Scuola e società sociali fondata specialmente sulle condizioni economiche." Esso accettava la gerarchia esistente come un dato di fatto, ché non si poteva sopprimere ad arbitrio, salvo che si fosse fatta una rivoluzione sociale per · decretò reale. S'intende che c'è modo e modo di accettare una situazione ereditata dal passato, che non può essere rivoluzionata. Senza pretendere di usare la scuola come leva di un rinnovamento sociale, Galletti e io domandava• mo che la scuola non cristallizzasse le classi sociali in caste, cioè no.q assicurasse agli inetti delle famiglie ricche il monopolio delle professioni superiori, intercettando agli elementi, anche meglio dotati, delle famiglie piu umili il cammino verso quelle professioni. Borghi (pp. 144, 148, 155) scrive che quel sistema scolastico "non garantiva la formazione di una nuova classe dirigente, né l'eguaglianza di opportunità a tutti i giovani italiani come fondamento e condizione di una società democratica"; noi intendevamo "dare alla classe dirigente italiana il senso della sua responsabilità, ma senza negarle il suo diritto al potere. ,, Potevamo noi negarle il diritto al potere in sede di riforma scolastica? Potevamo noi "garantire la formazione di una nuova classe dirigente" col semplice proporre una riforma scolastica? Chi propone una riforma scolastica è forse onnipotente come il padreterno? Probabilmente Borghi ha voluto dire che se le nostre proposte fossero state accettate, una nuova classe dirigent~ non ne sarebbe nata. Ha ragione. Noi non avevamo cosf alte ambizioni. Noi desideravamo solo che gli insegnanti dessero alla classe dirigente italiana affidata loro dalla società, qual'era allora, una migliore educazione intellettuale e morale. E neanche questa migliore educazione pretendevamo "garentirla." Desiderare non è garentire. Infatti facemmo un bel fiasco, come dimostrò la Marcia su Roma, e i fiaschi non sono ancora finiti. "Garentire l'eguaglianza di opportunità a tutti i giovani italiani." A parte la interpretazione da dare alla parola "garentire," come garentirebbe Borghi quella "eguaglianza di opportunità"? Una scuola unica dal principio alla fine, nella quale sieno tenuti insieme i giovani di tutte le classi sociali dal primo anno di scuola elementare all'ultimo anno dell'università? Siffatta scuola unica seminerebbe dietro a sé gli inetti e condurrebbe al traguardo una minoranza di eletti? Oppure non lascerebbe addietro nessuno per garentire permanente eguaglianza di opportunità a tutti? Borghi scrive che "occorreva un tipo nuovo di educa~ione capace di afferrare il senso dell'identità del' valore di tutti gli uomini, dell'importanza liberatrice della cultura per ciascuno e della necessità di un'esperienza comune seriza la mediazione di istituzioni e di strati sociali privilegiati" (pp. 147-8). Queste sue parole non mi suggeriscono nessuna idea concreta di quel che la educazione avrebbe dovuto essere ai miei tempi, e do1067 BibliotecaGino Bianco
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