Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Fra storia e politica seguenza con la Jugoslavia) per ottenere da Lavai la mano libera nella guerra da lui progettata contro l'Abissinia. I fascisti di Pavelié, che avevano fino allora servito alla politica mussoliniana, agirono quasi certamente in quel momento [ sempre tipo come sopra] per proprio conto." Mussolini cambiava di opinioni, di impulsi e volontà ogni cinque minuti dando sempre ragione all'ultimo che gli parlava. È perciò difficile che l'uomo desse l'ordine dell'assassinio proprio "in quel momento," quando · un'intesa ital0-jugoslava stava per essere conclusa, pronube la diplomazia francese, e con soddisfazione di quei diplomatici italiani, che avevano sempre consigliato al duce quella intesa. Mussolini non aveva bisogno di concordare personalmente con gli esecutori i particolari del tempo, del modo e del luogo, di un delitto da lui desiderato; il capobanda, che quasi certamente riceveva il mandato da un intermediario fra il duce e lui, provvedeva lui all'esecuzione secondo le opportunità del "momento." L'assassinio di Marsiglia non fu certo improvvisato dalla sera alla mattina. Pavelié dové convocare da luoghi diversi gli esecutori, dare loro le istruzioni e le armi e mandarli ad aspettare il giorno, il luogo e il momento piu opportuno. Finché non sia data la prova che l'ordine dell'assassinio fu dato da Mussolini proprio "in quel momento" il buon senso obbliga a ritenere che Pavelié aveva ricevuto da un pezzo un mandato generico e lo fece eseguire quando le circostanze consentirono, dopo altri tentativi andati a vuoto. Se il presidente delle Assise di Aix in Provenza boicottò - come afferma lo scrittore della Voce repubblicana - tutte le domande che tendevano a provare che Mussolini era stato il mandante del delitto, questo fatto non prova che, se quelle domande fossero state consentite, Mussolini sarebbe risultato responsabile non solo di un mandato generico, ma anche di un mandato specifico per "quel momento." Non so perché avrebbe fatto quelle domande nel processo di Aix in Provenza. A quel processo, per pressioni del Governo francese e per volontà del Governo jugoslavo, la vedova di Alessandro non si costituf parte civi'le. Non vi fu quindi contraddittorio in quel processo. Vi furono solamente le accuse atroci degli imputati contrò l'assassinato e le difese degli imputati. Fino a prova contraria mi pare che lo scrittore della Voce repubblicana né sia stato a Aix in Provenza, né sappia che cosa vi avvenne. Lo scrittore della Voce repubblicana racconta che poche ore dopo l'assassinio comparvero alla Legazione d'Italia in Belgrado cinque fascisti "muniti di commendatizie speciali del Ministero degli esteri" che dissero al ministro Galli: "Siamo qui per la rivoluzione che sta per scoppiare; metteteci in grado di fare il servizio piu esteso." Quest'incidente mi piacerebbe fosse documentato meglio che con un articoletto anonimo su la Voce repubblicana, ventun anni dopo l'avvenimento. Inoltre bisognerebbe chiarire e "provare" se quei cinque fascisti comparvero alla Legazione d'Italia proprio "poche ore dopo l'assassinio," oppure dopo aver letto sui giornali la notizia dell'assassinio, e che le commendatizie furono rilasciate loro pro2'60 BiblotecaGino Bianco

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