I socialisti di Sesto cessarono di contare, i socialisti riformisti italiani non seppero mai fare le riforme; e i rivoluzionari, non essendo capaci di fare alcuna rivoluzione, avrebbero fatto meglio a non seccare il prossimo. Né gli uni né gli altri fecero allora in Italia quel che i comumstl fecero in Russia nel 1917 ed anni successivi. Non poteva essere altrimenti. Lenin aveva dietro a sé anni di cospirazione con la fortezza Pietro e Paolo e la forca innanzi a sé, e poi lunghi anni di esilio. Turati aveva dietro a sé non piu che alcuni mesi di carcere e una Camera dei deputati in cui era "personaggio autorevole." E anche il sindaco riformista di Sesto Fiorentino era "personaggio autorevole" nel Consiglio comunale di Sesto, e in generale si può dire che i piu fra i socialisti riformisti italiani erano "personaggi autorevoli" nei consigli comunali, nelle cooperative, nelle sezioni socialiste del loro paese. In fondo il socialista italiano, quando era riformista, era un abile raccoglitore di voti (il movimento socialista fece la sua apparizione in Sesto nelle vesti di associazione elettorale), e buon amministratore di cooperative, ma non fu mai quel che oggi si direbbe un leninista. La rivoluzione era per lui lo sbocco a cui avrebbe messo capo la società capitalistica quando fosse giunta all'estremo della sua necessaria evoluziòne, cosf come la domenica arriva dopo il sabato; quella evoluzione, doveva essere facilitata dalle cooperative, dalle leghe di resistenza e dalla "conquista dei poteri pubblici," cioè dalla elezione di deputati e consiglieri comunali, e dalle riforme che sarebbero state via via ottenute o eseguite nell'interno della società borghese; ma ogni tentativo rivoluzionario era da condannare, salvo che un governo borghese si fosse messo di traverso al movimento socialista con la violenza. Quanto ai rivoluzionari la loro rivoluzione non era che intransigenza nella tattica elettorale nazionale e locale, diretta a strappare per forza anche quanto avrebbero potuto ottenere per amore; ma la rivoluzione, per essi non meno che per i riformisti, era quella certa cosa che sarebbe avvenuta a suo tempo, per evoluzione necessaria della società capitalistìca, come la primavera viene dopo l'inverno. Eppoi non bisogna dimenticare le condizioni in cui uomini come Lenin e Trockij lavorarono nel 1917, e quelle dell'Italia nel primo ventennio di questo secolo. Lenin e Trockij operarono in un Paese, nel quale un'immensa fiumana di contadini (che non aveva mai sentito parlare di loro) aveva rotto le file sul fronte della · guerra, ed era tornata a casa per farla finita con la guerra e impadronirsi delle terre. In Italia non avvenne nulla di simile neanche dopo la disfatta di Caporetto; e nella crisi del dopo guerra tutto si ridusse ad occupazioni sporadiche di terre magari dietro una bandiera tricolore e al grido di viva il re, e ad una occupazione delle fabbriche che nel settembre 1920 finf senza distruzioni come era cominciata. Non ci fu mai in Italia una esasperazione rivoluzionaria alla russa né nelle moltitudini, né nei loro conducenti. Tenére presente, quindi, il fatalismo dei socialisti 1901-1922 per comprendere quel che avvenne e non avvenne a Sesto Fiorentino come nel resto dell'Italia, certo si deve; ma pronunciare condanne storiche contro i socialisti, e riformisti e rivoluzionari, 253 BiblotecaGino Bianco
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