Nuova Repubblica - anno III - n.28 - 18 settembre 1955

(76) nuova repubblica 3 IN JUGOSLAVIA SCOPERTA DEL LIBERISMO ' t ~.. f1 ~.:: • :.. # • • .. • ·1n Jugoslavia esiste un regime di libera concorrenza che torna a vantaggio del consumatore, perchè contemporaneamente viene· ·it~pedito il· sorgere:·di cartelli, trusts e monopoli. Sul piano politico ci si avvia verso un sistema senza partiti, piut– tosto che verso un regime a partito unico ; gli uomini si distinguono non in base alle ideologie ma ai loro programmi economici. Nessuno si dimostra entusiasta per partito preso, nè si fa mistero del basso tenore di vita della popolazione di FRANCO MORGANTI II L A DOMANDA CHE PIU' SPESSO ci sentiamo rivo!. gere riguarda il tipo e l'atteggiamento mentale dei dirigenti jugoslavi: ci chiedono se sono ridotti a mac– chine parlanti a gettone, se hanno imparato a memoria la le. zione e viit discorrendo. Nella maggior parte dei didgenti, quasi tutti giovani, abbiamo trovato una buona apertura mentale e l'attitudine a considerare con attenzione i fo. nomeni; vi sono slogans di uso comune, ma esprimono sinteticamente ciò che nel paese si sta realmente com– piendo. Vi dicono che « lo stato non è la nazione, ma uno strumento destinato a scomparire», e non mi pare un concetto disprezzabile; così per la politica di « coesistenza attiva > sul piano internazionale e via dicendo. Ma molto spesso di fronte a un problema partico)are sanno dirvi che non se ne intendono e non vorrebbero dire sciocchezze, esattamente il contrario di quella sufficienza con cui pur– troppo spesso i comunisti nostrani guardano alle situa– zioni cbe talora non conoscono affatto e che li ha con– dotti a cullarsi nel più beato !egalitarismo di fabbrica nei rapporti col padronato, nell'illusione che il padrone non faccia questo e quest'altro perché è proibito dalla Costi– tuzione, come se la lotta di classe fosse una scbermaglia di legulei in sede politica o giurisdizionale. Sanno dirvi spesso cbe non sono soddisfatti dei ri– sultati raggiunti e che, se sarà necessario, cambieranno at– teggiamento di fronte ai problemi facendo tesoro delle espe– rienze precedenti, nessuno si dimostra entusiasta per par– tito preso, non fanno mistero del basso tenore di vita, par– ticolarmente al sud, e vi dicono senza veli che il loro è un paese arretrato. Se si può imputare loro qualcosa, è forse l'incapa– cità attuale a valutare le situazioni diverse dalla loro. Di– cono che ognuno fa la propria. esperienza, valida in sé, e spesso cadono nell'errore di criticare le soluzioni adottate da altri paesi che non ricalcano gli schemi loro. Cosi si configurano delle soluzioni alla crisi italiana che altro non sono se non soluzioni jugoslave ai problemi nostri, an– che politici; ma indubbiamente, a parte l'abilità con cui hanno sapnto districarsi in ca.mpo internazionale, un la– voro così intenso sul piano interno non ha permesso una eccessiva maturazione nei rapporti con altri paesi su un piano cli reciproco approfondimento. • I N TERMINI «OCCIDENTALI», avvezzi come siamo . (da non più di dieci anni alle democrazie parlamen– tari, ai sistemi plw·ipartitici, al libero gioco delle idee, il sistema jugoslavo non è cli facile comprensione. Qualche t~mpo fa, rispondendo sulla « Revue de la politique mon– diale » alle domande, forse un po' tendenziose, di un coi·• rispondente italiano dell'ANSA, Edvard Kardelj disse che piuttosto cbe un sistema a partito unico, quello jugoslavo è, o è destinato a diventa1e, un sistema senza partiti. Al libero gioco delle idee si sostituisce il libero gioco dei criteri amministrativi e gli uomini si distinguono non in base all'ideologia professata, ma al programma che inten– dono svolgere: si vuole in questo modo esprimere tutto un atteggiamento critico nei confronti .dei partiti, concepiti come macchine burocratiche, macchine- di idee, macchine elettorali, organizzazioni clientelistiche e nello stesso tempò nei confronti del burocratismo statale di tipo sovietico. Sullo stato deve