agraria; di Carlo Bini, livornese, che, per mettere il sistema sociale sopra un nuovo pernio, si augura che le sostanze diventino patrimonio di tutti; e dello stesso Mazzini che afferma la necessità che la proprietà sia «richiamata al principio che la rende legittima, facendo sì che il lavoro possa produrla"· Ma quando siamo ai rimedi, più in là dell'educazione e dell'associazione a scopo di affratellamento ed al fine di far conoscere ufficialmente i bisogni delle classi povere alle classi superiori affinchè possano provvedere, il Mazzini non va. Poichè egli è ben persuaso che le classi superiori, quando siano spaventate con pretese smodate e minacce di violenza, ascolteranno, provvederanno. E se non ascoltassero, non provvedessero? «A questa imbarazzantissima domanda - scrive Gaetano Salvemini - il Mazzini non risponde mai: una ipotesi di tal genere gli sembra così mostruosa e gravida di conseguenze terribili che il suo pensiero non osa di fermarsi "· Ben più esplicito e perentorio è un seguace del Mazzini, Carlo Pisacane, il quale, partendo dalla critica dell'ordinamento sociale odierno, pone a base del patto sociale questi princìpi derivanti da leggi che egli dice «eterne" ed «incontrastabili": 1) ogni individuo ha il diritto di godere di tutti i mezzi materiali di cui dispone la società, onde dar pieno sviluppo alle facoltà fisiche e morali; 2) oggetto principale del patto sociale, il garantire ad ognuno la libertà assoluta; 3) indipendenza assoluta di vita, ovvero completa proprietà del proprio essere, epperò: a) l'usufruttazione dell'uomo all'uomo abolita; b) abolizione d'ogni contratto ove non siavi pieno consenso delle parti contraenti; 9
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