socialismo democratico della tradizione italiana, al quale la classe lavoratrice doveva. i successi del passato e la sua elevazione da plebe reietta a popolo, a classe nazionale, la sola classe veramente nazionale, antivedeva nel bolscevismo l'antitesi ideologica del socialismo moderno, e nel suo affermarsi e propagarsi la distruzione di ogni possibilità offerta alla classe lavoratrice di durature conquiste e della sua finale emancipazione. Ma se è da lamentare che la destra sociaiista - il cui programma rispondeva ai bisogni profondi del proletariato e del Paese - si sia attardata, in up periodo di fermenti e di impulsi rivoluzion'ari, nel ritmo evoluzionistico dell'anteguerra, è da presumere che la visione volontaristica del so~ialismo, il temperamento forte e fermo propri di Giacomo Matteotti, giovanissimo uomo d'azione maturatosi nell'ardente clima della guerra, l'avrebbero invece spinto ad affermare un m.etodo di lotta più confacente alla realizzazione dei postulati programmatici del socialismo democratico, espressi in quel discorso veramente storico che FiUppo Turati pronunziò alla Camera ~l 26 giugno 1920, consegnato ai posteri con il titolo significativo: « Rifare l'Italia». Quel che allora occorreva infatti al socialismo, e più ancora alla società italiana, era una vera e propria rivoluzione, una rivoluzione democratica e repubblicana ,che distruggesse i punti morti a cui era giunta la vita del Paese arrestandone lo sviluppo democratico; mutasse cioè i rapporti tra le.classi, in molta parte improntati, come nell'Italia meridionale, a sistemi ancora feudali; una :ivoluzione « per consenso», della quale la classe lavoratrice fosse promotrice e guida e che abbracciasse i ceti medi e intellettuali, che esprimesse una nuova classe dirigente operosa e capace, in sostituzione di quella classe dominante italiana che la prima grande guerra aveva rivelato impotente a superare la grave crisi economica e politica che ne era seguìta. 46
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