la Fiera Letteraria - XII - n. 41 - 13 ottobre 1957

MAGNOLIE AP AZZA INDIPENDENZ \ * ,•acconto cli GllJSl!.PPE TEDESCHI < E aspettami finché non il giorno che l'incontrai. più presto le a nei mandato \"ia Nomentana. quello di Pietra. P3squalì cosi e \'C· ,·errò> - mi ,·eni,·a an- mannaggia. Anzi la notte. qualche soldo? Piazza Prati e tanti altri ro che io e te diventeremo cora gridand.o dietro - Che se non l'avessi incon- Ormai erano tre mesi che dove a turno passavo le mie ,•eri amici>. e farò del mio meglio ad trato. qualche giorno di più ero .a .Roma ,e tutto mi ri- nottate. Mi sembravano co- Intanto si camminava :~Wamru~tu~lr ra ~ma~~ ~uiÌ~~~ ;~[t~g!t1!i~,rr::t t~~ ~b~a~~-an~~n~~~;s~1r: sta~ ;u 0 fc \~~he la le sp~u?;~~n~ :a \ 0 ~r~~~:;::~::;10 l sr;;li~ do. Pasquali: nell3 sala ,·at-a. Be' ormai è fatta. Do- zione Termini. come dissi curve. Vi ho dormito abbn.- pietre. che affaccia sul corridoio po questo colpo però non e mamma mia• Ja prima se- stanza comodamente. per la e Quelle S<'arpe te le devi che conduce alle laziali. Li mi vedi più Pietro mio. ra che dormivo lontano da verità. . togliere. Pasquali. Nel me- ~ia~e"it piùmf~~ ;!ssge~l~~~ :i~~f~n~~~~an a1-ac:~r; 1 ~ea;~~ ~d!~tar::~~ ~ua~o~e ffn~re\~ fe~lt~ 1 ~r~ 11 aa pii::z~a I~di: ~ 1 :1r:ss~::\1i~nils~i. eh~~r:1~ Hai capito. Pasqualì • - e che guardare più la stazio- settemila lire_ che ave,·o. pendenza. Era dan,ero mol- titelo bene in testa. Aspetta. veniva ancora gridando al- ne per tutte le pene che ci Dopo che finii i soldi e in to comoda. con delle curve fermiamoci un poco. qui. tre notiz.ie che fo però ho passato. Poidomani è attesa che qualche barbiere adatte proprio al mio cor- in que~to buio, vediamo se ascoltavo senza fermarmi rultìmo .giorno mio 'e dopo da cui già mi ero presenta- po lun~o e magro ed era ti vanno bene queste scar: essendo già state stabilite in can~ice bianco voglio tor- to con gli attrezzi: il rasoio. anche riparata da un albero pe. Vieni, vie'>. per almeno sette volte e nare in una bella bottega il pettine d'osso bianco. la di magnolie. Avevo pen~ato Accoccolato al buio apri concordate nei particolari dove a .Natale scriverò su macchinetta per le sfu_ma~u- che anche in caso di p1og. la va,ligia. rovistò. ficcò le più minuti. , tut:i gli specchi con la re e anche l'allume. m1 ch1a- gìa le moltissìme foglie mani da tutte le parti e ti- c Dovrò decidermi e la- schiuma del sapone Auguri masse, mi adattavo a porta- avrebbero trattenuto l'acqua. rò fuori un bellissimo paio sciarlo• - ~nsai. e Buone Feste•· re le ceste e i carretti ~i Erano più di ,·enti giorni di scarpe. Dovevano essere e E' megho che mi ri- Questi propositi li >tvrei mercati rionali di via Satri- che conducevo questa vita. molto leggere. ~ritt:i~:t~~;~\ b:rcbj~:~e~ 0 È ~fe\~/~~m~f~te~~,!i :~~! ~Y• tla:Z~ ~ft~~rii. a":t~~~~~ ~~est~n 3 pa~~t\~a pd~pr~~az!~ sqJ~~~it~i~~e!~arscJ:r~f;e pjt che davvero-davvero che continuare per molto quella vo sempre .qualche ,;oldo e Indipendenza riparata dalle nezza. Doveva essere un dovrò -passare Ja mia vita a vita. Una volta o l'altra sa- della frutta. Anche ?er d~r- magnolie mentre ~ià ?re11r gran signore questo. E hai fare l'aiuto-ladro. E sono rei finito male. in un modo mire avevo trovato la via. de,•o sonno ed ero tutto rat- visto che vestiti e che èa– iià troppi pure tre mesi, o nell'altro. E che volevo E~a_quella dei giar~ini pub- trappito per il fre~do. mi mice e? che roba. Beati loro. sono. Mi ci sono trovato ma fare leggere a mamma che bhct e delle panchine. sento scuotere energ1camen- va. Come li vanno. come ti ora basta. Voglio ritorna~ ero andato a finire i~ galera Con~~cevo tu.tti i giardin! t~ e mi sento dire: ~ Ah qui vanno. Pasquali. ili sembri nUa mia vita: barba, capelli, per avere rubato valige alla pubbhc1 orma_1: quello .d1 s1 dorme e~. Famtm vedere un altro aoh. E mo· che fai, schampoo. friz.ione, sfuma- stazione quando le scrivevo Pi.azza Vittorio: _il ~t;llo: i documenti. va•· eh no. e quelle le devi but– ture basse, alte. ).lannaggia che già lavoravo e che al Villa Borghese. 