D' AZZO DEGLI UDALDIN l DEL CONTE FAENTINO 1829
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NELLE APPLAUDITISSUIE NOZZE DE' NOBILI SIGNORI ICOttU'!I lLt>!Dtl'f'!l~tl W!\~l1A~'J1U'!l DI ~IANTOV.\ E ICOnU'!Ig~A ~AV~U'!l~A ~~tt~!l~!l~a DI FAENZ.-\ 6\.iHtlli.BA!Lil Gllttl'fAS!l CONGRA'I'ULANDO ALLI NOVELLI SPOSI D. C.
lo pur mi credo, se ora f osse quel nostro çTgolin d' Azzo degli Ubaldini, qual diede primo fra noi Italiani il modello del Ditirambo (*), poesia , che quantunque unica fin qui di Lui si abbia, è di unanime consentimento la più tersa e leggiadra di quante afJanti le rime dell'Alighieri , nell' esultanza generale di questa città p er le vostre ben assortite Nozze, eco farebbe di buon grado al comune plauso coll' armonia del suo dolcissimo canto . Cortese Amico , in amene lettere prestantissimo, e studiosissimo vendicatore delle glorie del suo paese, mi fe' testè dono di elegantissimi versi a rinfrescare la memoria di cotanto (•) V. l'erti cari- Di(csa di Dante ec, ec. 'l'onduzzi ... I-Iistor. di Faenza.
valoroso , e nelle qual i con le lodi di quello , degnamente, con eiuale robusto stile, commenda insieme chi questa Patria con ogni specie di belli studi tuttavia mantiene in pregiata e non manchevole fama . Estimai dtmque non p otesse riuscirvi sgradevole , intitolandoveli, tenendo io ciascun eli voi p er diverse movenze a questo luogo affezionati, e la rimembranza del quale debba essere a' vostri cuori mai sempre cara . Il antica amicizia di cui onorato dalla vostra famiglia , o signora Sposa, e. la conoscenza, che mi avea del vostro virtuoso Consorte obbligo mi facevano eli dare ad ambidue attestato di quel giubbilo , che io certamente non tra gli ultimi provo, p er questo sì commendato connubio , cui prego Iddio d' ogni contento benedire voglia, e consoli . Faenza li L' OFFERENTE.
)(VII}( UGOLINO Un a voce nel cor forte mi suona; D' onde move? d' ardor perchè ripiene Faville l' intelletto disprigiona ? O santo Amor delle native arene , Certo se' tu che spiri entro il mio petto, E dolce mi riscaldi ingegno e vene . Or quale al canto mi darai subietto , Che diffuso d' Amon pel verde lido Compri di tutte ornate Alme l'affetto? Che se revocar brami alcuno in grido Di color che volgendo etade antica Alle amene dottrine ebbe il cor fido ; D' UGOLIN D' AZZO concedi ch' io dica, Nostro lume gentil, se\bene il mira Pupilla d' ogni tenebra nen1ica. Per costui desterò verso di lira, N è sarà vil tenuto, se potenza Aiuti dove l' animo desira . A secolo vetusto una semenza , · La qual ~egli Ubaldini si nomava, ~g.J /A · Fiorìa, così che ne godea Faenza:
){ Vlll )( • Ugolino di CJUC1la germinava; Ma in traccia di virtù per altra strada Che non l'avita, chiare orme segnava. Ammantarsi di toga, o cinger spada Non cura: pur d' onor coglierà fronda, Bencl1è in parte diversa costui vada. • Così talvolta di bel rivo l'onda A poco a poco vedi un va rco farsi, Rodendo in alcun lato della sponda, .. Perchè nuovo ruscel viene a formarsi; Che poi cresciuto limpido e sonoro Per fiorito sentier gode aggirarsi. Cominciato era l ' arduo lavoro Di fornire al pensier veste novella Ch' indi poi tutta si dovca far d' oro ; Dico ]a casta ltalica favella : Questi le piume dell'ingegno volse Colà pronte , ed amor si st•·inse ad ella . De lle 1..udi sembianze a ssai le tolse , E p iù cara onde farla, col di vino Dra pello d'Elicona si 1·accolsc . '1 · Laonde un fior d ' olczzo pe regrino , Che orna r Attico suolo avria potuto, Educò ne ll' Italico Giardino : N è q uest ' uuico germe avrà cresciuto ; Ma non fu ad esso aver lontana vita Da tempo, o da fortuna conceduto . - O pregio di costui! mandar vestita Di leggiadro spl endo r la lingua nostra , Bencl1è di poco ancor del nido uscita ;
)(IX)( Benchè dell'Arno in riva ancor non mostra La gran face anzi il Sol , ·che di sua luce Ciascheduna raggiò Delfica t;hiostra. Ma di qual seme voglia si produce, Che d'Etruria nel grembo a far soggiorno Il buon testor di rime al fin conduce ? O tutti voi~ che spirto avete adorno Di gentilezza~ quel pensier frenate; Con questo fave llar siategl.i intorno: A che fuggi Ugolino? a che le amate Soglie ove gli occhi apristi in aurea cuna Di te dovranno rimanersi orbate? E d' dh tempo vorrai perder ciascuna Cosa diletta che IJer noi la pura Carità d el natìo loco raduna? Guarda che forse un dì stretto da cura, Che ti vieti il rcdir ~ non provi acerba La disìanza delle patrie mura . Poi vedi quanto affetto e onor ti serba Ciascun che l'andar tuo brama impedire; Deh! rimanti~ e il comun duol disacerba . Invan : che nol piegando altrui desire , Alle non sue contrade s'incammina : 01· dirò la cagion del suo partire . La maledetta gueua cittadina , Che dischiude, ove r egna, un vivo inferno, O Guelfa si domandi , o Ghibellina; Quella certo si è perch' io discerno Costui dare al natio terren le S!lalle D' essa fuggendo il misero govemo ~
)(x)( Dove nè quel seguir , nè questo calle ~ E lontano restar da tutto genti , Quasi augel che si asconde in erma valle ~ E far soltanto gli spirti contenti In tra volumi da Sofia vergati, E soavi di Muse blaudimcnti , Lorica non è tal , che rintuzzati Mandi gli strali di color che furo Dall' angue di ci.vil ful'ia addentati . Ben molti son gli scogli in ques to oscuro Pelago della vita , e mdo splende Astro, che il navigar mostri sicuro; Ma discorde voler che i petti accende~ E senza posa v'agita , o mortali Il corso natural duro più rende. Accrescete la soma aspra de' mali, E se a lcun ben talvolta vi sorride, Gli ves tite al fuggir rapide 1' ali . Pensate, che se lungo il nembo stride , E di tristi vapor l' aero s' impregna , Ogni stelo gentil schianta ed uccide . Nè più vi mova il nome d' un insegna , O iL color vano , e se vento la coglie Non vi curate da qual parte vegna . Ma se all' ombra di lei Temi si accogli e Con sicura bilancia ed armi pronte Astringere o a punir malvage voglie, Così che al margo di una sola fon te Sia dato conveuir lupo ed agnello , E dissetarsi l' un dell'altro a fronte .
