Vincenzo Sechi - La verità sul processo Matteotti

59 ,... in persona ordini per intensificare la vigilanza ed aumentare il numero degli agenti, ma, caso strano, nessun ordine del genere risultò mai pervenuto in Questura nè al Commissariato Flaminio. Se l'Alta ·Corte di Giustizia del Senato avesse tenuto conto di tutti questi partic9lari, delle contradizioni e qelle smentite si' sarebbe potuta convincere facilmente come De Bono avesse sen1pre .mentito; e conte la vigilanza in effetti non esistesse, in quanto l'agente çhe piantonava la portineria, era non sol9 inutile e insufficiènle alla bisogna ma non poteva essere in grado di vigilare e proteggere la vita del deputato dalle eventuali aggressioni o violenze, come infatti è avvenuto. Il Direttore Generale della P. S. dichiarò pure che non appena fu informato dall'on. Acerbo della scomparsa di Matteotti non si mostrò subito turbato e volle spiegare tale atteggiamento ·così strano, cercando far credere che egli pensò allora che il deputato si fosse allontanato per un viaggio all'estero avendo da poco richiesto e ritirato il passaporto. Anche qui la scusa non regge e i fatti smentiscono in pieno la trovata di De Bono: era infatti inconcepibile. che Matteotti fosse partito per Vienna il giorno dieci quando il tredici avrebbe dovuto presiedere la riunione del Guppo alla Camera, che non avesse dett•l nulla agli amici e neppure ai parenti ed alla moglie, e che, -in- - fine, fosse uscito, per un viaggio all'estero, senza cappello e senza valigia con sole dieci lire in tasca ... Naturalmente tali domande l'Alta Corte non ha sentito il bisogno, anzi il dovere, di rivolgere all'accusato ed ha presa per buona la scusa di De Bono il quale, davanti alle esplicite ·dichiarazioni di varie persone stupite nel vederlo tranquillo alla notizia della scomparsa di Matteotti e quasi già informato dell'accaduto, non ha saputo inventare ~ltro che il presunto viaggio a Vienna del deputato. Evidentemente, invece De Bono non si turbò al primo istante perchè egli sapeva quanto era accaduto il giorno dieci sul lungotevere Arnaldo da Brescia, e la sua unica preoccupazione fu quella, quando apprese che l'autòmobile era stata identificata e che alcuni passanti avevano vista la scena dell'aggressione, di far sparire documenti compromettenti nella camera di Dumini e cercare di esser il primo a parlare con ·costui prima di altri funzionari e del magistrato. Tutta la sua condotta nei giorni seguenti il delitto è ambigua e contraddittoria e dimostra quanto abbiamo detto: mentre si mantiene in stretto contatto con Mussolini e con i complici del Viminale dopo il famoso colloquio notturno e la telefonata al Presidente, affida al gegenerale Agostini della Milizia il compito di arrestare Dumini, e telegrafa a Milano perchè sia· rintracciato e catturato Volpi il pericoloso capo dell'associazione arditi di guerra ritrovo di facinorosi e arsenale di armi di ogni genere. De Bono non può negare di essersi precipitato alla stazione non appena avuta la notizia dell'arresto di Biblioteca Gino Bianco

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