1 g1ardm1 di II cuore mi batteva forte. ta. Ma che te le volevi te- ~------------------------------,· ;;em:;;o ~~~to.g~!~dfa~dr~i n~r: P/:s;!~~fd~aA n~~s~~=: cerco nelle tasche. Gli dò la lizzi allora. ma non realiz. tessera.. zi che qua col mestiere no· e E che fai qui•· mi dice. stra la roba vecchia si deve rigirando la tessera nelle buttare. sì. buttare>. GRANO mani e se sei di Grotta in A malincuore mi decisi a provincia di Avellino?•· buttare le mie vecchie scar- ROSSO * c Be' ma io sono bar- pe. Riprendemmo il cam– biere ... Ho qui pure il ra- mino. . S?io e la macchinetta. eeco- e La senti la differenza. h ... Sono venuto a Roma ... Pasquali? La s,ent.i la leg. a Gr ?t.ta non c'era. lav~ro. gerezz.a. con quelle mi sem. Ho fm1to. le setter:1111~lirf:. bravi un soldato del 15-18 •· Racconto di OSVALDO GUIDO PAGUNI Domenlco Passalacqua era un po' che lavorava alla eaccaia quando la moglie entrò nel granaio rossa come un tacchino. - Che hai? - le chiese. - Niente ... - rispose d'un fiato, lei, e Ieee finta di voler dare una mano nel riporre gli ultimi sacchi sparpagliali a terra. Ma Domenico Passalacqua conosceva sua moglie e quel niente smozzicato tra i denti sapeva cosa 6ignificasse. - Stupida! - fece, rivolgendosi alla donna e le dette una gomitata al fianco come per dirle che faceva male a pren~ dersela tanto. Lei. con quei suoi occhi puntuti e ci· sposi, chinandosi sui sacchi 11 esaminò e ne portò via uno. Rimasto solo, lui avreb· be disfatto il lavoro, bestemmiando. Da quando, in paese, s'era sparsa la voce che fosse iettatore, Domenico Passalac– qua non aveva avuto più pace. e Bestie, sono, bestie e bestie!... • finiva col gridare, talvolta, perchè quelli di fuori lo sentissero. Ma la gente non cam· biava e quando le vicine facevano inten· dere alla moglie che Si tenevano lontane per la f-accenda della iettatut"8, lei tor– nava dentro, sbattendo la porta In faccia a chiunque, rossa come un tacchino. Quel viso stravolto, ;>er lui, era una col– tellata e poichè gU faceva male dava alla 6Ua voce un tono aspro, duro, per convin– cere la moglie che a lui di quelle fantasie poco gliene import.ava. Tcrmìnato che ebbe il 6\.10Javoro, usci nel cortile. Avrebbe dovuto ripulire anche la colombaia, ma perdeva gusto a tutto, di giorno ih giorno. S'era appena seduto sulla stecconata intorno all'arnia, con un piede penzoloni e l'altro e schiacciare un pugno di formiche rosse, che la mo· i:lie riapparve sull'uscio. - Ancora H cascamorto fa quel ma· lacarne!. .. Tu devi pensarci a tua figlia! Stavolta, Domenico Passalacqua senti il sangue alla testa, agli occhl. Balzò in piedi come se le formiche l'avessero morso. Gli aveva parlato a quel poco di buono senza arte nè parte, e quello, per tutta risposta, niente... Come se lui avesse scherzato, insomma, e quell,a gallina di sua figlia a non capire che era per il suo bene. Chissà cosa gli era passato per il capo ora che, svelto, si avviava verso casa. Gli uomini che sbucavano a cavallo, dietro gli ulivi della mulattiera, gli vo· ciarono dopo aver fischiato alla maniera dei caprari. Lui non li aveva sentiti, pri– ma. preso com'era dall'idea di quel ba· stardo che continuava a fare il casca· morto con la figlia e quando si fu voltato, quelli a cavallo senza complimenti gli dissero che il padrone lo vole,·a ìn paese. Domenico Passalacqua si sbiancò in viso come se gli avessero dato i sacra– menti nell'ultima ora della sua vita. - Lo sapevo, lo sapevo che finiva così!... - andav~ ripetendo, mentTe gli uomini a cavallo si