Nuova Repubblica - anno I - n. 15 - 5 settembre 1953

6 A. c. Russia al bivio 1) La successione di Lenin 2) L'opera di Stalin 3) I problemi di oggi LA SUCCESSIONE DILENIN 1 1 primo luogo comune di cui con– viene sbarazzarsi se si vuole capi• re qualche cosa degli eventi che si verificano attualmente in Russia, è quello dell'analogia fra la lotta per la successione, prodottasi dopo la morte di Lenin, e quella scatenata dalla scom– parsa di Stalin. S'intende che i collaboratori e di– scepoli di Lenin erano uomini in carne ed ossa quanto quelli di Stalin, animati dai medesimi sentimenti san– guigni - ambizione, gelosia, passio– ni, rivalità - che formano il tempe– ramento degli attuali successori. Ma questo si può dire, legittimamente, di tutti gli uomini, di ogni nazionalità e posizione, perlomeno da alcuni mil– lenni a questa parte. Forse che i suc– cessori di Bismarck e di Roosevelt, tanto per citare uomini di stato che per un trentennio o un ventennio han– no esercitato il dominio incontrastato sulla politica dei loro rispettivi paesi. non erano uomini di quella stess:i rosta? Forse che ignoravano l'ambi– zione, la gelosia, le passioni, le riva– I 11:ì?Le loro memorie sono lì a docu– mentare come si lascia~sero invece gui– dare, soprattutto, da siffatti sentimen.– ti. Per di più, si può persino scor– gere un'analogia tra la situazione in– ternazionale della Germania alla fine dell'Ottocento e quella dell'America del Nord nel 1945. L'una e l'altra si trovarono ad essere la maggior po– tenza esistente, per il prestigio di vit– torie conseguite, per mezzi militari ac– t'umulati, per il dinamismo di una grande industria in pieno, fiducioso sviluppo. Ma l'una e l'altra avevano di fronte a sé, chiaramente ostili, altri imperi, in grado di minacciarle mortal– mente, sicché compiti immensi atten– devano i successori del cancelliere co– me del presidente, onori e oneri tali da eccitare ed esaltare le ambizioni ter– rene. Queste si sono sfogate, infatti, in odi e intrighi che ormai sono ben noti, ma lungo direttrici diverse. In Germania, chiunque volesse governare indipendentemente dai mutevoli capric– ri del Kaiser, chiunque volesse svol– gere una politica estera coerente, dove– \·a rivendicare l'eredità di Bismarck d1e minacciava di andare a picco; do: ,·e,·a proporsi di restaurarla. Di fatto, non ci riuscì nessuno e la potente armatissima na\'e della Germania im– periale andò alla deriva nel 1914. Ne– gli Stati Uniti, la condizione preli– minare del l'esercizio del potere è, da tre o quattro anni a questa parte, il ripudio esplicito, formale della politica internazionale di Roosevelt, coperta di ingiurie infamanti. (Invece, in poli– tica interna, l'azione di Bismarck fu capovolta al momento stesso delle sue dimissioni, e non fu mai rivalutata, mentre l'operato economico-sociale di Roosevelt non è stato ancora seria– mente intaccato). Presumere, comun– que, che i successori di Roosevelt an- dranno incontro, in tampo internazio– nale, allo stesso destino di quelli di Bismarck, come afferma qualche gior• nale comunista, sarebbe certo arbitra• rio. Non ne sappiamo nulla e l'ana– logia non ci è di alcon soccorso. Ma ciò vale altresì per l'analogia tra il de– stino dei successori di Lenin e quelli dei successori di Stalin, anche se sono pur sempre i capi del medesimo paese e del medesimo partito. Nel 1924 la Russia era un paese non soltanto industrialmente assai ar– retrato, ma anche militarmente debo– le, sconfitto qualche anno prima per– sino da quella piccola potenza che era la Polonia di Pilsudski. Si ricorda che, nel 1923, in connessione con i moti rivoluzionari di Germania, si mo– bilitò segretamente l'esercito rosso, ma nessuno, neppure l'internazionalista Trotski, che era allora a •capo delle forze armate sovietiche, osò proporre il passaggio da questa platonica ma– nifestazione di solidarietà all'intervento attivo in favore dei comunisti tede– schi. Si sapeva benissimo che la ri– stretta Reichswehr di Versaglia avreb– be potuto aver ragione dell'esercito sovietico, sicché, se mai, si carezzava l'ipotesi di un'alleanza con la Rei– chswehr stessa, ove quest? avesse ri– pudiato i limiti impostile dal Trat tato, nella resistenza ai francesi che occupavano la Ruhr. Non se ne fece poi nulla, sia per la riluttanza delle classi