Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

IL GENIO DI PIO lX. 71 più solenne sulla ipocrita eterodossia italiana. Se nella costanza dei martiri e nella tirannide dei persecutori apparecchiava Iddio le più salde convinzioni per la divinità della sua Chiesa; perchè non avrebbe potuto prepararne un'altra nel genio di un Pontefice non inteso da molti buoni ed abusalo da pochi tristi ? E forse che ai disegni della Provvidenza non servono le nostre virtù, i nostri tmcrifizi niente meno che i nostri delirii, le nostre co· dnrdie c i nostri delilli? Le idee di liberlà, il concetto e fino la parola di riforma, benchè avessero un lato onesto, erano state nondimeno alterate stranamente dal protestaulismo nel Setlenlrione, e potrebbe dirsi che esso ne levasse in Europa la prima insegna. Con queste origini e caldeggiale il più spesso da uomini ostili alla Chiesa, fù naturale che quelle idee c quel concetto non trovassero molto liete accoglienze dal Pontificato ed in Roma. Mentre esse colla sembianza di libertà e colla realtà della licenza, col pretesto di riformare e colla rabbia di distruggere sconvolgevano tollo il mondo, trovavano una diga insormonlabile sui selle colli. Confesso che avrebbero potuto trovarla troppo ostinata anche allora, che alcune convenienze doveano persuadere di adottarne qual che parte: non dissimulo che avrà potuto traforarcisi qual che riserbo sovcrchio, qualche troppo ombrosa sospizione , qualche tenacilà alquanto esagerata. Ma ad ogni modo, essendo i !ali onesti di quei concetti cosi confusi e quasi indistinti coi loro conlrari, non era grande iélltura per gli Stati della Chiesa l'essere restati privi di qualche Lene civile, quando <.Iella privazione avevano largo compenso pcll' esser franchi di quei danni, che l' abpso enorme di

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