Acpol notizie - Anno II - n. 8 - Giugno 1970

ne bandisse gli scritti e gli staliniani arrivassero a parlare di "lue luxemburghiana". Spetta a lei anche il merito di avere, fin dagli ultimi anni del secolo scorso, quando l'impetuoso sviluppo del capitalismo, susseguito alla lunga depressione dei decenni precedenti, disperdeva le speranze di una prossima crisi rivoluzionaria e spalancava le porte al revisionismo e all'opportunismo, elaborato una nuova strategia rivoluzionaria fondata sull'analisi dell'imperialismo e dell'inevitabilità della guerra interimperialistica, strategia poi consacrata nello emendamento Luxemburg-Lenin al congresso di Stoccarda del 1907 e realizzata vittoriosamente da Lenin nel corso della prima guerra mondiale. Anche lei, come Lenin, analizzò l'imperialismo e denunciò, come nessuno prima di lei, le inevitabili connessioni fra lo sviluppo intensivo del capitalismo al centro del sistema e lo ·s_v-iluppo estensivo alla periferia sotto forma di aggressione permanente ai popoli coloniali o semi-coloniali e, in connessione con tutto lo sviluppo imperialistico, la funzione economica delle spesemilitari come mercato sussidiario capacedi offrire una domanda solvibile per lo smercio della produzione capitalistica e, quindi, per la stabilizzazione e lo sviluppo del sistema. Ma quello che la distingue soprattutto da Lenin e la rende, a_mio avviso, oggi più attuale, almeno per i paesi sviluppati, è la sua concezione squisitamente marxista del movimento capace di trascendere tutti gli schemi organizzativi preconcetti e di creare nuove forme organizzative a seconda delle condizioni e degli sviluppi della lotta, i I suo rifiuto di una coscienza di classeapportata.dagli intellettuali alla classeoperaia e, conseguentemente, l'analogo rifiuto di qualunque dogmatismo perchè nessuno possiede la verità e la classe può conquistarla solo atttraverso la propria esperienza e i propri errori ("è l'io collettivo della classe operaia, che si ostina ovunque a voler fare i propri errori e ad imparare da sè la dialettica storica"), la sua fiducia nell'iniziativa, nella partecipazione, nella responsabilità e nella coscienza collettiva delle masse come sola possibile matrice di un'autentica rivoluzione socialista, la sua denuncia dell'ultracentralismo e del burocratismo fin dagli albori del secolo, tanto in polemica con Lenin ("i passi falsi che compie un reale movimento operaio rivoluzionario sono sul piano storico incommensurabilm_ente più fecondi e più preziosi dell'infallibilità del miglior "comitato centrale") quanto con la socialdemocrazia tedesca ("questi lati deboli del funzionarismo nascondono sicuramente ·in sè dei gravi pericoli anche per il partito, se la massa socialdemocratica non veglierà a che i segretari nominati rimangano dei puri organi di attuazione e non vengano considerati come i titolari professionali dell'iniziativa e ·deUadirezione della vita locale di partito"). Questa sua concezione del rapporto partito-masse (-iI partito può aiutare la maturazione politica delle masse ma non può sostituirsi ad esse, deve rappresentare la parte prù cosciente del proletariato e quindi esercitare una funzione dirigente ma non può far calare gli ordini dall'alto) è stata accusata dagli staliniani di spontaneismo, mentre, come abbiamo detto, rappresenta la migliore applicazione dell'insegnamento di Marx. E su questo._insegnamento dobbiamo meditare, se è vero ancor oggi, come io credo, quello che Rosa Luxemburg scriveva molti decenni fa: "Le difficoltà del compito non stanno nella forza dell'avversario, nella resistenza della società borghese (...) La difficoltà sta nel proletariato stesso, nella sua immaturità, o piuttosto nell'immaturità dei suoi capi, dei partiti socialisti". Lelio Basso (Settegiorni n. 156 del 7-6-1970} 19

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