La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 13 - 9 aprile 1908

L'articolo sullo sciopero dei ferrovieri suggerisce un altro pro- blema importantissimo. Lo sciopero generale che si determina in uff attimo per un fatto di commozione nazionale, come quello dell'eccidio avvenuto in un angolo di Milano nell'ottobre del- l'anno scorso, é o non è un avvenimento politico? Non c'è che il cretino che possa negaHo. I chartisti, quando votarono il mese sacro — cioè lo sciopero nazionale di un mese — come protesta contro la cocciutaggine parlamentare, compivano un atto poli- tico. Gli irlandesi, quando sono andati in 600.000 in Hyde Park come un holeday violento per l'autonomia del loro Paese (Home rale) portavano in pubblico la volontà nazionale, cioè, politica. Gli scioperi in Olanda e nel Belgio, per delle riforme elettorali, non sono state agi: azioni politiche? La fraternizzazione delle masse, per la cessazione di una politica sanguinosa, non può dunque essere considerata un fattaccio giudiziario. E' un conflitto fra popolo e governo, vale a dire un conflitto fra due idee che si combattono: l'una per l'effusione di sangue, l'altra per la libertà di opinione. Ora, non è un delitto sottrarre i ferrovieri ai loro giudici naturali — i giurati -- per coneegnarli ai giudici togati? E' un quesito che sottopongo alla pubblica opinione. VAUTRIN. " Resti l'Italia a me!,, O Vieni la Calligigia Dei Morosini tua A rivedere, o Cesare. Cui di Letizia, a prua. La scollacciata immagine Più non litilla ornai? • Bada! alle dame italici:' Fanno ribrezzo, o sire, Di tua Rotonda Tavola Le .immonde orge delire Non senti Possa d'Affila Fremer dal Orali: — Gemi A' violenti cupidi Sol di piaceri e d'on t — Bastano gli (inni Un.,io: A mordersi tra loro: Col tuo cavicchio, o barbara. che vieni a Diri che vuoi? Ma, forse, io ti caltinnio. Cesare non più biondo, Che sogni nella Francia D'aver fiaccalo il mondo: Io ti calunnio; i barbari. chi sal forse sino, noi, ch'eravamo (oh povero Ciustil) giri grandi, e l'ora Del nascer vostro, Vandali. Non era giunta ancora; Noi, che vi diam E la pietà del Sol, E l'arte inimitabile, E la bone del cuore, E l'ironia magnifica Delle nostre signore, E i dolci frutti e i roridi Fiori del nostro suol. Così le parli invertonsi E Muta il fato umano: (-timbro s'è fatto Mario, E Cesare Germano; Nude le braccia, or vengono Le nostre dathe a te. Intedescato Cesare, Che Roma con.i e Atene. l'orlando l'idrargirio Avito entro le vene, E agl'irti baffi appenclonsi Negali si loro re. ETTORE NASCA.

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