Da una parte: la concezione del divenire sociale, diviso in due fasi nell'azione e nel tempo dall'atto rivoluzionario, che immetterà il proletariato nelle leve di comando della vita associata, senza fase intermedia di riforme borghesi e però di attività collaborazioniste, doppiamente dannose perchè rafforzano la borghesia e addormentano lo spirito agonistico delle masse lavoratrici, allontanandone l'avvento. Dall'altra parte: la concezione riformistica che considera il divenire umano come una serie di atti successivi, di riforme che si susseguono, di trasformazioni progressive e continue che arrivano gradualmente alla completa rinnovazione sociale col passaggio dal regime borghese al regime socialistico: una rivoluzione dal di dentro non dal di fuori, un'opera creativa assidua, che finisce con l'erompere della nuova società, attraverso un processo incessante di sostituzione di strutture, paragonato agli effetti dell'incubatrice sull'uovo fecondato, da cui fuoriesce la creatura vivente quando giunta alla formazione vitale, rompe il guscio divenuto involucro inutile e vuoto. Onde la utilità, se non la necessità, delle intese e delle col- ' laborazioni per l'attuazione di una politica democraticamente progressiva. Era come se due anime contendessero nel socialismo: l'una negatrice « in toto " degl'istituti e delle strutture capitalistiche e perciò propulsiva e guerriera, l'altra concreta e ·realizzatrice, attraverso l'adattamento ambientale, fra cui oscilla in perpetuo ogni movimento rivoluzionario, a cominciare dalle origini del cristianesimo, in cui gli accesi odiatori del paganesimo violentemente contrastarono, accusandoli di tradimento, coloro che per l'insegnamento di Paolo, innestarono il messaggio di redenzione sul tronco romano e conquistarono l'immenso impero alla religione degli sparuti pescatori di Galilea.
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