Nuova Repubblica - anno V - n. 7 - 17 febbraio 1957

(t5ò) nuova repubblica 3 PER UN NUOVOORIENTAMENTO UEI..LAPOLI1'ICAINTERNAZIONALE ATLANTISMO IN CRISI 11 Patto atlantico deve essere utilizzato come un punto d'appoggio e di partenza verso quei paesi che a loro volta si muovono o cercano di muoversi partendo dai rigidi blocchi in cui erano o sono tull' ora inclusi. E' l'unica politica che possa permettere di superare tutti i blocchi e quindi di uscire dalle angustie della situazione attuale di H 25 novembre 1956 a Milano, per inizia– tiva dei « Circolo deita Riforma», si tenne un dibatt.ito d·i politica internazionale,. che fu aperto da_ Ferdina-ndo Vegas, da Vittorio Orilia e da En,zo CoHotti. Di questo importante dibattito « Nuova Repubbricd » dette notizia nel .numero del 25 dicembre 1956. Poichè le tesi esposte in questa occasione ci sono sembrate assai orienta– tive e comunque meritevoli di più ampia circo– Lazione, abbiamo chiesto agli àmici che ne fu– rono in q1iella occ~sione relatori H consenso a ripubbticarne, integralmente i testi nel nostro giornale, consenso che abbiamo ora ricevuto. Nei ringraziarli, ci auguriamo che la pubblicazione delle relazioni possa avviare un ulteriore dibat– tito sulle nÒstre colonne. G LI AVVENIMENTI d. 'Ungheria e d'Egitto presen– tano un aspetto comune ctie ci sembra fonda– mentale: la conferma, cioè, del processo, da tempo in atto', di dislocazione interna· di ciascurio .dei due bloc– chi mondiali contrapposti. Senza insistere in uri paral– lelismo schem,at1co, è sin troppo evidente che i fatti di Ungheria hanno inciso all'interno del sistema sovìetico– comunista, quelli d'Egitto all'interno del ·sistema occi– dentale. Con questa differenza, però: che, mentre l'Un– gheria, bene o rhale che sb, rientra n~lla sfera d'in– fluenza sovietica, per gli accordi di spartizione risalenti all'ultima fase della guerra, -il Medio Oriente, invece, pur tradizionalmente riservato dominio dell'Occidente, è effettivamente una zona disponibile, libera (luindi alla gara tra le grandi potenze (senza per questo escludere, ovviamente, la parte che spetta al diretto interessato, il mondo arabo-musulmano). - Si può dire, in altri. termini, che la rivoluzione un– gherese è un fatto interno al sistema sovietico, benché susceitibiié, insieme alla èrisi polacca, di illteressantissimi sviluppi esterni; la breve guerra d'Egitto, al contrario, C un fatto esterno al sistema occidentale, pur avendo avuto ripercussioni di eccezionale gravità su tale sistema. Ora, venendo a quello che particolarmente c'interessa; urla prima e capitale constatazione s'impone: l'alleanza atlan– tica, che del sistema occidentale è l'espressione massima, non solo organizzati va, è rimasta completamente as– sente di fronte ad ambedue le vicende, d'Ungheria e d'Egitto. Quanto alla prima, lo si può ben comprendere, sia per il motivo anzidetto, che l'Ungheria ricade nella sfera sovietica, sia perché sarebbe stato imprudente in– tervenire in. una situazione così· delicata -proprio da parte del blocco politico-militare antisovietico. Ma l'assenza della NATO dalla crisi egiziana è vera– mente inspiegabile, a meno che non si spieghi troppo facilmente, nel qual caso la· situazione interna dell'al– leanza occidentale rjsulterebbe assai peggiore di quel che non appaia alla superficie. Si può obiettare, è vero, che il trattato istitutivo della NATO non copre il Medio Oriente; ma è non meno vero, prima di tutto, che il Consiglio della NATO si è pure occupato, a suo tempo, della guerra d'Indocina. E non crediamo sia valido trin– cerarsi dietro l'obiezione formale che in' questo caso si trattava di una questione interna ad un membro del– l'alleanza, la ribellione del Viet-minh contro la ·Francfa; il conflitto indocinese, infatti, era una guerra vera e pro– pria, suscettibile di ripercuotersi