente ai valori del • popolo italiano, ma alla instaurazione di una superiore armonia di cui tutti risentiranno il beneficio. Riconoscendo anche alcuni valori, indiscutibili per dimostrazione storica, dei popoli vinti, accentrando e garantendo la personalità di essi come già nell'ordine interno dello Nazione fascista viene accettata e potenziata la personalità creatrice dell'individuo, tutto il com• plesso verrà sempre più arricchito di feconde energie. Vedremo troppo reseo, allora, dicendo che il sistema funzionerà da solo? Che non ci sarà bisogno di egemonie basate sulla forza militare o sull'ultimatum economico, per governare il dinrunismo di una macchina cosi compJessa? Semre scettici, dopo la malaugurata esperienza liberale, di tutti i sistemi che si basano su un'intrinseca autoregolazione, vogliamo questa volta pec• care di ottimismo, ed affermare la no• stra convinzione che in questo caso i frcn.i e gli .stimoli di una direttiva im• periate dovranno essere soprattutto, se non esclusivamente, quelli diretti alla educazione degli uomini e all'evoluzion"é J·ella civiltà; e che il gran corpo cam• minerà spontaneo.niente, pel contributo di tutti i ~uoi organi. GIUSEPPE ZOBOLI Non è certo la prima volta che sulla nostra stampa appaiono richiami all'm·genza assoluta di questi problemi, tanto che potrebbe parere ormni suporCluo continuare a parlarne suJle colonne dei giornali, e quindi in .sede teorica. Noi crediamo invece che sia opportuno deviare sempre l'attenzione degli organi competenti su queste zone ancora vergini dell'intervento sociale fascista, se è \'ero che lo segnalazione periferica e le osservazioni di chi è gerarchicamente subordinato debbono avere il loro valore riella vita. politica del Regime. Insistere, dunQue; insistc1·e Iinchè non si vedo l'inizio di un'attuazione pratica dei <lctVtti di tali esi• genze, in modo che alla pace si arrivi senza che i problemi da risolvere siano in numero esuberante e sgomentante. E se anche, come noi tutti riconosciamo, l'economia di guerra non permelte certo in questo campo delle soluzioni inte• grali, almeno si cominci ad impostare l'organizzazione futura di questi angoli delle società non mai toccati dalla Rivoluzione. Rivoluzione totale: nessuno dovrà rimanere al di fuori di essa 1 nessuno dovrà essere pl'ivo dei suoi benefici. * ** Un nuovo confratello: Signmn, del Gu[ Treviso. Vi abbiamo notato una particolare coerenza, che non sempt•e si manifesta all'inizio di attività del genere. Si ha la sensazione che a Tre~ viso esista un gruppo dotato di molto affiatamento e di molta ch.iarezza d'idee. Il nostro augurio migliore. Altra constatazione interessante: il clima politico in cui vivono quasi tùtti, o almeno i migliori periodici univer• sitori italiani, è quello permeato dall'istanza di una nuova coscienza, di un contenuto morale della Rivoluzione. ·Tutti i nuovi fogli - anche Signum, da cui abbiamo preso le mosse - nascono con questa pregiudicale ben precisa e delineato. .E evidente che tali esigenze spirituali sono divenute cosi potenti che da esse non si può più prescindere. Finora, in via teorica; rimane ora a noi il ({dravissimo impegno cli mostrare andie nella pratica più viva la conseguenza delle nostre azioni alle nostre idee. ... lnfantilitd, borghesismo, sensibi- vera pace nel mondo: si potrà dire molto ,su ciò sia stato scritto. ftfa colitd, sono grezze età del corpo, rima- Patria senza dire odio na.;ionale, si noscenze personali e scritti sono pia sie tali senza attingere i segni dello potrà dire uomo, senza dire scliiavo o frutto di singole iniziatfoe che di coorspirito. I valori dell1infanzia e della padrone; si potrà dire lavoro, senza clinata ricerca e di intimo contatto con giovfoezza, i valori della maturità, i e/ire capitalismo; si potrd dire famiglia la vita rurale; nè, d'altra parte, hanvalori della vecchiaia, vanno ricercati là, senza dire unione nella miseria; si no mai decisamente influito neWazione dove ciascuna di queste epoche diviene potrà dire Europa, senza dire lnghil- concreta e continua, quale si palesa '-o•s-1,_-ie_a _s• _·s_t_•s_•_•_· o g ,,,_· _• P_o_c•--de_1_1a __ t_•_''_•_;_s_i _po_1_,_à_d_;,_•_D_i_o_, s •_n_:a_d_,_·,_• _• •_m_p_,_•_P•_·a_,,_•c_•_s_sa_,_;•_· _ __ _ __ _ _ _____ z_o_n f4ondazione Ruffilli - Forlì

