Nuova Repubblica - anno III - n. 19 - 17 luglio 1955

nuova repubblicà 3 DOPO LA CRISI DEL -GOVERNO REGIONALE SARDO AUTONOMIA SOFFOCATA Se la DC preferisce l'alleanza con chi rappresenta l'antistoria della Sardegna, è affar suo; ma noi dobbiamo dire che con questa essa finisce di rappresentare la Sardegna vera. f missini e più ancora i monarchici si sono comportati come se la nuova formula politica fosse una loro creatura e non, come sembra più probabile, una frettolosa e mise- randa soluzione cli ripiego che la DC poteva evitare concedendo ai "sardisti,, quanto essi chiedevano di RAFFAELLO MARCHI I L CESTO DI PROTESTA e di accusa antigovernativa compiuto il 9 giugno dall'avvocato Alfredo Corl'ias come presidente della Regione è servito, fra l'altro, a l'imoltere in agitazione i problemi di fondo çlell'auto• nomia sarda, che erano stati accantonati in questi sei anni di amministrazione regionale così povera di entrain autonomistico. Non sarebbe però giusto incolpare di questa freddezza e mediocriti, amministrativa i presidenti e as– sesso1·i che hanno accetta.to finora la responsabilità del, governo isolano; fra loro ci sono stati degli uomini che avevano tutte le buone intenzioni di dare al loro lavoro un tono molto serio e molto animato, ci sono stati dei sincel'i autonomisti, come i rappresentan.ti del Partito saJ'CIOd'azione, che lo sono ormai per conformazione men– tale, come parecchi dei democristiani, con l'ex presidente Crespellani e il dott. Masia in testa (i cui nomi non sono riapparsi fra quelli della nuova Giunta, Ticostituita proprio in questi giorni), oltre evidentemente all'avvocato Cor– l'ias che ha dimostrato di esserlo al più alto livello col suo gesto cli ribellione che fu, àppunto, un grande atto di fede ai:tonomistica; e possiamo anche aggiungere che nelle n\edesin1e condizioni in cui essi si sono venuti a trovare, cioè con la scarsa e incerta autorità .ehe ogni giunta ha finora avuto, cli fronte ai poteri centrali e all'impalcatura statalistica stabilita nell'isola, e con gli ancora più incerti strumenti amministrativi su cui han potuto contare, molto diffici Imente altri uomini, sia pure ispirati da ideologie di– verse, avrebbero potuto fare cli più e meglio; avrebbero potuto distribuire differentemente, al massimo, le varie « voci » del misero bilancio regionale, o anche assumere atteggiamenti più decisi e perentori nei riguardi ciel go– verno centrale, ma non per questo sarebbe1·0 mutate di mollo le sorti dell'autonomia e della Sardegna. Le cause di deficienze e d'insufficienze dell'Ente regionale sardo sono varie, e devono essere ricercate in parte nell'isola ma principalmente a Roma e, prima di tutto, nelle stesse ra• gioni generali che hanno impedito finora il pieno sviluppo della vita democratica nazionale e la piena attuazione non solo di uno statuto regionale, ma della stessa Costituzione. Le crisi che scoppiano in Sardegna, e che trovano sol– tanto le occasioni più immediate e meccaniche nelle 1·isse interne ciel partito di maggioranza isolano, non sono che il 1·iflesso cli quella crisi più ampia e più profonda; ed è infanLile, quando non c'è l'intenzio~e cli capovolge,·e le cose per ingannare l'opinione pL1bblica, attribuire a questo o a qnell'uorno, a questa o quella giunta tutti i difetti cli fun– zionamento della Regione, e credere che basti compiere un piccolo atto terapeutico di eliminazione di questo o quel p,·esidente o assessore per risolvere le cose nel miglior modo. Nella sua lettera, anzi nel suo solenne messaggio cli dimissioni, il presidente Conias aveva voluto dire che era in crisi e in pericolo non la sua o un'altra giunta ma lo stesso istituto autonomistico, e che questa crisi dipen• deva da due ragioni fondamentali: prima di tutto « il per– vicace clfaconoscimento dei diritti e delle rivendicazioni della Sardegna da parte cieli' Amministrazione Centrale dello Stato>, e poi anche « l'incosciente azione sabotatrice cli chi considera il mandato elettorale in funzione esclu– siva del soddisfacimento cli personali