allontanavano senza essersi fermati a prendere la risposta. La moglie non capì niente e con quei suoi occhi cispoSi continuò a guardarlo dalla soglia dapprima muta e poi, ostile, a ripetergli che se a ~ua figlia non ci pen· sava lui, quel malacarne l'avrebbe com· binata ... - Tua figlia. tua figlia!. .. - diceva. con una voce che si era fatta cattiva. E lui, che non ci pensava più alla figlia, ripeteva: e Lo sapevo, lo sapevo ... >, Lei tirò dentro le galline e sbattè nuo· vamente la porta. · Il padrone s·era andato scaldando e Do- Lavoro 31 mercati . nona h. Effettivamente quelle scar- menico Passalacqua non sapeva che dire. :iàpe~\ 0 h:ev~s~ob~~l~~~a';;;i. bfd:~anno~t,!:~~ssi::e~modi A~b~ v~~~t~ 3 :ass~:e ~~~r:..:_. mormorò lo s~mo barbiere ....•·. camoscio. Seguivano tutte le , M1 guardava e n~1rava la pìe~he del piede. Erano Domenico - La roba, con la grazia di tessera tra le mam. marrone con jtrandi punti Dio... - e ~la h~i. tutti gli occhi torno-torno. - Nessuno la vorrà! - 1'inlerruppe 11 r<:JSSJ • m1 interruppe e hai Me le guardai e dissi padrone. - E per te, per colpa tua! ... - p1an\o. eh•· . , t • e non c'è imale •· Né il padrone stava a dire che colpa . e~<>?· ho pianto. oo. Be Si giunse nei pressi del av~sse Domenjco PassaJacqua. né queSli si. cosi.:. E,. che S<?no ve- Verano che 1?ià conoscevo g!H!lo chiedeva perchè lo upeva. La pa· nuto cosi ali improvv1~0. Non per esserci :-tata anche a rola e iettatura> la scansavano come 6e ho portato neanche 11 cap- dormire una r.era che capi. fosse una bomba che poteva scoppiare 11 pollo. ~I-a qui ~otto que st e tai da quelle-- parti. Ci si dentro solo a pronunciarla. magnolie non :-;I st a male. ficcò i-n un vicolo e si so- - Il paese è p!eno cosi... - e con le Que!-t~ fo~he, .. •· . . stò dinanzi ad una porta raz.- dita rifece il gesto. r~~ ~=roquPa.~i~af~ Tl!~lc:;~! Àad ~~ tr;;~f~a13i dJieftrr~scr~ _ Cosi! - ripetè Domenico, senza ca· di G~otta ~n p~ovmc1a d1 porta si apri. Si 3 rracciò una pire che dicesse Avelln:10. ~on h porl? ,al donna grassa. sorridente e - Si. 61, cosi... - fece adirandosi, li Comm1ssanato ~a s.e !1 , e- simpatica. padrone, convinto che Domenico n~n ci dono altre guardie li c1 por credesse. - E siccome con le carte siamo teran~o. E n~n ti fare piÙ e A~ finalment~ >, dice; in regola. quest'anno flnisce la tua mez- trovare sulle panchine. Fila, e e chi è quello, dt •· zadria. Santo cristiano. che cl posso fare? và e ricordati che 6C ti ri- e Siate .calm_a, sera Mar. Dimmelo... trovo ti faccio H foJtliO di 13 •· (a Piet','0. e se st a con A Domenico quelle parole erano ca· ,•ia. e t1 rispedisco a Grotta. me è ui:i amico. no. Aspetta eh ,. Pasquali. n?n te ne andare. dute 6Ul capo duramente, allche 6e quel e O Dio> pensai • .;iste- sce~do ~ub1to ,. discorso se l'aspettava e anche 6e quel mandomi la giacca e av. R1mas1 . solo su. quella e santo cristiano• voleva alleggerirle di viandomi per andar via e e strada buia e fuori mnno; peso. • mo' dove vado se neppure Pensavo a tll;ltO c.iò ,che n11 - Domani vengo in campagna ... - fece sulle panchine e nei ~ior- era su_cce~so rn mezzora. La il padrone, chiudendo il discorso. E Do· dinf posso più stare? ,. guardia. 11 ladro. le scarpe :~~.ico capi che nQn c'era più niente da , di: ~Ts~i 18 \~~d~in;r~a !s~=~: ".u~~~ una ~ec!na di minu- Era quasi sull'uscio. '. vando forse - mi diressi ti. la µorta s• riapre e esce - Facessi almeno qualcosa! ... Si potreb· verso ·,ia dei Mille <'On il P.ietro. A_veva sotto Il brac· be vedere, che 60 io.. Una prova cl vuole, pròposito di sparire al niù cio un pic_colo fagotto. d . h I prC$lO dalla sua vista. e Sapessi. che ro1?a.. P3;- una prova per 1mostrare e c non se··· e Mamma mia •· pensai s~ualmo mio. O.a m1!1onar1: - Che volete che faccia, se m'haimo per tutto quel -tempo