Nuova Repubblica - anno I - n. 15 - 5 settembre 1953

delle sue formulazioni ideologiche a schierarsi con Zinoviev e Kamenev, che pure erano da sempre i suoi nemid personali più insidiosi, quelli che più detestava e disprezzava e che a loro volta avevano condotto, due anni pri• ma, la lotta per isolarlo e metterlo al bando. Se avesse portato lino in fondo il ragionamento di Preobrazenski, l'op– posizione di sini.rlra così formatasi (che includeva lo stesso Preobrazenski) si sarebbe dovuta render conto della fal– sità delle· proprie tesi programmatiche, chiedenti contemporaneamente la pro– duzione di maggiori beni strumentali di investimento, per lo sviluppo di una grande industria, e la produzione di più beni di consumo, per l'accresci– mento del salario reale degli operai. L"ansia del ritorno al potere, l'ansia della conquista del partito, annebbiò le teste dei capi dell'opposizione di sini– stra, pure tutti intellettuali, fieri della loro cultura e coerenza dottrinale, e fe. ce loro dire che i soli contadini ricchi, i kulak, sarebbero stati in grado, sol– tanto che il governo sovietico li avesse maggiormente tassati, di fornire l'oc• corrente sia per l'industrializzazione del paese che per l'aumento dei salari operai. Stalin e Bukharin non ebbero molto da stentare per convincere il partito, ch'era certamente impaziente di socialismo, ma aveva l'abitudine di met– tere le parole a confronto con la situa– zione reale, della puerile demagogia che quelle contraddittorie promesse del– la siniJJra contenevano. La lotta si chiu– se così con la sconfitta dell'opposizione, senza colpo ferire. Il partito votò la espulsione degli oppositori, ma succes– sivamente dichiarò di voler riammettere nelle proprie file tutti coloro che si im– pegnavano a non svolgere più opera d'opposizione. Solo Trotski fece capire sul serio che non avrebbe mai capito– lato e fu perciò preso in consegna dalla G.P.U. ed inviato piima nell'As.ia centrale, poi in esilio, in Turchia. Tutti i suoi alleati o compagni, colpiti sol– tanto con l'invio temporaneo in loca– lità distanti dalla capitale, dichiararo– no di voler rientrare nel partito, <1d ogni costo. La democrazia interna nel partito bolscevico si spegneva così sen– za alcun vero e proprio atto di re– pressione violenta, senza alcuno spar• gimento di quel sangue fraterno che oggigior~o si suole associare necessaria. mente alle lotte di successione, in una dittatura. TOGLIATTI CRITICO Su «Rinascila• del luglio 1953, 1'011. Palmiro Toglialli dedico un am• pio discorso al libro di Aldo Gorosci, Storia dei fuorusciti, edito quest'anno dalla roso Later::o. Le critiche di To– gliatti 10110 ta,tto 1wmerou quanto aspre e battono su una critica fonda• mentale: quula storia non è affollo storia. Ora indipendentemente dal giu• di"::io rn quuto li~ro, di cui speriamo poter parlare presto, vorremmo doman• dare all'on. Toglialli se egli ritenga le offese o il vilipendio come leggiadri supporti di ogni sua paludata disamina. « Il povero Aldo Garosci tutto ri• duce a banalità .... quando non esibisce puramente e semplicemente dei falsi». Troppe cose sciocche e bugie grandi e piccine il Cnrosci esporrebbe con sicumera. E si rapisce: « come può essere onesto, nella sua polemica, un anticomunista?». Garosci è « un ob• bedientt propa1andista dell'at1ticomu11i• .rmo », raiion per cu.i o non vede o non capisce o, u vede e capi.set di tratto in tratto, 110n può uprimersi liberamente. Abbiamo capito benissimo: il Ca• rosei.... « per chiari motivi•··· non è riuscito a far storia. E abbiamo pure capito - e liberamente diciamo - che il Toiliatti, per altrettanto chiari moti• ui, non t riuscito a far critica. b o III N oi accettiamo come indiscuti– bile l'azione di una quantità di fattori diversi nel produr– re qualsiasi resultato sociale. Vi so– no campagne passeggere con cui 5i insiste per ottenere questo o quel provvedimento e fine particolare. Ma vi è abbastanza democrazia per– ché ogni tendenza sia equilibrata dall'azione scambievole di altre ten– denze. I mezzi termini presentano aspetti che sono esposti a facili critiche. Ma, confrontata con il fa– natismo generato dalle idee mo– nistiche· quando sono poste in at– to, la media delle tendenze, cioè un movimento che tende al giusto mezzo, è un 1esultato splendido. Tuttavia l'abitudine dell'immagina– zione che ne viene alimentata ren– de più facile di quello che non sarebbe altrimenti idealizzare la si– tuazione in un paese che, come la Russia, tende a una struttura mo- , nolitica. L'« uomo comune» può esser sì comune, ma per questa ra– gione stabilisce un certo equilibrio che è una maggior salvaguardia per la democrazia di quello che potrebbe essere qualunque legge speciale, anche se scritta nella Co– stituzione. La morale di tutto questo non è una glorificazione sciocca del me– todo empirico, pluralistico e prag– matico. Al contrario, la lezione che se ne dc:ve trarre