Italia scombinata discorso fatto alla radio dal leader del Partito liberale inglese. Un buon terzo del discorso fu dedicato a denunciare i malanni della partitocrazia in Inghilterra. Le macchine dei grandi partiti, egli disse, hanno reso quasi impossibili le elezioni di chi non sia sostenuto da una di quelle macchine; gli indipendenti sono spazzati via; la macchina del partito soffoca e inaridisce il pensiero, la espressione, l'azione individuale. E tutti questi guai dipenderebbero dal collegio uninominale, e la rappresentanza proporzionale sarebbe il rimedio. Proprio quel che dicono in Italia i nostalgici del collegio uninominale, attribuendo la partitocrazia alla proporzionale! Nell'impero bismarckiano le elezioni si facevano a collegio uninomi-, nale; anche H c'erano quattro partiti (ce n'erano almeno quattro), e con quella partitocrazia Bismarck e i suoi successori dovettero sempre fare i conti, barcamenandosi continuamente, fra la destra protestante e il centro cattolico. Nell'Austria, prima che si sfasciasse nel 1919, si ebbe sempre il collegio uninominale; ma i partiti nazionali e quelli sociali, nell'interno di ciascuna nazione, erano tali e tanti, che nessuna combinazione stabile fra essi fu mai possibile: precisamente il contrario che in Inghilterra e in Germania. In Italia non esisteva partitocrazia prima del 1919, perché il Partito socialista ed il Partito cattolico erano allora giocattoli a confronto dei partiti di massa odierni, e fuori di quei giocattoli non c'era che polvere di individui raggruppati in mutevoli clientele personali. Credere che oggi - con la Democrazia cristiana, col socialcomunismo, e con sei partiti minori - si possa evitare la partitocrazia, ritornando al collegio uninominale, è voler vuotare l'acqua del mare con un cucchiaio. Ci si dice che, in regime di rappresentanza proporzionale, l'elettore non può scegliersi il proprio candidato, mentre nel collegio uninominale può fare questa scelta. Neanche nel collegio uninominale i candidati sono scelti dagli elettori: sono sempre scelti dai comitati. In qualunque regime elettorale, l'elettore non può che optare fra i candidati offerti dai comitati, che cucinano le candidature. Questa verità ce l'aveva insegnata per l'Italia settant'anni or sono Gaetano Mosca, e l'Ostrogorski la scoprf anche per l'Inghilterra e· per gli Stati Uniti. Con che non si vuol dire che gli elettori non hanno nessuna autorità di sorta: per il solo fatto che possono spostarsi da un candidato al1' altro, o da una lista all'altra, o starsene a casa, fanno sentire sui comitati il peso della propria ostilità e della propria indifferenza. Il collegio uninominale, mentre non correggerebbe nessuno di quegli inconvenienti, reali purtroppo, che si deplorano nella vita italiana, aumenterebbe nelle zone piu arretrate del Paese, cioè neil'Italia meridionale, l'autorità dei prefetti nella cucina delle candidature politiche, cioè sostituirebbe agli intrighi che hanno luògo oggi nelle direzioni centrali dei partiti, gli intrighi che avrebbero luogo nel Ministero degli interni. Meglio la concor868 BiblotecaGino Bianco
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