ti d_ico. D~1e ~ah~e piene d1 messo in croce. Voi dite che io sono ... - e Ehi. pst. S?iovane, pst. ogni_ $"ra~1.ad.1 ~10 •. Quattro e 'Domenico qui si interruppe -, già. qua. sono io•· sentii fare da vestili. pm d1. d1ec.1 camit;e, quello che voi sa\)ete e che tutti sanno, qualche parte molto V:cina pullover. map:he. b1an~her1a. ma non è vero, credetemi. E' voce di a me. Era uno sconosciuto Che _rob.a.aoh. Eh. eh! tant~ malelingue. Non è mai successo nulla. che si rivoif!:eva a me. na- e chi "!ente. t;aro mio. B~ Sono un uomo onorato, lo. e ho fatto il costo ·n ur porton \li Pasquali. veniamo a no_1. soldato... !\",;iC'in~. qu~nto, t devo dare per 1I Il padrone scoppiò a ridere e Domenico e Ho visto tutto•· mi dic:e. la,-~{1 °·•· capil che aver !atto il soldato non c'entra- ~E~.s~tt_at1;1os~a 53 l:à ~~~~~~ : Aih·•,n~ ,con te debbo va con l'altra faccenda né con l'onore che tu sei proprio di quelli fa_re t~tto 1_0. ya bene. va. - Ma se fossi come dicono ... - riprese tondi-tondi. Si v<?de. va. T1 d,ò,11 paio d1 sca;pe, una subito - non ci sarebbe un cane a volere Avrebbe dovuto ,e.:tere ,ne. cam_1c1a ch_e ho ql!1 dentro mia figlia. Vedete, padrone. c'è un ga- in·rebbe dovuto. e proprio - tlè mettitela s~b1to e but- lantuomo della Tardaria che giusto Ieri stasera. poi vedevi che bel· ta quella che hai che _èzoz- mi ha chiesto la ragazza e lo sì, gU ho la Epifania. Be' senti. e en- za_ e Pl.1zzoler:-te- e cinque. detto, perchè è uomo che non crede a tra no. senti: tu stai al ,·er- null:! lire. Tt va bene_. ra- quelle fandonie e a cas2 può 'lletterci de e si \'ede ma ; 0 ti -tarò squa. Eh n<?,me lo de~1 dire. piede qualcosa e poi •i aiuterò se me. lo devi. non de_v1stare 11 padrone s'era messo 3 pensare. Poi. tu orn aiuti me. Vedi queste là impalato 3 non dire man- I due valiJ?e? Tu mi aiuti 'i co ui:ia parola•. . . l'indomani. quando spuntò in campagna portarle in un certo posto e ~ S1, .va bene> r1~pos1 e con i cani che gli abbaiavano torno torno io ti tratterò bene e Poi ti gu~rda1 un arco. d1 luna al calesse. trovò Domenico che l'aspettava dirò un sacco di cose e ti chiara che appar1ya lenta. da un pezzo Scesf: dal calessC' fTesco co· spie~herò come dovrai f.are !11ent€ fllummò d1 sge!""bo me una mela colta da poco. 3 non dormire più sulle I letti che crearono un ?m: - Vossh• benedica - disse la donna, panchine e sotto le magno- bra dentata sulle pare~1 ~1 che per l'occasione s'era tolta le caccole lie di Piazza Indipendenza. fronte 9~esta h!na m1 r_1- dagli occhi e la figlia era rimasta dietrC' Ci stai? E fidati. no. Fidati cardò ali 1mprovv1so le m1_e ruscio a guardare. e \.·edrai ~mante .:ose faremo case_ paesan· lontanE e st- - Bene. bene!... - E. tutt'intorno. 11 pa· ini::ieme. \llora n'aiuti Sì? lenziose . • drone guardava il grano da mietere. - Te Allora andiamo. prendi que- Era quas! 1 al~a. E:ra!1o le la ridò la terra. certo. Quelle che corrono sta. Sss. aspetta. fammi ve- quatt~o. _Mi tolsi I~ .giacca. in giro sono davvero fantasie e, o prima dere se passa qualcuno. Ec- buttai ". 13 f 13. camicia che O poi, è qui che la gente deve venire 3 CO, forza. esci. Sss. di qua. averf. e m t 31 . quella ~UOVl_l comperare. a i;:~?·1!e~~\Tdi;· inconsa- n/,;, lf~=~Pi~~~o~n s1gnon- Domenìco ,Passalacqua a momenti non pe,·olmente. Tutto quel di- ~ Eh•· ri~pos1 10 e abboz. credeva d'esser nato, d'avere una moglie. scorso mi a,·eva stordito. Lo za1 un s~rriso rasseg_nato .. una figlia. le galline, tanto non gli sem· seg-ui\'O. e Andiamo. va•_. d1ss~ P~e- brarn. vero che il padrone parlasse cosi. e Dobbiamo arri,·are 3 5. tro: e ora la ~taz1one e r1a- co~ ~~~~;;a~~~ie ~~ti~;·e q~ll~. c~:tt:Ì Lor_enzo. sai. E' vicin~. ve- ~rt~~ .~ss1amo ri"'posarc1 animo, guardò la moglie che aveva sbat· ~~:~·o 11 !