è l'importanza delle idee e di una pluralità di idee usate nell'attività sperimenta– le come ipotesi operanti. L'empi– rismo sciocco fornisce la possibi– lità di manipolazioni nascoste die– tro le quinte. Infatti mentre si ri• tiene di star seguendo delle diret– tive politiche di buon senso, nel significato più onesto della parola, può accadere che se non si regoli l'osservazione delle condizioni per mezzo di idee generali, si finisca per esser presi per il naso da orga– nismi che sostengono di essere de– mocratici, ma la cui attività tappre– seota un sovvertimento della liber– tà. Questo è un avvertimento di carattere generale che, trasferito io parole concrete, deve renderci pru• denti nei riguardi di coloro che parlano volubilmente del « modo di viver~ americano », dopo aver identificato l'americanismo con una politica partigiana a sostegno di reconditi fini economici. Il marxismo e la na• tura umana Dato che il marxismo è stato preso come esempio di una teoria di uniformità che si basa su fat– tori « obiettivi » ambientali, stacca– ti dalla loro inter-azione con i fat– tori della natura umana, per finire si dirà qualcosa a proposito del fatto che vengono ignorate le qua– lità umane. Infatti questo è in contraddizione con l'affermazione fatta talvolta che l'essenza del mar– xi,mo, almeno come dottrina pra– tica, sia l'appello al motivo del– l'interesse individuale. Questa af– fermazione è fatta sotto forma di accusa da parte dei non marxisti, mentre talvolta compare in quelli cl1e si dichiarano testi marxisti. Ma effettivamente equivale quasi a ca– povolgere l'effettiva dottrina mar– xista, quella cioè secondo cui l'uni– ca forza causale è data d1lle forze di produzione. Infatti, secondo que– sta opinione, tutti i fattori della natura umana sono modellati <lai di fuori da forze « materialiste », cioè economiche. Dare una validità NUOVA REPUBBLICA 7 PAGINE DI CULTURA CONTEMPORANEA ECONOMIR TOT ffLIT ffRiff E DEMOCRff Zlff indipendente a un elemento della natura umana avrebbe costituito, dal punto di vista marxista, una ricaduta nel tipo idealista della teoria che il marxismo voleva di– st1uggerc. Una forma di critica molto più giusta sarebbe notare che il mar– xismo trascura sistematicamente ogni aspetto della natura umana come fattore efficiente, salvo nella forma che è stata precedentemente determinata dallo stato delle forze produttive. Pretendendo di sostituì- . re i socialismi utopistici, il marxi– smo mette da parte le considera– zioni psicologiche oltre quelle mo– rali. Se la teoria sia poi in realtà in grado di rispondere a tale pre– tesa - senza di cui il suo « mate– rialismo » è privo di significato -– è un'altra faccenda. Infatti sembre– rebbe che almeno certi bisogni e certi appetiti organici fossero ne– cessari per mettere in moto le « for– ze della produzione ». Ma se si ammettono tali fattori bio-psicoio– gici, allora essi devono agire in scambievoli relazioni con i fatto– ri « esterni » e non vi è un punto speciale nel quale si può stabilire che cessi la loro attività. La questione che viene cosl ad esser toccata ha un valo, e pratKo oltre che teorico. Si prenda, I er esempio, la questione delle classi e della coscienza di classe, l'ultrma delle quali è una condizione ricJ,!e•• sta in modo imperativo dalla teo– ria marxista. Secondo il marxismo ortodosso la coscienza di classe :icl proletariato è generata dal fatto che lo stato delle forze economi– che rappresentalo -:!ali~p~oduzione di fabbrica su larga scala lega stret– tamente fra loro i salariati, con poche o nessuna relazione diretta con i datori di lavoro, come acca– deva, per esempio, nelle officine quando erano usati gli strumenti manuali. Condizioni materiali di– stinguono quindi le classi econo– miche e mettono in rilievo il con– Aitto di interessi che esiste fra da– tori di lavoro e lavoratori, insie– me alla comunità di interessi, se ·pure soltanto nella miseria, che col– lega insieme questi ultimi. Ora, se si osservano le cose, vi è un innegabile elemento di verità in questa posizione, specialmente in contrasto con la favorita esortazio– ne giornalistica che non vi può essere conAitto fra «Capitale» e «Lavoro», dato che dipendono l'uno dall'altro. Ma i fatti cl1even– gono coinvolti nell'osservazione non sono d'accordo con la teoria finale. La formazione di una clas– se, e specialmente di una coscienza di classe, dipende dall'azione di fattori pisicologici che non vengo– no ricordati e che la teoria esclude. Il fatto è che Marx, e ogni mar– xista dopo di lui, presume incon– sciamente l'esistenza e l'azione di fattori nella costituzione della na– tura umana che devono cooperare con le condizioni «esterne» eco– nomiche o « materiali » a produrre ciò che realmente avviene. L'espii· cito riconoscimento di tali fattori darebbe alla teoria una tendenza pratica diversa. Avrebbe posto le cose su cui batte specialmente Marx in una prospettiva