Filippo Turati e Anna Kuliscioff - La tragedia di Giacomo Matteotti
che sia io a fare il 'n la commemorazione del povero Matteotti. lo proponevo Amen– dola, e mi pareva il più indicato per tanti motivi, ma temo che dovrò sobbarcarmi. Anna a Filippo. U.6.9U. Milano ort 17 11, Non sono passati Che quindici giorni, e l'opinione pubblica pare già placata da– gli arresti eseguiti e dalla proclamazione che la giustizia sarà fatta fino in fondo. In questi quindici giorni di passione di esecrazione del barbaro delitto, che commosse la gente sin nei remoti villaggi delle montagne, l'attesa fu ansiosa e febbrile, ma ora comincia già a sentirsi una certa déft.nle, e sorge il dubbio, che si metta a dormire tutto, rinviando il sorgere della luce alle calende greche. De Bono è ancora coman– dante della M. Nai. e non lo si interroga; Finzi tace, malgrado il tramonto dcli' in– vocato da lui giuri parlamentare, e non lo si interroga neppure lui; Bazzi, occultato– re del principale accusato come mandante nell'atroce delitto, è subito rilasciato. E cqn questi precedenti si può sperare nell'indipendenza del giudici? Intanto gli squa– dristi riprendono le loro azioni punitive, e Federzoni che cosa fa? Polemizza con Frassati, per giustificare in fondo l'aggressione al suo suo domicilio. Certo quel eh' è crollato dcli' edificio fascista non si rifà piU, ma evidentemente si cerca ancora puntellarlo con l'aiuto di forze al di fuori del fascismo. Si inscena la tesi di Cesare Rossi, che il processo per l'assassinio del povero M.ttleotti é un processo alla ri– voluzione, e indirettamente si minaccia il governo se non saprà impedirlo. Un cei-to Pellizzi, nel e Popolo d' /lalia • d'oggi asserisce che senza giustizieri leggendari non si potrà domare i nemici all'estero ed all'interno. Chi sà che manovre, che pressioni, che minaccie non si esercitano per mandare per aria tutto il processo I Ed il paese rimarrebbe tanto y· a subire l'ultimo oltraggio alla sua dignità di uomini e di cittadini? Filippo ad Anna. Mia carissima, Romo, murttdl U/6/924 ort 20 sebbene stanotte abbia dormito e sia un po' meno stanco, sono però terribil– mente istupidito. Il tempo è turbinoso, le discussioni del Comitato delle Opposizioni sono monotone •ed eterne. Si discute sul nulla perchè il famoso documento o mozione non è ancora formulato, e i miei amici - Baldesi, Labriola, Priolo, Silvestri, ecc. - tempestano per condurmi fuori da quest'aria morta. Oli emollienti non mi hanno convinto: il testo di mozione, che tu pure hai avuto l'aria di respingere senza di– scutere, rimpolpato qua e là, mi pare ancora il migliore. Labriola lo trovò ottimo. Anche i repubblicani parlarano in quel senso, e così i massimalisti. /\\a ormai la cosa è in mano di Oronchi e Cesarò e prevaf{à la malora. La pigrizia è sempre /illeggi– bile/; e i miei sostenitori non hanno fatto il loro /illeggibile/. Sul Senato, come ti ho detto, non e' è da contare. E' una assemblea di valletti. Il giocoliere li ha giocati ripetendo le sofisticherie del suo ultimo discorso alla Camera. Non e' è là che un uomo: lo Sforza. Stamane fu da me a versare nel mio seno il suo stato di coscienza. Era per un intervento audace: ma fu accerchiato e paralizzato. Mi diceva che non vi sono che due cose concordi per la tesi forte: la sua coscienza ed io. Oli dovetti rispondere che, se avessi potuto mettermi al suo fianco ed esibire con la sua anche la mia pelle, sarei stato molto più deciso nello stimolarlo; ma dovendolo mandare 35 Biblioteca Gino Bianco
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