~n ,.f:~~~ 1 ~:t Lf 0 è _Mi \'Ol.ta.i a guarda_re la tuto in faccia la porta a chi le parlava tutto pronto. Anche la zup- mia camicia _bulta!a m un di iettatura e che in cuor suo forse ci pa per te sarà pronta. ve- angolo. Pensai a mia ma~re drai Poi ti spiegherò. Come .' c.~e lf:: ne pare>, r1~0- credeva. ti chiami?•· mmc10 P1etr~: _e eh mie~ Anche stavolta la. donna non capì. e Pasqualino•· risposi. rf!ale.. eh. Og:ni ~mqu_e o se! - Dammi il fucile ... - di e il pa· e ).Ji sei simpatico. Pa- 1 g.1orn1 un ~aio. dt v~ilp:e e ~1 drone. · · squali. :edrai che anche iolt1ra avanti. Non e_ meglio Il padrone non l'aveva mai guardato Lu.i era fatto cosi: pagava regolarmen- lo sarò a te. :\li sei simpati- fhe anda)~ ad_dp.mire ~ott? con occhi di traverso, ma, ora, mentre te le tasse, ma !n campagna faceva il co· co perché sei di po~he P~- p~n~=~i/eeh ~- iazza nd1. andava su e giù per la stanza, muto e modaccio suo. Se voleva 6parare un colpo, ro_le. !n q_uestC?m.est1eracc10 e Be' ma io ho fatto sem- p ensieroso, di tanto in tanto gli dava anche a caccia chiusa. lo facevafìnflschian· md_101lAls:lenz10. e .dda_vvepropre il barbiere> azzardai un·occhi 3 ta fredda. dosene di tutti. e Mortacci di ame, sono oro.. tento. a1 p1~ 1. a_- e Già. come se io aveSsi - Eh! Domenico, Domenico ... - co· quelli della legge - ripeteva -; con squa!1. Questi. cani zozzt: fatto sempre il ladro nelle quattro soldi me li compero. tutli! ». E Sentt Pasqua~• a me .mi ;tazioni. ).fa lo sai o no mi n ciò. la sera tornava a casa con il carniere serve un s?c 1~· _un .amico, che io se aVessi avuto vo. Domenico Passatacqua intuiva ciò che pieno. uno_ che m1 aiuti., Fmo. ad glia di studiare a quest'ora avesse da commiserare, il padrone, e ab· Domenico era appena arrivato con il oggi non ~e .~o a, uto b1so- sarei ragioniere? Invece a bassava la testa con un convulso dondolio fucile che qualcosa frullò nell'aria e il ~o perche se. trattato sol<? scuola non ci andavo mai e come per dire che anche a lui faceva male, padrone Si voltò d1 scatto. d1 q~alche vahjE:lta. ma qu! non ho combinato più nien- quella faccenda... _ Dà qua ... _ E svelto cercò di pren· ora .11 1.avoro i::; mgrossa ?.1 te. ).1a lasciamo stare. va >. - li paese è pieno cosi. .. - e e-on le der la mira. , ~ommci~no pa ar:e rs; piu La Stazione Termini co- dita dopo averle unite, il padrone voleva Un istante. Non s·era accorto che la m _g:a~ e. rdP[ 10 pa ortr" minciavi. a movimentarsi dire' che non c'era un cane ormai che n_a 11 . a man a 0 · ~squa 1 Se~uivo Pietro. Entrammo non lo sapesse. ~~r~afl~n~=~~~a sotto i piedi, a pelo di \ edrat. La fortuna dtco. pu- ln una sala d'aspetto. - Ma che ci posso lare, io?!... - gemette Ora che Domenico era sceso giù: - re P;.r ~e•· . Pasq r., e Sdraiat" là•· mi fece D omenico. - E poi, non è vero, lo e ~ o,·e sei . u~ 1 · •· Pietro; e io mi metto qua. Padrone, padrone!... - ansimava, ma e D1 Grotta•· nspos1. più ,·icino alla porta. Fino gi~~-· so santo cristiano, lo so... E' che quello con filo di sangue che dalla tem- e Di Grotta dove?•· alle sei possiamo dormire , pia colava caldo a fiotti sul grano. mac- e Di· Grotta in provincia Alle sei veniono per le pulì. gli altri non ci credono. E se devo ven· chiandolo di rosso, non rispondeva. Lo di Avellino•· risP9si. zi~. AllE: sei _diamo' un'oc. dere la roba nessuno vuol saperne, nes· scosse più d'una volta. Niente. Domenico e Siamo paesani allora. ch1ata a1 treni•. suoo vuol venire in campagna. e II car Passalacqua alla fine aprì le braccia... Pure io sono meridionale. e Se lo sapessero a Grot. bonchio alle bestie spunta, se a nd iamo da Non seppe mai capire se fosse stata Io sono sardo. di Iglesias e t~. mam~a mia. _che invet;e quell'uomo•• mi ripetono e se ne vanno una disgrazia O qualcos'altro... ,·edrai che tra paesani si d1 fare li barbiere faccio