interessi ». Il mes– saggio indicava in modo preciso e categorico tutte le re– more che si oppongono allo sviluppo della Regione, e fra queste quel grosso ostacolo cli metodo e di costume che consiste nel porre i 1·apporti· fra Stato e Regione « in ter– mini cli favore personale» invece che « in termini di af– fel'mazioni cli diritti». Con questo il presidente sardo toc• cava un altro punto delicato della vita politica sarda ma anche nazionale, che si caratterizza sempre più con un cauto ritorno per le finestre di velleità paternalistiche che c,·eclevamo scacciate definitivamente dalle porte; e in ve– rit,, non mancano gli esempi, in Sardegna, per convin– cersi che le relazioni fra Stato e Regione sono state affi– date finora più al « saper fare> e al « saper chiedere> di q nesto o quel presidente o assessore sardo che a precise norme giuridiche e politiche e più, insomma, alle forme ciel galateo che ai modi indicati dallo Statuto regionale e dalla Costituzione. Ora, maturate meglio, in relazione agli avvenimenti nazionali della settimana scorsa, tali conce– zioni paternali e campanilistiche, tutte le speranze ven– gono poste non nell'attuazione degli impegni costituzionali dello Stato verso la Sardegna, ma nella buona volontà dell'on. Segni che, come Sfl_rclo,dovrebbe 1·icorcla1·si della Sardegna più che non facesse il siciliano on. Scell:ia. Ma non sono molti i sardi che vedono in questa maniera la funzionalità dell'istituto autonomistico: sono soltant.o quelli che non senza ragione' furono chiamati queruli. Ora l'avvocato Corrias non è più né presidente della Regione né consigliere ·nazionale, e finché non lo rive• drcmo al suo posto, nuovamente candida.to ed eletto dal partito di maggioranza, potremo sempre pensare che il s:rado e la qualità di spirito autonomistico che egli rap• Pastori di Orgòsolo (Foto Virgilio Lai) presentava .non sono graditi né al partito cli maggio– ranza né ai governanti di Roma. Lasciando cadere nel silenzio la nobile e un po' ari– stocratica denunzia dell'avvocato Corrias, che· per molte coscienze autonomistiche poteva essere l'evangelico canto ciel gallo, una parte della DC, quella, per ora, vincente, è corsa ai ripari non per fare atto cli contrizione, ma soltanto per provocare tutta una serie di fatti che, chia– mati colpi cli scena e scandali e bombe dalla stampa incli– ponclente sarda, si possono riassumere, c1·onologicamente, in questo modo: invito ai sardisti del Partito sardo d'azione a rientrare nella giunta; elezione ciel nuovo presidente e avvio delle trattative sia verso i sardisti sia verso i mo– narchici; annunzio della moltiplicazione degli assessorati (che per norma statutaria non •possono essere più di 8) e chiasso intorno a questo annunzio; interruzione delle trat– tative coi sardisti e partenza ciel presidente eletto per Roma; ritomo ciel presidente (probabilmente col veto cli Roma sulla questione dei monarchici) e ripresa dei nego– ziati democristiano-sardisti; definitiva e violenta rottura di questi negoziati per dissidi .sui programmi e sulla distri– buzioni degli assessorati; presa di posizione dei tre segre– tari della CISL contro il programma della nuova giunta considerato « il più retrivo di tutti»; presentazione di una giunta monocolore confortata da.Il' « appoggio» dei mo• narchici; rivelazione di intrighi in riferimento alle trat– tattive coi sardisti; sconfessione della nuova giunta da parte dell'on. Crespellani commissario regionale della DC; nuove partenze per Roma e arrivo da Roma ciel vice segretario della DC; minaccia cli dimissioni o dimissioni date da parte di un consigliere regionale dc, compratnesso sulla crisi interna con la conferma fino a questo momento (11 lu– glio) del nuovo presidente e della nuova giunta; discus– sioni, infine, al Consiglio 1·egionale col campo diviso in due· settori: da una parte i dc, i monarchici e i missini, dall'al– tra i sarclisti e le sinistre. EVIDENTEMENTE quella parte della DC che ho indi- cato come vincente ha preso una piega involutiva che ha tutta