sull'intera alleanza, che quindi giustamente se ne preoccupava. Dal punto di vista sostanziale, anzi, la spedizione d'Egitto era enorme– mente più pericolosa della guerra d'Indocina, già perchè avveniva in un settore proprio ai margini dell'area del1a NATO; ma soprattutto perché intrapresa da due dei maggiori membri dell'alleanza, la quale tutta poteva esserne coinvolta. La realtà è che Francia e Gran Bretagna hanno agito ignorando la NAT·o, e questa è quindi rimasta compie- · tamente assente, perché la NATO stessa è da tempo in crisi; sicché l'avventura egiziana ha insieme rive– lato la gravità della crisi e l'ha ulteriormente aggra– vat.a. Sino ad un paio d'anni fa, prima èioè dell'inizio della crisi. nessun membro dell'alleanza, neppure gli Stati Uniti, avrebbe concepito una simile azione unila– terale, sia pure in una _regione non coperta dal trattato r_iord-atlantico; appunto pez:ché:, al di là delle c1ausole for– mali del trattato. vale lo spirito animatore, che ne fa lo strumento di un'ampia e generale solidarietà fra i paesi membri. Bisogna dunque concludere che la solidarietà è cessata o, qùanto meno, si è affievolita? Crediamo che parlare di cessazion~ sarebbe esagerato ed erroneo; vi è però una modificazione profonda, che oggi si presenta come attenuazione, dei vincoli della solidarietà atlantica. 1:,'alleanza atlantic:a, insomma, non poteva nori risentire il contraccolpo dell'evoluzione generale della situazione FERDINANDO VEGAS internazionale, come appare evidente ad una breve ana– lisi della storia della NATO, inserita nelle vicende in– fernazionali degli ultimi anni.' E' noto che il Patto atlantico sorse nella fase acuta della « guerra fredda », come una· risposta precauzionale e indispensabi"le del mondo occidentale a que1la ch'era allora indubbiamente una gravissima minaccia sovietica. Ed è pure risaputo che, quando la guerra di Corea, l'anno dopo, portò la tensione al massimo, i paesi aderenti al patto si affrettarono a dotarlo di una stabile organizza– zione militare, che prese sub;to un :-apido e complesso sviluppo. La prima fase di vita della NATO fu indub– biamente espansiva e ascendente, _perché rispondeva ef– fettivamente ad una necessità non artificiosamente esco– gitata da alcuni gruppi dirigenti politici, bèrisì real– mente sentita da vasta parte dell'opinione pubblica dei rispettivi paesi. La controprova è offerta dall'accanimento con cui la combatterono i éomunisti ital !a.nì e francesi, fino alle clamorose dimostrazioni della primavera '52 contro il nuovo comandante supremo Ridgway:, il « ge– nerale peste ». Questa .prima fase della NATO culminò nella IX ses– sione del Consiglio atlantico, tenutasi a Lisbo!1a nel feb– braio '52. Fu allora che vennero fisSati sia gll organi per– manenti deJl'alleanza sia gli obiettivi militari da rag– giungere. Il «· programma di Lisbona » risente chiara– mente di Un'atmosfera ch'era ad un tempo di necessità ·e di euforia;- basti ricordare che prevedeva J'appronta– mente, entro l'anno, di 50 divis10ni è di 4000 aerei. ·E• vero-che allora· era in gestàzione la CED e se ne sperava una pronta realizzazione pratica, col conseguente riarmo tedesCo; ma il semplice buon senso avrebbe dovuto am– monire che la mèta era troppo ambiziosa, fuori di ogni possibilità di concreto raggiùngimento. Tanto è vero che, se Eden metteva in rilievo il « grande messaggio » sca– turito da Lisbona, Le Monde invece scriveva di « un tentativo di,rR~luff che non ha neppure il merito di in– gannare alé;GUò ». L A DIFFICOLTA' essenziale contro cui venivano ad ur– tare progetti ·siffatti era la stessa difficoltà che sin dal– le origini aveva attraversato il cammino della NATO: il contrasto tra le necessità militari e le effettive possibilità economiche dei membri europei dell'alleanza. Su questo punto. non si può negare che l'Italio. abbia