e la roba mi sta sullo stomaco e io le tro,·a tempre l'accordo•· il .ladro•· pensai. sdraiando. carte, quando arrivano, devo pagarle... OSVALDO G. PAliL;\J e Io mi chiamo Pietro e m, sulla panca. L-----------------------------~ come è vero che mi chiamo Gl SEPPE TEDESCIU Domc11ira 13 ollobrr 1957 Antonio Amore: « ficurc • RENZO LAURANO presenta: Poesie cli RAFFAELE CROVl e LAMBERTO PlGNOTTl RAFFAELE CROVI è nato il 24 aprile 1924 a Pa– derno Dugnano (Milano). Vici.Ssitudini diverse lo con– dussero a vivere, dall'infanzia alla prima g,iov,nezza, in un paese di contadini sull' Appen,ùno emihano, a Cala E' del poeta che qui si vuol dire. Circa il narratore, (Regoto Emilia). proprio quest'anno, per il romanzo inedito e li carne– vale,. (premio Del Duca 1957) di già si espresse una giuria dalla poca agitazione e tradizionalmente fine nel. la ricognizione e -nella. scoperta; chè, se non si erra, tornano aUa mente a quel proposito i nomi di Bo, .Mon– tale, Zavattini. Ma il poeta, intanto, cosi ci scriveva: u Mio padre è stato contadino e venditore ambulante: di questi lati della. tnografia, anche la mia poesia ri– sente. Essendo essa stessa, un po', un racconto biog,ra– fico. U suo tono cordiale è sincero: proprio come i miei alti con il prossimo. Benchè !a sua forma di confes· sione sia poi il fruuo di un giudizio antico per cui credo ad una poesìa più comunicativa e per nulla in· tellettualistica. Nella vita ho 1ribolato: praticamente ora, v1ve-ndo nell'ambiente letterario ,nllanese, ho fin.al ... 111e111e ,notivi di f.Oddisfaz-1one. Il m.10 stesso lavoro in una casa editrice è più un'occasione di piacere che di fatica. Anche la cilld Milano, mi piace: perchè ha un suo pudore. E rni pare che proprio il pudore sia la mag– uiore difesa che ha l'uomo•· ,LA CASA DELL'JNFAN– i:JA (Schwarz Mtlano, J9Si), quella di Cola, è anche trn avvio, nel!~ poesia delle ultime generazioni, per un discorso che 11 Crovi potrebbe benissimo sostenere sui piano della realtà det sentimenti. Vi coglie, in/alti, e J)One l'appicco della sua vita, mediante una ~arnm~– morazlorie con scena candida, tanto che non sa riusci– rebbe davvero a elevar dubbi su eventuali impacci di cerèbro, o, d'altra. parie, su possibili emozionali super• chierte di rappresentazione. li pesto e l'azione, con suggestiva misura, spesso 1ac. clono lasciandoci soltanto, sug,g,erita, la plastica o della loro incombenza o della loro morale E come poi, questa buona disposizione, sia nient'af– fatto estranea a sottraui. al naturale della muslca, pure si veda. Con minore calore di urgenti travamenti nel racconto, di Roberto Ro~rsi e di Francesco Leonetti, e con minore trepidazione psichica che in Giorgio Soa– vi o in Giorgio Orelli o in Mauimo Vecchi., o in Giu– li~no Gramigna o in Renato Giorda, e con minori irra– diazioni dalla t1Cantafavola» che m Pier Paolo PasoUm. e ancora con attenuale quelle quasi fisiologiche scosse che si hanno da Umberto Beilintani e da Alda Merini (e ciò, sempre per tentare qualche riferimento e anche se ognu.no d'essi è molto approssimativo), potrebbe 111- vece, Raffaele Crovi, in questo momento della gl~vane poesia postbellica, ?sprimue, .:ome ci sembra eg,h f_ac• eia nel racconto in un orecchio, le confessione an1tca, ve;econda, e :he <1on per questo puè .. iuscln meno suadente. Crovi sembra che 11ella sua !onfesslone ti porti fuori mano Ma è pe, avvicinarti l_d love .sem• brava che da tanfo li avesu atteso pateticamente con i suoi ben calibrati memorlaU Lavora, da qualche anno, con Vittorlni neUc sedt milanes, di Einaudi Lo si è letto o lo si leg,g,~ in quotidian~ e riviste (e 1, Popolo di MIiano • e La nolle > e Il Reste je. Carlino•• « L'Avvenir~ d'Italia)) •La Giustizia, lL'Ordinu e e per la buona bocca.• ~tteraria. nel r Raccog,Utore •, r: Mulino•• e Galleria•, .