l'aria di essere uno scivolone verso posizioni che in Sardegna appaiono pii, incaute e più rischiose che altrove. I sardi sono in maggioranza autonomisti e in questa mag– gioranza sono compresi i militanti cli sinistra, i sardisti, gli indipendenti, che sono molti, e la cui opinione è inter• pretata dai due maggiori giornali dell'isola, che sono deci– samente schierati per l'autonomia, per Corrias, contro le soluzioni e i ripieghi di queste ultime settimane. Sui sar– disti si può dire quello che si vuole, ma il loro partito ha sempre rappresentato, con le istanze autonomistiche, ideali democratici, antifascisti, repubblicani. Anche sui democri– stiani si può dire quello che si vuole, ma una parte di loro è autonomista e antifascista. Di fronte a questo schieramento che comprende, con diverse gradazioni, la parte politicamente più evoluta e qualificata della società sarda, sta la minoran7,a degli antiautonomisti per convin– zione, certo, ma anche per deformazione prima cli tutto culturale, i quali (per restare nei limiti dell'argomento) in Sardegna riproducono meccanicamente un prototipo storico ben definito, quello del «collaborazionista~ che in tutti i periodi della vita sarda si accodò agl'invasori, ai vincitori ammantati cli romanità e di regalit,, e ne sor• 1·esse le sovrastl'tltture ufficiali imposte dall' alto e dal– l'esterno, tradendo gl'interessi, i drammi, gli affanni, il costume autoctono della Sardegna reale. Ora, se la DC sarda preferisce l'alleanza con chi rappresenta in un certo senso l'antistoria della Sardegna, è affar suo; ma noi dobbiamo dil'0 che con questo essa finisce di rappresen• tare la Sardegna vera e la Sardegna s1orica. Cel'to è che in questi giorni i 1uissini e più ancora i monarchici si stan– no comportando come se la nuova formula politica fosse una loro creatura e non, come sembra più probabile, una frettolosa e miseranda soluzione di ripiego che la DC po– teva evitare concedendo ai sardisti tutto ciò che chiede· vano, che non era molto. (In data 13 luglio 1955 è stata votata la fiducia alla nuova giunta con 31 voti favorevoli, 27 cont1·ari, 5 astenuti e una scheda nulla. Hanno votato a favore 26 democl'istiani e cinque monarchici; si sono astenuti quattro missini e il presidente • n.d.r.). L'autonomia sarda fu un frutto tardivo della Re– pubblica italiana, e quando nacque portava i segni di un ripiegamento della politica interna dalle posizioni dell'im– mediato dopoguerra alle posizioni del '48 e ciel '40; e del resto la Sardegna non ne aveva fatto quella richiesta in– smreziona.le che a suo tempo caratterizzò l'azione autono• mis"tica siciliana e che avrebbe trovato forse maggior con– siderazione almeno presso i siciliani ciel governo di Roma. Ma nel '4G, essendo- ancora fresco lo spirito della libera• zione, la Consulta nazionale aveva offerto alla Sardegna uno statuto uguale a quello della Sicilia, cioè più catego– l'icamente autonomistico, ed erano stati gli stessi sardi a rifiutarlo. Bisogna dire qui che ai sardi manca in forte mism·a quella facoltà di cogliere le occasioni fuggenti, e quella carica di aggressività che sarebbe stata necessaria in parecchi momenti della loro storia per i'esistere più va• lidamente all'urto degl'invasori esterni o per ricacciarli in mare dopo averli lasciati entrare; e tntta la loro storia è la storia di un popolo sempre illuminato e sempre « inti– mamente» indomito, ma sempre praticamente vinto e sog– giogato. Il fotto è che il sardo è un popolo profondamente pacifìco, anche se· non lo è fino alla remissività, e pro– fondamente legalital'io, nonostante certe apparenze, anche quando le « leggi·» che entrano in gioco non sono leggi codificate dalla giurisprudenza ufficiale; e la sua pasta me11tale e morale è quella stessa che forma i filosofi, an• che se i filosofi non nascono a nidiate perché le necessiti, ·della vita in Sardegna sono più drammatiche che altrove, e li strappano presto alle seduzioni ciel pensiero puro. (continua).

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