Acpol notizie - Anno I - n. 2 - Dicembre 1969

all' ACP0L. Condivido ~ostanzialmente in proposito quanto ha scritto l'amico Covatta (numero 100 di "Settegiorni"). Vorrei solo aggiungere che il fatto che l'appello costitutivo del1'ACP0L sia stato firmato da uomini "che non sono tutti segnalati per un modo molto nuovo di far politica" è vero (ed è vero per tutti), ma è anche ovvio. Se avessimo già "scoperto", o altri avessero "scoperto", modi nuovi di far politica, o l'ACP0L sarebbe già stata costituita da tempo, oppure ·non·se ne avvertirebbe il bisogno. Siamo in molti (e non solo nell' ACP0L, naturalmente) a ricercare "strade nuove", ma nessuno ha ricette sicure da offrire: I' ACPOL rappresenta un tentativo di ricavare queste "ricette" attraverso il confronto spregiudicato, la libera ricerca, la inçiividuazione di convergenze d'analisi e d'iniziativa fra forze diversamente collocate in partiti, sindacati, movimenti, gruppi (o non collocate in nessuna sede più o·meno istituzionalizzata): forze che non hanno bruscamente deciso di rompere i ponti con tali collocazioni, ma che non vi si adagiano neppure 'in modo criticamente soddisfatto. Che questa problematica (ancorata a una critica esplicita alle strutture neocapitaliste della società e finalizzata alla trasformazione di tali strutture) coincida con quello che comunemente definiamo processo di ristrutturazione della sinistra, è fuor di dubbio. Per quanto mi riguarda, se così non fosse l'ACP0L non mi interesserebbe. Ma ciò non significa che una sorta di megalomania collettiva ci induca a ritenerci strumento esclusivo di tale processo, che mobilita e più dovrà mobilitare,. in ·modi differenz_iati, ben altre forze (e fra esse, ovviamente, quelle comuniste). E poichè l'ACP0L non si propone nè come una struttura chiusa con pretese egemoniche (che sarebbero velleitarie e puerili), non vedo perchè la sua costituzione dovrebbe provocare "ulteriori divisioni e frammentazioni". Voglio solo osservare che già oggi, nelle sue prime e necessariamente modeste esperienze, I' ACPO L offre occasi on i di incontro, soprattutto a livello periferico, a uomini e forze che, per il fatto di provenire da matrici diverse e per avere diverse collocazioni, sovente marciavano per vie parallele, senza "conoscersi", affermavano magari le stesse cose senza alcun "interscambio" reciproco. Non voglio fare la apologia di un' ACPOL appena ai suoi primi passi, ancora, direi, da "costruire" (e dovrà esserecostruita dal basso): credo solo che si tratti di un esperimento che vale la pena di tentare, con modestia non disgiunta da fiducia: un esperimento che, quale che siano i suoi sviluppi, poichè non si realizza certo all'insegna della discriminazione, non divide e non frammenta. Semmai è vero il contrario. Devo a Lidia Menapace un'altra risposta. Non credo in coscienza di aver firmato- assieme ad altri compagni socialisti un documento "asettico", ma, se può sorgere un dubbio interpretativo, è bene dissiparlo. Scrive la Menapace: " ...ci si domanda come abbiano fatto dei socialisti a firmare un testo che, parlando della trasformazione della società italiana, non ne qualifica mai il senso e il tipo". Ebbene, aderendo all' ACPOL non ho certo tolto dai loro scaffali le opere di Marx per relegarle in un oscuro ripostiglio. So.no sempre convinto, quindi, che. non vi sia una serie di soluzioni alternative per la trasformazione ·della società, , al di là della "frontiera" del capitalismo·: se si supera questa "frontiera" (e l'ACP0L ipotizza la trasformazione dèlla società, quindi il superamento e non la sola "razionalizzazione" del sistema neocapitalistico), la prospettiva è quella socia I ista, anche se non godi amo del la Bi1sCQOO~J~p~irni3 d" ftl~i~oenti modelli prefabbricati. Non tutti gli amici dell' ACP0L concorderanno forse con questa mia affermazione (anche se molte volte il "dissenso" è più di terminologia che di sostanza): ma I' ACP0L vuole appunto stabilire "un confronto all'interno della sinistra italiana allo scopo di verificare, attraverso il dibattito, le reaH possibilità di convergenza e chiarire i motivi di dissenso". Non siamo tutti uguali, questo è certo (si è tanto disuguali all'interno di uno stesso partito, o sindacato! L' ACP0L non ha certo compiuto il miracolo di "µnificare" da un giorno all'altro i nostri pensieri). Ma, ci creda l'amica Menapace, non siamo neppure "asettici". E con ciò concludo, non perchè manchino altri temi di dibattito, suggeriti sia dall'articolo di Lidia' Menapace che dal successivo intervento di Luigi Covatta, ma perchè ho voluto solo dare un limitato e incompleto contributo a una discussione che mi auguro continui con altri apporti. Giorgio Lauzi (25 maggio 1969) CON CAUTE·LA MA CON CORAGGIO Nel dibattito sull'A.C.POL sono già intervenuti Lidia Menapace, Luigi Covatta e Giorgio Lauzi. La costituzione dell' A.C.P0L. ha già suscitato una serie di polemiche più o meno scoperte, che, se per un certo tempo si sono svolte un pò in sordina, sono destinate ad esplodere maggiormente. I congressi delle A.C.L.I. e della D.C. stanno in particolare a dimostrarlo. A me pare che i tempi fossero maturi per una iniziativa del · genere, purchè questa non imbocchi in futuro strade sbagliate. L'ipiziativa muove in fondo da un triplice ordine di cause. Il ....fallimento dei partiti a consentire la partecipazione e la libertà dei cittadini, ad esseremezzo di collegamento e di trasmissione delle richieste provenienti dalla società civile per tradurle in iniziative politiche, legislative, ecc., a costituire luogo di dibattito politico. Essi invece si sono ridotti a strumenti di potere, a mezzi di conquista dello stato, a istituti limitanti le libertà dei singoli. Le istituzioni incapaci Il cattivo funzionamento delle istituzioni pubbliche, in particolare la incapacità di tali istituzioni ad assicurare a tutti i cittadini .la libertà e la partecipazione, a gestire un potere effettivo nei confronti dei reali centri di potere caratteristici di una struttura capitai istica della società. Infatti, se anche nuovi centri di potere si sono stabiliti a seguito dello sviluppo neocapitalistico, tutti i centri effettivi di potere si sono accampati, per così dire, nel tessuto connettivo dello stato, compiendo un lavoro di spartizione di esso, muovendosi tutti in sostanza nella logica· del ·sistema socio ...:e..c. onomico, senza che vi siano istituzioni capaci di consentire l'espressione di una voce politica e civile a coloro che fuori dai centri di potere vengono a trovarsi. L'aspetto che assume lo stato - non solo il nostro - è spesso quello di uno stato feudale in cui manca un'autorità che garantisca tutti i" cittadini ed abbia un potere effettivo esercitato. nell'interesse di tutti. Ora la creazione di un effettivo stato democratico postula invece necessariamente un mutamento nella distribuzione del potere. decisionale .per

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