dominanti tedesche, sia perché a Mosca stessa ci si rese conto che, mentre la Russia co~unista non era NUOVA REPUBBLICA tempo di respiro costituito dalla N.E.P., le questioni di politica eco- nomica interna non avevano trovato alcuna sistemazione soddisfacente e. in proposito, i nodi venivano al pet• tine ogni anno, cdn ogni raccolto· nuovo, che riponeva il problema dello fornitura di cereali alle città, con le responsabilità dell'acquirente accentr,– te nel governo bolscevico, mentre i venditori erano decine di milioni d1 contadini riluttanti ad ogni disciplin..1 all'infuori di quella del tornaconto i~– dividuale. L'uomo da cui tutti si aspettav,100 . che avrebbe dato sfogo alle sue am– bizioni di potere, e che ne avrebhe avuto i mezzi, per la sua forte e orgogliosa personalità di ideologo del!~ rivoluzione, grande oratore, trascin:t– tore di folle, organizzatore dell'e•er– ito rosso, nonché per il seguito di c, .i godeva, larghissimo, tra gli uffi• :iali e gli intellettuali, ma anche tra i ceti minuti di Mosca, senza par– lare dei comunisti esteri, era Trotski. Però Trotski stesso ha narrato più tardi come - ritenendo che i suoi ri~ vali avrebbero portato alla rovina I• causa del socialismo internazionale, con cui egli, non senza superbia, si identificava, e pur sapendo in che mo– do si sarebbe potuto colpirli - non avesse voluto muoversi, perché aveva compreso che le condizioni obbiettive, interne ed estere, erano tutte contro di lui. Egli non credeva nella soluzione di alcun problema vitale, all'infuori della rivoluzione proletaria internazionale, Trotski sul letto di morte in grado di minacciare l'Occidente, d'al– tro canto la Francia, che si preoccu– pava solo delle cose tedesche, e l'In– ghilterra, che era tornata al concetto insulare del divide et impera, per non parlare degli Stati Uniti isolazionisti, non pensavano più seriamente a mi– nacciare ancora il paese dei Soviet e si erano sinceramente rassegnati alla sua esistenza. In verità, come Lenin stesso aveva previsto sin dal 1921, il periodo attivo dell'azione sovietica internazionale si era, quanto meno temporaneamente, chiuso, specie in Occidente (per la Cina, Lenin volle nutrire speranza, di nient'affatto prossima realizzazione però), e si era chiuso con il naufrag)o delle illusioni di rivoluzione prole• taria europea, ma insieme con il rag– giungimento di una tranquilla coesi– stenza di fatto della Russia sovietica con il resto del mondo: il capo del bol– scevismo aveva cercato di comperarla, non fosse che provvisoriamente, con la firma della dura e umiliante pace cli Brest, ma subito dopo essa venne cal– pestata dall'intervento degli imperi stranieri nella guerra civile russa e di conseguenza, per lunghi e san– guinosi anni, era parso utopia auspi– carla ancora. Viçeversa, nonqstant~ il la sola capace di mettere a disposi– zio'!.e della costruzione del socialismo le forze produttive dei grandi paesi industriali più progrediti. Per sua di– sgrazia,. in quel periodo di tempo la situazione internazionale in genere, e quella dell'Occidente industrializza– to in ispecie, non consentivano insur- . tezioni operaie vittoriose e il popolo russo, compresavi la maggioranza dei comunisti russi, era già stanca di idea– listiche, ascetiche attese della palinge– nesi mondiale: preferiva pensare, an– che in modo assai prosaico, ai fatti suoi. A questo riguardo, Trotski si era inibito di assumere una posizione rea– listica, quale moltissimi di lui speravano quando in un primo momento, nel 1923, aveva reclamato un « corso nuovo », genericamente più democratico. Si chiuse perciò, per due anni, che ri• sultarono fatali a lui e decisivi per il partito e per il paese, in un silenzio orgoglioso. Uno dei sui luogotenenti, Preobrazenski, formulò invece, a titolo personale, un programma di sviluppo economico, degno di discussione e che suscitò in effetti molto scalpore. Mal– grado l'arretratezza della Russia e il ritardo della rivoluzione mondiale, si poteva, stando a Preobrazenski, costrui– re il socialismo, ma si era costretti a Stalin, Rykov e Kamenev farlo con i metodi con i quali il capi– talismo aveva estorto i mezzi dell'indu– strializzazione all'economia agricola in– digena e ai paesi coloniali, con il pro– cedimento cioè che Marx aveva reso celebre, definendolo come acmm11/azio- 