Giuseppe Ignazio Montanari - Della vita e degli scritti di Antonio Laghi faentino

14 Dei re l'imprese e le feroci guerre. Il divin Lodovico , l'immortale Torquato, e tutti io chiamo quelli non solo che ne' tempi andati (poichè ad uno ad uno annoverarli, lunga ed inc rcscevol cosa sarebbe ) rua quanti ancora a' dì nostri hanno lode dal coltivare la patria lingua , i quali tutti sappiamo , che molto addentro conobbero e conoscono la lingua latina : e se a questo mancano prove, a . me basta giudicare dalle opere loro, che si rimangono scritte io latino. Penso non essere uscito di via se prima di porroi a dire di quelle cose, che furono scritte in latino dal Laghi, ho discorso un poco della lingua latina. Ma per recarmi là d'onde mi trasse amore ehe ho a quella favella, narrerò come il Laghi si fe- ' ce a tutt' uomo a studiarla, e per possederla, ed essere dirò quasi iniziato ai misteri di quella dea , si diede a svolgere dì e notte non mica [;li scrittori bassi , ma i" classici clte fiorirono in quel beatissimo secolo , che per dire con Gellio fu chiamato a ragione il secolo d'oro, l'autorità de' quali è riconosciuta per consentimento di tutti i secoli ve1111ti appresso. Dalla 1 continua lellura dci quali confessava egli di prendere infinito dilello : ed è poi incredibile a dire quanti c quanto larghi frutti ogni giorno raccogliesse. !\la per ben possederla egli, dotato com' era di fino intelletto , conobbe non bastar la lettura : volerei ancora uso ed esercizio. Ricordavasi forse di quello che Plinio aveva detto a tale proposito, essere sopra tutto uÌile vtùtarc dal gfcco io latino , e dal latino in greco : e ciò che Quintiliaoo insegna, i nostri antichi oratori avere giudicato utilissimo , voltare in latino i greci scrittori:, il che Crasso confessa di aver fatto, e piaCA.{Ue pure a Messala. Cicerone poi spessissimo lo co~

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