visione intellettuale di un gran piano o disegno, ma era soprattutto - come s'è detto - « un metodo di ricerca e di concezione», nel quale trovavano posto sia tutti i processi di cose che divengono, sia la virtuosità logico-formale di intenderle per divenienti. Cori ciò l'interpretazione del marxismo come materialismo metafisico e naturalistico era sfatata. La storia era riportata al suo vero soggetto che è costituito dagli uomini che lavorano per soddisfare i loro bisogni e che, per soddisfare tali bisogni, contraggono fra loro determinati rapporti. Nel complicarsi e nel mutare di tali bisogni sta l'impulso primo ai movime.nti e alle trasformazioni sociali, perchè per essi gli uomini sono costretti a entrare in lotta non solo col mondo esterno (natura), ma anche con se medesimi, con le loro creazioni storiche, con le loro attività precedenti, forgiatrici di condizioni, di rapporti e di forme sociali. Come l'uomo non conosce e _non comprende se non facendo, così non cambia le condizioni del proprio vivere se non mutando se stesso, e reciprocamente non muta se stesso se non cambiando le condizioni esteriori. Ecco la concezione della storia come lotta di gruppi, di ceti, di classi, lotta delle forze attive contro la cristallizzazione dei rapporti e delle forme costituite. Lotta quindi, principalmente, contro forme di produzione e rapporti di proprietà, perchè tra i bisogni che stimolano le attività sociali umane quello economico è certo il più forte, impellente e generalmente sentito. Il marxismo, così rielaborato e ripensato, doveva diventare a giudizio del Labriola, una poderosa arma nelle mani del proletariato italiano, una bussola intellettuale per dirigere l'azione di questo verso il socialismo. Così il pensiero nato dalla vita e rielaborato criticamente attraverso il lavoro scientifico, sarebbe ritornato nell'azione celebrando di nuovo l'unità di teoria e di pratica. 28
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