assunto posi– zione ed abbia insistito sin dai primi passi del" Patto atlantico. I1 nostro paese, come disse Sforza alla Camera durante i1 dibattito per la ratifica, axeva aderito al Patto perché << senza la politica atlantica noi sai•emmo un po– vero spregiato rottame nel mare delle paure e dei so– spetti internaziohali, guardati con diffidenza da tutti ad Est e ad Ovest>>. E certamente le ragioni addotte dal ministro si possono tenere per valide. dalla garanzia giu– ridica per le frontiere, nella specie l'orientale, all'inse– rimento dell'Italia, appena due anni prima tirmataria del trattato di pace, in una alleanza da pari a pan- con i suoi ex-nemici e vincitori. Quel che più conta, non esisteva allora ijlcuna seria possibilità, per noi, di attestarci su una posizione neutrale; e d'altra parte la maggioranza degli italiani, nella consultazione elettorale del 18 aprile, aveva fatto una chiara scelta in senso occidentale. Si può concludere quindi, su questo punto, che Fltaha non poteva non aderire al Patto atlantico. Ma l'adesione, necessaria per la migliore tutela dei supremi interessi del paese, veniva tuttavia a colpire un altuo interesse, non meno vitale: che l'Italia, appena uscita da una guerra disastrosa e dai primi anni d'un difficile dopoguerra, potess~ avviare la propria ripresa economica e provvedere a fondare la sua stessa sicurezz~ sulla ga– ranzia più solida. il graduale elevamento del tenore d1 vita della grande maggioranza del popolo. Lo sforzo\ingente ri– chiesto dal riarmo ledeva gravemente, è ovvio, questo in– tèresse e rischiava perciò di vanificare qÙalsiasi sicurezza po1itic0-militare si fosse riusciti a raggiungere. Senza elen– care tutti gli interventi compiuti da parte italiana a questo proposito, basterà ricordare come sin dal gennaio '51, in .occasione della visita a Roma del comandante supremo de– signato, generale Eisenhower, i nostri rappresentanti - De Gasperi, Sforza, Pacciardi. Pella - fecero presente la ne– .cessità di equilibrare le spese per il riarmo con gli inve– stimenti di natura sociale, appunto per evitare un abbassa– mento del tenore di vita nazionale ed i conseguenti squi– libri economico-sociali. Questo, che sarà un vero leitmotiv della nostra azione in seno all'alleanza, è stato costantemente accompagnato da un'altra richiesta: che l'alleanza non rimanesse un mero strumento estrinseco' e contingente di· difesa militare, ma evolvesse verso una comunità permanente, f0ndata sugli ideàli e gli ·interessi comuni a tutti i suoi mem'bri. Anche irf questo caso sar'à sufficiente rifarci alla~ fase iniziale, per esempio alle dichiarazioni di De Gasperi quando, nel mar– zo '51, fu ricevuto a Londra dal Consiglio dei sostituti· dichiarazioni secondo le quali l'Italia tendeva a fare del~ l'alleanza la base di « una solidarietà pratica e di una col– laborazione since~a, su tutti i piani». Nella VII sessione del Consiglio atlantico, tenutasi ad Ottawa il successivo settembre, i delegati italiani, De Gasperi e Pella, sosten– nero coerentemente che l'alleanza doveva evolvere, dalle strutture militari, ad una vera e propria comunità allar– gata di-interessi; precisamente, affermarono la necessità di valorizzare l'art. 2 del Patto, come aveva già sostenuto il ministro canadese degli Esteri, Pearson. Le due richieste italiane - equiJibrio tra sforzo mili– tare e possibilità economiche; evoluzione del Patto verso una comunità - erano convergenti; tutt'e due, inoltre, si radicavano in quell'art. 2 che, secondo l'Italia, non doveva essere una mera lustra esornativa, ma doveva invece co– stituire elemento vitale e motore deì. Patto stesso. Realiz– zare le affermazioni teoriche di questo ~rticolo (che le parti contraenti svilupperanno « le condizi0ni atte a ga– rantire la stabilità e il benessere » e « si sforzeranno di eliminare tutti i contrasti nella loro politica economica internazionale ed incoraggeranno la collaborazione eco– nomica reciproca ))) significava ·per l'Italia: ottenere com– .prensione per le sue difficoltà, ma nell'ambito dell'esten– sione e del rafforzamento dei Vincoli atlantici. Il .richia- , mo all'art. 2 suonava insomma, allora, in senso integra– listico e non già come aspirazione ad un allentamento, per diluizione degli scopi, dell'alleanza atlantica. E ' I.