avere sopravvento la comunità nazio– nale; a significare l'elasticità della loro prassi, anche il partito comunista jugoslavo, dopo il VI Congresso, si è chiamato Lega dei Comunisti jugoslavi (e su 38.000 uni– versitari a Belgrado, soltanto 7.500 sono iscritti alla Lega). Se !;evoluzione del sistema jugoslavo procederà se– ·condo gli auspici dei dirigenti, se le condizioni internazio– nali lo permetteranno come pare lo stiano ·permettendo, a. lungo andare dovrebbe scomparire la figw·a dell'uomo po– litico cli professione, quello insostittùbile o che, sostituito, non è in grado di svolgere altra attività: tutte le presta– zioni dei rappresentanti nell'ambito degli organismi loèa.li , sono retribuite in base alle ore impiegate nell'adempi– mento cli questa funzione (l'esempio tipico è offerto dagli eletti nei Consigli di Fabbrica) ; per il tempo rimanente ciascuno continua a svolgere la propria attività con le proprie normali retribuzioni. Non per nulla è stata abo– lita la « scuola di partito» comunista e sarà sostittùta da qualcosa di sostanzialmente diverso. L'autogoverno nelle fabbriche nel quadro del decentra– mento e il sistema scolastico-educativo sono i dué settori di maggior interesse e,. diciamo pure, più perfezionati di tutta la vita jugoslava. Cercherò di rispondere ai principali interrogativi cbe il lettore potrebbe formulare in proposito, ponendomi per quanto è possibile nello stesso stato d'ani– mo in cui ci trovammo al primo incontro con le mae– stranze di una. fabbrica, la « Ivo Lola ·Ribar » nei pressi di Belgrado. _Questa fabbrica, costruita nel 1!)48 con l'aiuto volon- ZAGABRIA • Pionirskog grada (Città dei pionieri) tario della gioventù locale, ricevette tutti i macchinari ini– ziali in conto 1-:iparazioni dalla ·Germania occidentale: im– pianti e macchinari appartengono alla comunità di fab– brica con possibilità di trasformazioni produttive, senza possibilità di alienazione, quindi, pii, propria;;;'ente, si pos– sono conside1'ar~ appartenenti alla comunità nazionale. La fabbrica è gestita. da un Consiglio di 55 membri eletti in ogni sezione su candidature proposte dagli operai; il Con– siglio elegge a sua volta un Comitato Direttivo di 11 mem– bri con compiti esecutivi, dipendente in tutto dal Consi– glio che ba poteri assoluti. Solo il direttore è persona as– sunta dall'esterno in base a concorso per titoli·: dipende dal Comitato, ma è membro di diritto del/Consiglio. Il piano economico, redatto all'inizio dell'anno di ge– stione, deve attenersi, nella previsione ciel volume d'affari, al piano distrettuale o comunale. Un eventuale amplia– mento della fabbrica o trasformaziÒne della produzione deciso dal Consiglio, deve avere l'approvazione degli or– gani comunali. Gli stipendi, mensili anche per gli operai, sono proporzionati al volume di produzione compiuto da ciascuno; al termine della gestione i profitti vengono di– stribtùti Cra tutti i dipendenti, in parti propoF«ionali agli stipendi. Le necessità di una politica del bilancio sono ridotte, non avendo qui senso un bilancio ad uso fiscale o ad uso creditizio: resta soltanto l'opportunità di ripartire i ri– cavi tenendo conto di un fondo d'ammortamento, di un fondo rischi e degli utili da distribuire. La percentuale del fondo d'ammortamento viene stabilita ogni anno in base a un'analisi dei prezzi di mercato e dell'andamento della moneta; il fondo assistenza medica è stabilito per ogni collettivo dall'autorità- comunale. VERA.MENTE SORPRENDENTE è l'organizzazione dei. corsi di specializzazione: il primo, che porta a una media qualificazione, è aperto a tutti; il secondo, che dà la specializzazione vera e propria, ba durata triennale, men– tre il terzo conduce alla posizione di dirigenti tecnici e permette l'iscrizione all'università. Chi segue i corsi, di quattro ore giornaliere, ne lavora soltanto quattro in fab– brica, ricevendo lo stipendio normale corrispondente a otto ore lavorative. Mi ricordo che Enrico Emanuelli, in un servizio su « La Stampa> cli qualche