}( Xt }( Cercate se del vivere flagello Barbarica ignoranza si travaglia Cacciata in bando da ciascuno ostello ; Se all ' ozio nella plebe util prevaglia Fatica, che ciascun giorno le apporta D1 che ingombrar sul desco la tovaglia; Se pubblica pietade non sopporta Chi va scalzo, digiuno, attenuato, Accattando per Dio di porta in porta : Se ciascun buono, e di saper dotato Può di vesti onorate andar coperto In piccola fortuna ancor che nato; E se agli scanni ptimi adito aperto Non trovano i tesori, o il sangue antico, Quando che fosse di virtù deserto : Così ognuno a l ben far diventa amico , O almen, dove le genti i l giusto affi·ena, Rado insorge alle belle oprc nemico . Tal chè se tutta non ritorna amena (Che non è dato), pur di quanto puote Questa vita mortai si rasserena . E t u fabbro di care argute note, Rompendo quel pensier che andar ti face Cercando spiagge dalle tue remote, Qui potresti gode r di quella pace ·· Che in tutte par ti. al saggio accorda il Cielo, Allor che la civil Discordia tace. E t ua Città che molti accende in zelo Di miti studi , il dove almen sapria Cercar gli avanzi del mortai tuo velo .
)(XII)( Già dentro della calda fantasia Sorge lo stuol che agli anni, in ch'io mi vivo, Al marmo sepolcral devoto andria . Ecco , ecco color che ardendo in vivo Desio di fatn:l mirano alle cime Non facili del santo Aonio clivo. Ecco chi Tempio , o Reggia alza sublime, E chi del colorar s' adopra all'arte, O segue lei che vita al sasso imprime . Nè dal nobile coro si diparte Chi diletto ineffabile cercando Segna di cifre musiche le carte . ._.. Buon' Arti anella son che s' intreccian.do, Benchè diverso in loro arda ~. Ctl lvvq, Una sola catena van formando; Però d'elle c iascun fido cultore, D' alloro un ramuscel recando in mano, Ir vuole a quella tomba e farle onore. Giustissimo desir, nè troppo o vano, Pensando l or che dietro un fioco raggio Primi tentaro far ridente, c p iano Cammin che avea dell'orrido e selvaggio Ammaestrando chi venia ùa poi Del come far più l ibero viaggio. Ma nel pietoso rammentar de' tuoi Merti , che ci fur speglio, Ugol in prode, Di basso ingrato cor non sarem noi . ;:;. Ti rallegra a mirar gente che gode Movere a te d' onor per argomento , ll tuo nome iterando e la tua l ode .
){XIII )( -.: Mira , mim Colui (*) che il crin d' argento D'una triplice fronda intorno ~ Tutto al guidar la bella schiera è intento . Mira .... ma dove son dal mio sospinto Immaginar? piacevo! sogno è questo , Che, destandosi 1' uom, rimane 6Stinto. Non solo al nome tuo non sorge un festo Giorno, ma un sasso pure invan si chiede, Che al tuo nido lo faccia manifesto . Oh! dura troppo alla virtù mercede ! E più d' un che in antico a nobil segno Ne l mare del saper le vele diede, Obblìo tra noi ricopre, e lungo e indegno ; Onde l' anime tutte che non sono Prostrate , giusto in cor premono sdegno . E se alcun sulle corde amaro un suono Di rampogna, e d'amor svegliar non teme, Perchè mal vezzo si r ivolga in buono , O si ascolta qual cupa aura , che freme Inutilmente per annoso bosco , O Invidia ed ira congiurate insieme S' ingegnano cospargerlo di tosco . (•} Si allude al celebrato traduttore degl ' Inni di Collimato Cavali ere Dionig i. Strocchi, dotti ssimo in lettere greche , _latine , ed italiane. ) ' 1·- \., j '
D;e 17 bfart ii r8:Jg. l'idi l pro Emi n. el Reveren. D.D. Ca r. Card . Oppiuonio Archicp. Bonoulae. Joau. Bapt. Bruni Doct . Coli . Phil. et Prof. D;• t 8 Marlii 182g. Vidit pro Excelso Gubernio . Dominicus Mandini S. T. D. Prior. Coli. Parocbus et Exam. Sinod. lroprin>alur Loopoldus Pagani Prov. Geu.
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