Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione l'altro, gettano qualche luce su argomenti appena sfiorati dalle Memorie. Il primo di questi punti, ancora oggi controverso, è quello dell'atteggiamento da lui preso di fronte a Mussolini e al regime fascista, all'indomani della marcia su Roma, e nel periodo immediatamente successivo. Si è parlato di "attesismo," di iniziale tolleranza per il fascismo, dell'isolamento politico al quale si era condannato fin da quando si era dùtaccato dal. partito socialista, e che gli impediva di' capire, e quindi dz.'reagire a quanto accadeva. Interpretazioni, secondo noi·, piuttosto discutibili. Ancor meno accettabile ci sembra l'avvicinamento alla Congregazione degli Apoti proposta da Prezzolt'ni a Gobetti (la quale era in realtà un primo segno di quella scettica prudenza che avrebbe sempre pi'u allontanato Prezzolini· da Salvemi'ni); o l'affermazi'one che fosse la "compagm·a malvagia e scempia" degli interventisti, coi quali' egli' aveva un tempo solidarizzato, a incidere in un primo momento sul suo atteggiamento verso il fascismo. La verità, secondo noi (e anche altri·, come l'Arf è e il Vivarelli), è invece questa: che Salvemini, il quale si trovava a Parigi al momento della Marcia su Roma, fu sorpreso dagli avvenimenti'; che, come del resto accadde a quasi tutti i suoi contemporanei·, stentò a capi're la novità del movi'mento fascista; che errò gravemente nel credere che Mussolini sarebbe stato ben presto sbalzato dal potere (" nessuna previsione da me fatta z'n vita mia fu mai tanto sballata"), ad opera dei mi'litari o della vecchia classe politica; che soffri non poco, in quei primi mesi, della propria impotenza a fare qualcosa. Momentaneo smarrimento, dunque, e amaro ri'piegarsi in se stesso; non tolleranza compiaciuta e compiacente, come a qualcuno è parso. È vero, si, che al principio del 1923, nel rispondere alla domanda Dove va il mondo?, egli diceva preferibile Mussolini' ai vecchi liberali, democratici, socialisti che si atteggiavano a successori del fascismo, e conchiudeva: "Il guaio è che il regime fascista minaccia di sfasciarsi con troppa rapidità"; e che ancora il 3 aprile 1923 dichiarava a un giovane di sinistra: "Meglio Mussolini che Bonomi, Facta, Orlando, Salandra, Turati·, Baldesi, D'Aragona, Nitti." Ma dobbiamo tener conto, ancora una volta, della crudezza epigrammatica delle sue apostrofi, che spesso sfiorava il paradosso, la boutade. Come acutamente ha detto i'l Saitta, quel "meglio Mussolini," che tante volte è stato rimproverato a Salvemini, era un ritorno al "meglio Sonnino" del 1901. Di' fronte ai compromessi, alle camorre, ai calcoli opportunistici e fiacchi dei falsi liberali, degli "pseudodemocratici" poteva essere salutare la spregiudicata durezza di un padrone, che togliesse di mezzo le "vecchie cariatidz.·,"e n'educasse gli italiani "al bisogno delle libertà politiche": le quali, diceva in quella risposta del 1923, "sono come l'aria: se ne sente la necessità solamente quando comincia ad essere negata o misurata." Era, a ben guardare, una posizione non troppo dissimile da quella del giovane Gobetti, che di U a poco avrebbe scritto l'Elogio della ghigliottina. Quel che possiamo rilevare, in questo atteggiamento di Salvemini, sono i giudizi anche troppo severi e un'eccessiva sfiducia nei confronti dei partiti, dai lt'berali ai socialisti e ai comunisti. La sua era una condanna 30 BiblotecaGino Bianco

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