- Nuova corrente•.:. Ssempl~ fì.chiamo, qui, da e La casa dell'adolescenza>, e specie dalle poesie at1.cora inedite che ci ha fallo conoscere. LAMBERTO PIGNOTTI è nato nel 1926 a 7'irenze dove risiede. E' laurealo in ,cienze ~conomiche, ma non sappiamo fino a qual segno le abbia in seguito cu· rate poco, farse punto. Ma. s'intende che questa suppa. si.zione nostra. potrebbe anche essere smentita da que• sto eventuale cultore e praticante d'economia. Certo intanto si è che SJCNIFJCARE (Leonardi, Bologna, 1957) non è tuttavia. un'economica raccolta di poesie per la paesi.a, come in questo caso avrebbe dovuto pur essere. Perchè,. e non se l'abbia a male it Pignottl, dal. la poesia vorrebbe un po' troppo e Ho cercato di co– municare con 11 letlore usando nella misura del pos– sibile la parola in sensc oggettivo e mirando alla fun– zionalità di una poesia (cosi dall'c Introduzione•) scon– fì.nabile dal significate restrittiv<' di Urica.-. E e nelle mie composizioni emerge a tratti un'innata irriverenza verso la ooesiCI ,·onvenzionalmen' intesr come pri· vilegio,. Noi saremmo invece di tutt'altra convinzione: quella dei poeta nascitur, magari come si viene al mondo ciott1 o strabici, ma che poesia altro non voglia. E il Pignotti, invece. a dirci che: e il dlstacce, dalla prima persona, dall'io ?gocentrico, non pe:· 1.u. jistac,;o :lall4 realtd ma al contrarlo per elevarla al ruolo di protagonista• è proprio quello che più gll sta a cuore. Quesia I" ""teta del r:- significare• che la .ooesia dovrebbe aver., . Da questo t•elleitario verismo ~ di pensiero•. che dovrebbe allora essere buono per tutti, e da questa cro– ciala contro quanto è più gelosamente autonomo nella poesia, e -:ioè contro la sua ,çtessa nascita irrzionate e da ciò privilegiata, e contro la <:ua. stessa conseguente condotta. come testimonianza di visione e non di tentata razionale veduta a puntino nè realistica nè inteltettua– list.ica, non si saprebbe proprio, almeno a nostro giudi. zio, fino a dove ci si potrebbe condurre nel giustiziare la poesia e nel non renderle giustizia. Ma, alla pagina, a ciò che conta, teorie del trattatista o meno, ci si è incontrati' con un poeta. Poichè, dove il Pignotti più si svincofo da! rigidamente impegnati suoi sillogismi e piuttosto s'accorda con una innata, an– che fiduciosamente audaci nelle. .collaborazione del let– tore, associazione delle idei e del gioco o urto dei loro contrari, il poeta e valid< si afferma E soprattutto, se mediante una specie di immaginismo che s'attua 1n quei suoi momen1· o stat. di perplessità. allarchè ~gli ambisce a esser, lucidamente rivelatore più che non del «reale,, di quelle, che potrebb essere. e in ciò non di rado vi riescE (e proprie bene) f" si tratta allora di un immaginismc che è anch, sotur, e tutto mosso, da una acutamentt sentita ~ plausibtli.ssi.ma urgenza del poeta a • significarsi a Chè. queste doveva essere il ti– tolo della raccolta Fu modificato poi, dal partito preso, nell'oggettivo e significare.-; anche se il poeta ci dirà, e in questa ragion.e non gli si può dar torto, che: e signl. Bearsi doveva infatti esstre il titolo del volume ma mi è parso poi artificioso a, Valgono per noi. nel Pignoui, a farcelo presentare poeta. oltre quel suo particolare immaginismo di cui si fe' cenno .certi stagli sicuri, e Quei suoi rovesciamenti del fron!e (per usare una loc-uzione molto espressiva della vi1a dell'armi o meglio della grande strategta) mobilissimi, e di indubbia piena eugenetica proprio in quella poesia e lirica>, che, lnuece, pur con codeste sue belle disposlrioni, egli vorrebbe tenere • sotto stima ,._ Questo poeta, dunque; allorquando e di veruna ac· cademia (e nel caso suo pur ancor giovane neppure della propria) è convincente. e perchè no, pure un poco ammaliante. E che poi la sua accademia (proposta nell'.