furono le esplosioni di m~lcontento popolare particolarmente contro l'odiata tassa sul macinato, aggiuntasi alla tassa di ricchezza mobile che già gravava sul bilancio dei salariati, e frequenti furono gli scioperi e le agitazioni operaie allargatisi a tumulti dei contadini così nel Mezzogiorno come nell'Emilia, al grido di « abbasso i ricchi» mescolato alle grida di «Viva il Papa», «Viva la religione», «Viva Francesco V», con molti uccisi, feriti, arrestati e processati. A questi tumulti in cui si ravvisava il primo sforzo del malcontento nelle classi rurali del nord e centro Italia e la prima occasione, per le sfere ufficiali, di accorgersi dell'esistenza di un problema sociale, rimasero estranei gli operai delle città perchè, avendo già raggiunto un più maturo senso della realtà, comprendevano ormai l'inutilità di certe rivolte incomposte contro il Governo e si convincevano che loro uniche armi più proficue e meno rischiose erano l'associazione e la resistenza. Così è che, dopo ripetute prove della fallacia dei tentativi insurrezionali e dell'insignificante sviluppo della propaganda bakuniniana in Italia, e dimostratasi la relativa maturità dell'elemento operaio" e artigiano, va mettendo radice l'« Associazione internazionale dei lavoratori », cui dette impulso e credito, nel 1871, il movimento della Comune parigina che, pur essendo avversato dal Mazzini come troppo materialistico, incontrò nei giovani profonde simpatie ed entusiastica diffusione dei suoi principi. Sta di fatto che «i socialisti, intorno al 1890 - come nota Giovanni Spadolini - attraggono, seducono, conquistano, disorientano e disperdono tutti gli ex-giacobini, i reduci di Mentana e di Digione, i garibaldini dell'ultima leva, i focosi ribelli di Romagna, i fedeli di Cesena e di Ravenna che volevano distruggere insieme trono e altare, prefetti e vescovi, preti e carabinieri». 14
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