11eprimiti,,a. Obbligando le campagne a cedere a buon mercato i propri pro– dotti, in cambio di prodotti sopravalu– tati dell'industria cittadina, il governo sovietico avrebbe potuto industrializza• re e socializzare la Russia. Questo programma duro e austero non era certo fornito della virtù del– la popolarità. Nulla sembrava presagire che dovesse adottarlo chi voleva ripor– tare la vittoria assoluta nella lotta per la successione di Lenin. Messosi in di– sparte Trotski, i capi che l'avevano iso– lato, Zinoviev e Kamenev (il presidente della Terza Internazionale e il membro più autorevole del governo sovietico), Stalin, Rykov e Bukharin (il segretario generale del partito comunista del• l'U.R.S.S., il presidente del Consiglio dei commissari del popolo, e il teorico più popolare del bolscevismo}, si trova– rono faccia a faccia nella contesa per il potere. A posteriori è facile dire - generalizzando - che, data la logica della dittatura e l'ambizione sfrenata di alcuni dei protagonisti, l'epilogo cruento, sanguinoso, era fatale, così co– me era stato fatale che, al culmine del Terrore, la rivoluzione francese fatta– si dittatoriale divorasse i suoi figli. Ma proprio questo paragone, tirato in ballo da tutti a cominciare da Trot– ski, rivela la superficialità di quella generalizzazione. Robespierre e Saint• Just fecero ghigliottinare Vergniaud, Danton, Desmoulins, Hébert e furono a loro volta mandati alla ghigliottina da Barrère e Tallien, quando la Fran– cia si trovava in guerra con le forze soverchianti di tutta l'Europa. Il sen– so del pericolo estremo rese frenetici i giacobini e produsse ed esasperò il Terrore, non soltanto contro i realisti e i moderati ma anche nella lotta inter– na fra le fazioni repubblicane più de– cise. Scomparso o notevolmente scema– to il pericolo, il Terrore si placò e nel– la sua interezza non ricomparve mai più nei successivi tre quarti di seco– lo che ci vollero per la vittoria defini– tiva del programma politico e sociale della rivoluzione, malgrado le ditta• ture del primo e del terzo Bonaparte, l'ascesa e la caduta di due monarchie oligarchiche, la vittoria della plebe sulle barricate di tre insurrezioni e la sua sconfitta in altre due. La Russia bolscevica generò un terrore non meno cruento di quello francese, nella lotta contro i propri avversari, ma nessuna delle fazioni interne del comunismo fu in quell'occasione colpita. Finché la guerra civile rivoluzionaria era in atto, il bolscevismo non divorò neanche uno dei suoi figli. Anche nella lotta per la successione di Lenin, nessuno fece ricorso al terrore. Essa fu com– battuta non con l'appello alla lanter– na o alla ghigliottina, ma con la con– trapposizione, in regolari assemblee di partito, di un programma politico ad un altro, anzi di un programma di politica economica ad un altro. Nes– suno voleva saperne, inizialmente, del programma più estremo, che era quel– lo di Preobrazenski. Siccome la lotta si svolgeva nel partito, nel cui comi– tato centrale che prescriveva la politi– ca che i dicasteri governativi poi ese– guivano, i seguaci di Stalin, Rykov e Bukharin erano in maggioranza, Zi– noviev e Kamenev dovevano giusti– ficare la loro opposizione con la richie– sta di una politica diversa da quella della N.E.P., adottata ancora da Lenin. Sapevano che l'avanguardia del partito avrebbe desiderato la liquidazione delle remore della N.E.P. e il passaggio alla costruzione di una grande indu– stria socialista, e sapevano anche che gli operai cittadini. sui quali il potere sovietico si reggeva, attendevano con impazienza, acuita da anni di priva– zioni, l'aumento reale dei loro salari. Accoppiarono perciò queste due riven• dicazioni, senza pensare alla loro in– conçiliahilità. Essendosi verificata in quel mentre, seppure su una piatta– forma interamente nazionalistica, ma con la promessa di una possibile al– leanza con l'U.R.R.S.S., la prima gran– de ondata della rivoluzione popolare cinese, che a suo giudizio Stalin e Bukharin sottovalutavano e sciupava– no, Trotski stimò di poter rientrare utilmente nell'arena della lotta interna di partito. Avendo precedentemente assunto una posizione più a 1i11iJ1ra 1 più orgogliosamente 1ocialiJ1a, di ogni altra, si trovò costretto dalla logica

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