-Jntro– duztone •) sia opinabile, e .rollan10 indotto da sè,. lo stesso Pignoni alla fin fine riconosce, e nella pratica quasi sempre lo assèvera. E cosi, proprio dai dibattuti travagli, pure diremo come, con frutto, ne sia esc1lo consegnato assai, e veritiero e garbato. e Ml manca una vita turbinosa alle spalle (mi scriveva il 27 luglio di quest'anno). Benchè siano diversi anni che scrivo e mi occupo di poesia, è poco più di un annetto che mi sono gettato nell'agone letterario: ho voluto prima sag• giare le mie forze, collaudare le mie pos.sibilild. La raccolta S!gnificare uscila quest'anno comprende come Lei ha vista componimenti che vanno dal '51 al 'S.''i Anche le collaborazioni poetiche e critiche non sono molte, apparse come sono tutte in questo scorcio del 'S? • .Si tratta allora, da quanto si era letto, di e Sia. gione •, del e Critone •, e di e Poesia nuova>, sedi di ri· cerche e di poesia che a dirle ben degne, utili a.lla poesia, e ora ai suoi non mal deprecabili assodamenti e ora pure n qualche sua palingenesi naturalmente in. cessante, si è nel vero. E al parl di Crovi, Plgnotti è al suo primo libro; ma. la. nostra attenzione all'uno e all'altro non era nuova. Le raccolte di questi due gio• 1.:ani poeti soltanto l'f ,.,.<:Prn ni1\ comoda. meno for· lUnosa. ~ENZO LAURANO Le a1.•ance Le trovammo. le arance, sulla tavola la sera che tornò dalla Toscana il padre. Erano bionde. accanto al pane ne godevano gli occhi meraviglia. E' lo fortuna! disse mio fratello. lo le pensavo, invece. come sfere ch'erano del destino quella sera. Fu mia madre a dire di mangiarle. li vecchio le guardava dal camino e pesava i suoi occhi sul mio capo. Finchè, messo il tabacco nella pipa. ff Servitore.,. mi disse « in Garfagnana 11, E allora non riuscii nemmeno a piangere chè avevo il dolce vivo In gola Emig1·ato a ~lontecarlo Una città può essere bella nel sole e felice di luci nella notte ma devt ..1vere un cuore pe1 tiventare la nostra città. Mantecar!, ,;,on le sue ~rida di donne con la linea verde del mare che perdeva il colore degli aranci mi donava il suo cuore dove Il canto non a\l\'.!va più voce. nè respiro. E vicino al rumore dei treni si eccitava .>gni giorno la mia pena Il carbone :a ghiaia. il legno bianco non avevano peso alle mie mani. più pesava quel cielo senza rondini che non si apriva. 11 ritorno non fu nuova tristezza. Fu una lenta paura di me Stesso, che non sapevo camminare. RAFFAELE CROVl * I due soldi nella tasca del marinaio ucciso. Festa per gli altri. Han versato il mare che aveva il ga11eggiare della sua barchetta di carta. Lui è fuori ormai da un rimanere con soli sussurri dolciastri e con la lontananza scavata dalle bambole. Morto senza terra e senz.a cielo perchè costava esattamentE" i due soldi, perchè l'inferno cresceva nell'inquietudine di parole sfiorate che non gli avevano detto. perchè il suo sparso significare tornava ogni giorno pilj solo. Morto tra I mari e i fiumi: loro gli avevano quasi promesso di essere ultimi. Il Basta che sia u.n'ora d'un giorno e nello scoprirsi volume per esempio di cattiveria. col pentimento è la convinzione che a impacciare è solo Il peccato di sempre. I colori accasati nel profilo con\'enzionale di tutti i giorni. Siccome ora il cielo, da parte del colore. è parente .della corrispondenza commerciale, e accanto può esistere il compromesso di un fiore. è meglio smettere tutto. III Qui [ust al solo momento d'agosto e novembre bisogna vivere frettolosamente il succo dei giorni. L'albero torse è un albero. Cercare soltanto un colore o una pietra o un desiderio che tenti significarsi. Far violenza al paesaggio perchè diventi un volto che esprima talvolta bicchieri. LAMBERTO PIGNO'ITI

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