diversa. Pare che sia accaduto che Marx ~tesso in– consciamente abbia ripreso la psi– cologia corrente del suo tempo, ca• povolgendo oltre a Hegel anche la psicologia ottimistica del liberali– smo del laissez-f aire. Un ape1to riconoscimento dei fattori psicolo– gici provoca l'introduzione di va– lori e di giudizi di valore in una di JOBN DEWEY teoria del movimento sociale, come è dimostrato in seguito. Una teoria monolitica dell'azio– ne sociale e della causalità sociale tende a avere una risposta beli' e fatta ai problemi che si presentano. Il carattere g~ossolano di tale ri– sposta previene l'esame critico e la discriminazione dei fatti parti– colari toccati dal problema effet– tivo. Di conseguenza, prescrive una forma di attività pratica buona per tutti e per nessuno, che alla fine introduce nuove difficoltà. Pro– pongo come esempio due ordini di fatti che hanno esercitato un! grande inAuenza nella storia del– l'U.R.S.S.. Secondo la teoria, i membri della classe agricola, in quanto posseggono della terra, ap– partengono alla borghesia, e sia pure a quella parte di essa che si chiama « piccola borghesia». Sol– tanto gli operai di fabbrica rac, colti in città appartengono al pro– letariato. Teoricamente quindi esi– ste lotta di classe fra i lavoratori urbani e la maggior parte della po– polazione agricola. Ci si trova di fronte a un vero problema psico– logico e politico quando si vuol mettere questi due gruppi di esseri umani insieme per una comune azione sociale. Ma il carattere gros– solanamente monistico della pre– messa teoretica impedisce di esa– minare il problema come un pro– blema. r; stato stabilito in anticipo che il conAitto di classe è di tale natura che il successo del movi– mento rivoluzionario è legato al predominio dei salariati cittadini sulla popolazione rurale. Tutti quelli cl1e hanno seguìto la storia russa sanno che un problema già difficile è stato tremendamente esa– cerbato dall'accettazione di questo principio assoluto, nonostante la considerevole elasticità di Lenin, nell'applicarlo. L'altro esempio è fornito dal problema se sia possibile edificare il socialismo in un paese solo in un tempo in cui lo stato delle for– ze della produzione è internazio– nale. Qui di nuovo si presenta un difficile problema relativamente ai mezzi da adottare per metter d' ac– cordo la politica interna con quella estera. La teoria del tutto o nul– la portò in Russia a una completa rottura, con la formazione di due fazioni completamente ostili entro l'originario partito comunista. Ne– goziati, compromessi ed elabora– zione di una politica fondata sullo-" studio delle condizioni effettive fu– rono in anticipo esclusi. Anche quando fu abbandonato il mar– xismo ortodosso originario nello sforzo di edificare il socialismo in un paese solo - politica in favore della quale si può dir molto in base a elementi pratici - doveva ancora provarsi cl1e tale politica fosse l'unica autorizzata dalla teo– ria del tutto o nulla, cl1e non può « tollerare opinioni incòmpatibili » a causa del carattere « scientifico » della sua dottrina. Il modo più ef– ficace per provare questo punto fu quello di tacciare di traditori e contro-rivoluzionari tutti quelli che avevano un punto di vista diverso. r; strano che la teoria che ha fatto più rumore e ha avuto di più la pretesa di avere un fonda– mento scientifico debba esser quel– la che ha violato più sistematica– mente ogni principio di metodo scientifico. Quello che si può im– parare da tale contraddizione è l'al– leanza potenziale fra il metodo scientifico e democratico e la ne– cessità di usare tale potenzialità nelle tecniche legislative e ammini– strative. r; proprio della scienza non tanto tollerare quanto gradire la di– versità di opinioni, proprio perché sostiene che l'indagine fa pesare la prova dei fatti osservati sul rag– giungimento del consenso relati– vamente alle conclusioni e anche allora serve a mantenere la con– clusione suscettibile di cambiamenti in base a quello che venga accerta– to e reso pubblico da indagini ul– teriori. Nçn pretendo che alcuna democrazia esistente abbia mai fatto un uso completo e adeguato del metodo scientifico per decidere la sua politica, ma la libertà di inda– gine, la tolleranza delle opinioni -liverse, la libertà di comunicazio– ae, la diffusione di ciò che viene scoperto fra tutti gli individui, in quanto ultimi consumatori intel– lettuali, sono caratteristiche del me– todo democratico come di quello scientifico. Quando la democrazia riconosce apertamente l'esistenza di problemi e la necessità di esami– narli come problemi, come suo mo– tivo di orgoglio, relega i gruppi politici che si vantano di ammet– tere opinioni incompatibili all'oscu– rità che è già il destino di tali grup– pi nella scienza. (Da « Lib,rtà e cultura • d'immi– t1e11te pubblica::ione prnso La Nuova llalia Editrice).

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