I CITTDAE' LCLOASTA I I N tutti i porti del mondo vi è della gente che passa la sua giornata in dolce oziare lungo le banchlllc. Il mare è uno spettacolo eterno e un eterno richiamo, cui dillicilmcnte si sottrae soprattutto chi ha speso gran part~ della sua vita a navigare. Per questo, almeno nei nostri paesi, il pubblico dei porti è costituito in maggioranza di vecchi e il loro oziare lungo Je rive appare come· un giusto e nostalgico riposo. Non così a Spalato, dove la pic~la folla,. che siede per lunghe ore sui gradini che dalla banchina conducono all'acqua o suJJa colonna d'ormeggio o sulle panchine verniciate di rosso che attorniano Je palme è latta di uomini di tutte Je età e. forse in prevalenza di giovanì. Gente' dall' dspetto trasognato, che pare assorta io pensieri, e non ha Pattitudine di chi si riposi, ma piuttosto quella di chi compia il suo unico e fondamentale lavoro. In genere ciascuno è per suo conto, solitario; ma anche quando tanno gruppi di due o tre persone, non parlano che di rado e a basso. voce. E non è un'impressione che si limiti al porto. Anche nei caffè, frequenti ~ spaziosi, con divani riposanti e grandi vetrate, secondo il costume delJc città austriache, i clienti sono ugualmente assorti e taciturni: se si mettono assieme t: soltanto per giocare lunghe e pa:Gient1 partite di scacchi o di dama, oppure qualche gioco di carte che non richieda troppo impegno cli parole. In altri termini pare che una dolce neghittosità governi le giornate cli questo paese, dove anche i negozi e gli uUici non aprivano al pomeriggio prima delle quattro, qualcuno persino alle cinque, e nessuno mostra di intendere per quale ragione è possibile che altri abbia fretto. L'antico dominio turco si sconta. Per quanto lontano ha lasciato nel sangue di queste popolazioni segni cosi profondi, che neppure j) lungo governo austriaco è stato capace di cancel1are. Tanto è dilCicile sradicare dal cuore dell'uomo la grnta abitudine alla pigrizia. E qui si cUrebbe che ci mettRno veramente tutto l'impegno nell'essere pigri. Del resto le acque che fiottano contro le pietre dei moli cli Spalato sono fomose per il loro tepore: qui l'Adriatico comincia già ad avere il sapore dei mari del levante. Tuttavia è molto probabile che questa non sin se non una prima impressione, che coglie solamente ciò che vi è di più superficiale e coloristico nella vita spalatina. Perché altrove, e nello stesso porto, vi è gente che lavora sodo, come vi è gente che ciarla e si agita con la vivacità e la irrec1uietudine dei veneti o che discute e baratta con la tenacia piena di raggiri dei mercanti levantini. Nella stessa guisa che accanto al morlacco alto, bruno, dalle spalle quadre e dal sorriso aperto come memore di una lontana allegra ferocia, si incontra lo slavo sottile, il tipo biondo, opaco, che guar• da di traverso, con occhio smorto e subdolo e jJ veneto bonario, ma attento, claJla fisionomia cord.iale e chine• cherona, buon mercante e buon navigatore. Insomma è un paese dove sarebbe estremamente diUicile individuare un tipo e un carattere che lo definissero. E più si scende verso il meridione, più questa mistura di razze diventa evidente e caratteristica. Troppi e troppo diversi domini sono passati o con pnce o con guerra, sugli anti• chi Illiri e cinscuno ho lasciato qualche