mese fa, riferiva lo sgomento e l'impreparazione delle maestranze jugoslave di fronte alla pav~ntata possibilità di un deficit al termine della gestione: non è vero. I deficit vengono sottoposti al Consiglio co– munale: se sono gravi il Comune provvede per il GO per cento in modo che venga assicurata, in via sperimentale, la gestione successiva. Ai deficit di lieve entità deve invece pr,vvedere la fabbrica, riducendo gli stipendi: so una fab– bi-ica va male, dicono, la colpa è degli operai che ne sono proprietari, amministratori, dirigenti. Non ci è parso che fossero impreparati di fronte a questo problema e mi permetto di credere che non sia troppo serio pensarlo, per la. sola soddisfazione cli veder crollare un sistema di fronte all'osservazione incredibilmente acuta di un cervello « oc– cidentale>. Gli operai lavorano, amministrano, dirigono e, natu– ralmente, v~ndono i loro prodotti. Già, ma a chi? Su cloo tipo di mercato? Con quali norme? La cosa più singolare è che in Jugoslavia si sta scoprendo il liberismo econo– mico: esiste infatti un regime di libera concorrenza che non può no11 tornare a vantaggio del consumatore, ·non· essendovi possibilità di costituire cartelli, trusts, mono– poli, mentre d'altra parte non può spingere le aziende al suicidio perché profitti ridotti significano paghe ridotte e nessuno se la sente di aCfamare i propri familiari. Tutto quanto s'è detto, per chi ricerca le basi ideolo– giche per una nuova formazione politica in Italia, ed ha a cuore le pagine di un Cattaneo e di un Gramsci, è indubbiamente interessante. e ON TUTTO QUESTO, pare che solo ora ci si accorga del paese vicino. Poteva essere da tempo ed è tuttora, fra l'altro, un mercato utile ai nostri scambi, ma solo da poco, a molti mesi dall'accordo su Trieste, si parla di una linea. aerea Milano-J3elgrado, cli un accordo di frontiera. per gli abitanti l'ex-zona B e qualcos'altro: timidi approcci. Mi pare assolutamente necessario che anzitutto si sta– bilisca tutta una diversa atmosfera cli comprensione fra i due popoli, ma a questo punto c'è sempre qualcuno in– Italia che ricorda soltanto i quaranta giorni di occupa-· zione a Trieste o il fenomeno dei profughi; e a propo– sito di quest'ultimo, varrebbe la pena esaminarli caso per caso, con alla mano gli archivi comunali locali, quelli del PNF e i documenti recentemente pubblicati in J ugosla– via sulla campagna genocida compiuta da\- fascismo in quèlle terre. Ci si farebbe in tal modo un'opinione di[fe. rente, forse meno «nazionale» ma certo meno rettorica di quella espressa quotidianamente dalla provocatoria tra– smissione della RAI che va sotto il nome di « Fratelli giuliani». Succede invece che dopo l'accorcio su Trieste i giorna– listi del settimanale a rotocalco « Epoca » si rechino presso la sede dell'« Unione degli italiani dell'Istria e di Fiumo > per intervistare con molta cortesia i dirigenti. Si crede cambiato il tono dei rapporti italo-jugoslavi, ci si ralle– gra per qualche giorno, poi, uno dopo l'altro, due numeri del settimanale ripetono le solite cose marchiane, le solite ingiurie, le solite fandonie. L'« Unione» svolge un'opera degna di associazionismo, di stampa, di cultura e d'arte a favore degli jugoslavi di lingua italiana. Ha un'origine combattentistica e partigiana e incontra per questo molta considerazione anche nella popolazione croata; forse deve convincersi che l'Italia avvicinabile è quella antifascista e partigiana, che ha la coscienza pulita nei loro con[ronti; e un'opera di diffusione della nostra Resistenza fra la mi– noranza italiana dovrebbe risultare assai utile. Abbiamo lasciato Fiume diretti a Venezia con una gran voglia di anelar d'accorcio e convinti d'aver anche imparato qualcosa. Sul vaporetto in Cana\ Grande una donna additava a nn tmista una casetta: « Vede, quella è la casa doYe abitava D'Annunzio; lì ha scritto il "Not– turno" e h·e giorni dopo partiva per la beffa di Buccari ». Adorabile paese.

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