Recensione dei "Ricordi: 1922-1946" di R. Guariglia non dovessero essere controllati da un solo Stato o da un solo gruppo di Stati, ma, o lasciati liberi, o sottoposti ad un controllo ipternazionale affidato su di un piede di uguaglianza a tutti gli interessati. Nessuno avrebbe dovuto contestare l'alto valore della tesi italiana come principio di giustizia internazionale" (pp. 31-32). Qui Guariglia gonfia le gote come il Conte Zio di Manzoni. I tre sbocchi del Mediterraneo furono, sono e saranno sempre liberi per tutti, in te1npo di pace, anche se l'Italia non è rappresentata nella commissione internazionale di Tangeri. E in tempo di guerra non sarà quella commissione, con o senza il delegato italiano, che controllerà gli sbocchi: sarà la forza militare o la coalizione di forze piu potenti. Guariglia nello scrivere quelle parole, teneva aperto il solo occhio accecato dal nazionalismo, e aveva dimenticato che era ridicolo invocare i principi della giustizia internazionale mentre Mussolini non apriva bocca senza farsene gioco, e questo proprio dopo il colpo di testa di Corfu ! Da questi ricordi risulta chiaro che la guerra per la conquista di Etiopia fu a lungo predicata e, quando finalmente fu possibile farla, fu salutata con entusiasmo da Guariglia. Nell'Abissinia questi vedeva - e vede tuttora - possibilità di largo impiego per il lavoro manuale e per il lavoro intellettuale italiano; di questo dice giustamente che costituisce un problema per lo meno altrettanto preoccupante quanto quello della disoccupazione_ manuale. Ma per il lavoro manuale non specializzato che è purtroppo quello che prevale nella emigrazione italiana Guariglia è fuori strada: ce n'è quanto se ne vuole in Abissinia; per fargli largo bisognerebbe procedere a massacri in massa nella popolazione locale - ciò che Graziani fece con successo. Ma il clima non è adatto al lavoro fisico bianco. Beninteso che pur di sfollare l'Italia anche il lavoro bianco italiano può essere mandato là a deperire sotto quel clima. Invece per il lavoro intellettuale vi sono larghe possibilità (beninteso senza euforie). Medici, ingegneri, insegnanti di materie tecniche, appaltatori, artigiani specializzati possono trovare impiego decoroso e remunerativo in Abissinia. (Per i legulei e gli altri perdigiorni simili, niente da fare in Abissinia, né in Italia, né in nessun'altra parte del mondo.) Se il Governo italiano pensasse meno alla "grande politica" buona per i burocrati mangiapane del Ministero degli esteri, e piu alla "piccola politica" necessaria al popolo italiano che domanda di lavorare, la emigrazione intellettuale verso l'Abissinia dovrebbe essere curata metodicamente. Le condizioni sono diventate favorevoli proprio ora che l'Abissinia non si sente piu minacciata militarll?-ente dalla vicinanza territoriale delle colonie italiane. Hailè Selassiè preferisce i tecnici italiani, che non gli danno piu ombra, ai tecnici inglesi che... non si sa mai! Ma chi vuol fare affari in un paese deve vivere in pace con quel paese. E sarebbe stato possibile vivere in pace anche prima della guerra, se la politica di Guariglia verso l'Abissinia non fosse prevalsa sulla politica alla Ferdinando Martini, che era stata adottata quando il buon senso non era diventato in Italia troppo raro. Guariglia parla di centinaia di migliaia di italiani che emigrarono in Abissinia dopo la conquista mussoliniana. Avrebbe fatto bene a 257 BiblotécaGino Bianco
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