~UT_IL~ rifare la lunga storia del ~ome ~ues_ta posi– z10ne 1tahana, comune anche ad altn paesi, dal Cana– dà alla Norvegia, al Belgio ed all'Olanda, non abbia trova– to in pratica accoglimento. I comitati « dei saggi »·o i co– mitati speciali creati per risolvere l'arduo problema del coordinamento tra esigenze militari e possibnità econo– miche hanno studiato, hanno elaborato relazioni; l'unico risultato concreto si può dire essere stato il riconos~i– mento dell'impossibilità per i membri europei dell'al– leanza di sostenere il ritmo intenso che i programmi di riarmo richiedevano. I traguardi fissati a Lisbona si ri– velarono quindi, a dir• poco, troppo ottimistici. Eppure, nonostante l'onere ingente, Je difficoltà economiche dà. sole nop avrebbero !orse rallentato di molto l'adempi- ' mento dei programmi, se non fosse mutata la situazione internazionaJe in cui il Patto atlantico era sortò e si giustificava. Già nel '52 si potevano notare i primi sin– .tomi della distensione, che prese corpo a partire clalla primav_era del '53. · Assai inèerta e oscillante all'inizio, tuttavia la spe– ranza di una rottura della spirale che dalla « guerra fredda>> avrebbe fatalmente condotto alla « guerra _cal– da » era troppo forte per non essere accolta e· coltivata. Si verificò quindi l'eventualità peggipre per il Patto atlan– tico: proprio nel momento in cui esso richiedeva i maggiori sforzi, veniva a mancare la giustificazione stessa dei sa:.. critici inerenti. Non tanto nella realtà delle cose, quanto nell'animo dei popoli chiamati a prolungare e magari aumentare dei sacrifici che cominciavano ad apparire, al contempo, impossibili" e superffui. Era cambiata sol– tanto la tonalità psicologica, ma con ciò veniva meno pro– prio quell'elemento, impalpabile eppure solidissimo, che per l'innanzi aveva impresso slancio e pi·ocurato soste– gno morale all'atlantismo. Nel frattempo, fattore anche questo non trascurabile,' l'attività degli orgariismi miW– tari e politici della NATO si regolarizzava definitiva1. mente, diveniva cioè un meccanismo ottimamente funzio– nante. con tutti i vantaggi inerenti, ma altresì col peri.a. colo di scadere nella quotidiana routine amministrativa. In questi ultimi due anni, in sostanza, si è verift!. cato uno sfasamento tra il sistema dell'alleanza atlan– tica, da un lato. e la realtà internazionale, dall'altro. Questa realtà, fino ai recenti avvenimenti da cui ab– biamo preso le mosse, ha visto svilupparsi l'iniziativa sovietica in un senso ben chiaro: congelamento dellò status quo in Europa, specie riguardo al capitale e per ora irresolubile problema tedesco, e concentramento degli sforzi nella cosidetta << coesistenza competitiva » nel mondo afro-asiatico. li risultato è· stato di far calare completamente la tensione in Europa, favorendo così l'orientamento distensivo dei popoli europei e svuotan– do, in definitiva, il Patto atlantico di buona parte del suo significato. Realizzato per fronteggiare la minaccia sovietica diretta immediatamente contro i paesi europei, il Patto ovviamente scade col venir meno, se non altro in apparenza. di tal.e minaccia; nè, d'altra parte, può mutarsi- in uno strumento idoneo ad agire fuori del...: l'ambiente europeo. I piani che erano stati ventilati i!l questo senso, per avvalersi cioè della NATO ai' fini del– l'assist:!nza economica ai paesi sottosviluppati, non si

RkJQdWJsaXNoZXIy