memoria di sè, più o meno evidente, e qualche segno che si è mantenuto più o meno chiaro, nel perpetuo Iluttuare delle popolazioni. E solamente le civiltà superiori, come quella cli Roma o di Venezia, hanno lasciato impronte concrete e inconfondibili, che superano in durala e valore il continuo fondersi dei vari gruppi etnici, impostando un probJema, in cui i conti delle statisti• che, più o meno partigiane, non possono naturalmente tornare. Le chiese, gli edifici civili, le antiche opere di difeso non sono altro se non memoria veneta o latina. Persino i turchi hnnno cretto le loro fortezze non sulla costa, ma nelle gole dei monti. E piace immaginare, non andando forse neppure tanto lontano dal vero 1 che fossero in• dotti a questo da ragioni di indole non strettamente m.ilitare. Comunque, proprio perchè le genti hanno origini e caratteri cosi eterogenei, la supremazia nostra, fondata sugli elementi meno caduchi, appare indiscutibile. Ed era apparsa indiscutibile del resto anche alla vecchia Austria. Il Governo di Vienna, cosi avveduto nel turbare gli equilibri nazionali delle popolazioni soggette, aveva da tempo cont;rapposto, all'italianità di queste città costiere, lo spirito avido di espansione dei suoi prediletti pupilli, gli slavi, favorendo la loro tendenza a spingersi verso il mare e lasciando che si accam- ~=ll~t3ri:{i:~r~n\/e!!:tàci~!d:~e;~st! poco alla volta, negli anni, al peso oscuro di questo assedio senz'armi. Rimaneva, nelle classi colte, con la coscienza della propria superiorità, la speranza in tempi più lieti, ma nnuIragò anche quella quando, crollata l'Austria, vi fu la delusione delle paci. !e11~_1~:,:1;a~~t! 1 cdat!at!s::ii~er:iI;f si: bandonnrc il campo e ripararono in Italia. Oggi qualcuno è tornato e contempla, felice ma attonito, i segni· del suo ventennale congedo. ll quartiere vecchio dj s1alato non è diverso in sostanza per i labirinto avventuroso delle calli e per il vario raggrupparsi delle case dai muri sbilenchi e per il suo tendere irresistibilmente verso il porto, dai quartieri vecchi di tutte le città venete di mare. Ha tuttavia questo di notevole: che è interamente racchiuso entro le mura dell'antico « paJatium » di Diocleziano. E pare che sotto l'insegna del remoto fasto questo agglomerato di vita miserabile sia cresciuto per ironia o per ritorsione, e che le mura quadrate diIendano l'attuale miseria con lo stesso impegno con cui dilcndevano lo splendore della corte imperiale. Questo quartiere però non è solamente una città vecchia o un quartiere povero in senso generico. Come accade nei porti cli mare, l'intrico delle viuzze dà asilo accanto alla povertà a una particolare forma di malavita e a quel fruttuoso genere d'industrio che su di essa può prosperare. E ,·eramcnte tutti i locaJi notturni di $palato, dicono che se ne contasse un numero davvero sproporzionato, si aprivano in queste strade. Maestra la Francia anche in questo per gli Jugoslavi, almeno se si giudiea dai nomi che ancora si possono Fondazione Ruffilli - Forlì NOSTRI GUASTATORI SUL FRONTE RUSSO leggere sulle insegne sopra le porte sbarrate, e inclizio ancora una volta delJ'inlantilc. presunzione, che era forse la più notevole caratteristica di quella singolare m.istura di genti. benico, oltre che a Cattaro e a Pola, l'Austria preparava il suo naviglio per la guerra adriatica. Certamente però le rocce di Sebenico sanno odore cli guerra eia un tempo assai più remoto: testimoni il castello veneto che sovrasta la città e il più arretrato o diruto Iorte mussulmano. Le scorrerie barbaresche e le più casalinghe imprese di quei pirati adriatjci, che ave• vano covo alle foci delJa Narenta, <love\!ano tro\!are un duro osso da rodere Del resto qualcuno di tali ritrovi è rimasto aperto e lo si può visitare, se non per avere un'idea chiara di come si doveva vivere qui, chè troppe e gravi cose sono accadute da queste parti in breve volge.-e di tempo, almeno per ritrovarne qunlche pallida reminiscenza. Il locale nel quale siamo entTati è sotto l'insegna del Moulin Rouge, cancellato, ma visibile. E come l'insegna è piena di sussiego, cosl l'inler-; no è subito paesano: qui non lo ,pumante doveva scorrere a fiumi, mo la grappa e lo sliwovitz e anche quel caldo vino delle rocciose vigne dalmate, che sporca le labbra e Inscio una spessa patina nel bicchiere, e le sbornie erano forse meno eleganti e ralfinate, ma certo più complete e vigorose. Però, a giudicare dall'ambiente, il modo cli divertirsi qui non doveva essere .spensierato. In genere gli slavi mancano di ~eggerezza in queste cose: ci met'tono qualche cosa di eccessivo, di troppo im• pegnativo, che in fondo suggerisce iJnmagini tetre. ' nel porto di Sebenico. Anche a Sebenico, come in tutte le città della costa, lo cosa che prima colpisce arrivando al mare è il candore della pietra. Una luce d'alba. E dà, fin da lontano, un'impressione di estrema lindura. Confermata del resto dalla e{Iettiva pulizia delle strade, delle piazze e dei cortili. Pulizia che riesce tanto più sorprendente, se si con~ Ironta con l'assoluta incuria dei villaggi d1e si incontrano appena ci si avventura appeno un poco verso l'in• terno. Segno anche questo, se ancora ne occorressero, della civiltà superiore che governava la costa e che non potè rimanere interamente sommersa. Sebenico era uno dei più muniti porti militari dell'Austria, durante l'altra guerra. E nell'arrivarvi se ne intendono facilmente le ragioni. La rada spaziosa, capace di contenere un gran numero di navi aJla tonda, è celato dietro due formidabili antemurali cli scoglio. E il passaggio è cosi esiguo tra le rocce, che il pi.roscalo per entrarvi deve ridurre le macchine al minimo. Con un equipaggio meno esperto di questi itinerari, ci sarebbe senza dubbio bisogno del pilota. Nel golfo di Se~ L'incontro più singolare che abbiamo fatto a Sebenico è stato con un prete ortodosso, dai capelli. lunghi sul collo e dGVt at~:;oa:t~e:;:ndr1ascinrsi fotograiare ed ha ocèondisceso subito, con ~:,~~~~o v:~it:~n 5r:~~r~llc~~a!~ l~~ to che ce ne Cossi.mo accorti. Prima di mettersi in posa ho tratto da sotto la tunica un pettinino e si è ravviati con cura i capelli e ln barba. Nell'anelarsene ci ha lasciato il suo indirizzo e ci ho ringraziato, ostentando di parlare italiano chiaramente. Quello che ci è apparso singolare nell'incontro è stata appunto Ja chiara parlata italiano di questo prete serbo. In ciò trovava conferma un fotto di cui fino allora si era avutn soltanto l'intuizione. Qualunque persona di una certa levatura intellettuale che sia discesa dai Balcani verso l'Adriatico, non ha potuto sottrarsi alla fatalità di avvicinarsi alla cultura itaJiana, imparando innanzilutto la lingua. Non certamente per necessità pratiche. A che cosa ovrcbbe dovuto servire, nella sua attività quotidiana, lo conoscenza dell'italiano a questo ministro della religione or• toclossa, che viveva qui tra fedeli uni~ cnmente serbi? La conoscenza dell'italiano deve essergli apparsa come una necessità idealè e proprio per questo più inderogabile. Si può pensare cho non fosse consentito vivere tra le pietre cli Roma e di Venezia, se non a patto cli intendere l'antico e aristocratico linguaggio di questa sponda. Ed è certamente per questo che costoro - come il prete ortodosso e co.mo quel professore serbo che avevamo incontrato qualche giorno prima a Spalato - possiedono un italiano perfetto, ma di sapore lievemente arcaico, letterario, e il Joro discorrere è cosi largamente fiorito di motti latini e di citazioni dantesche. Fl!ANCO VECLIANI 5

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