Gaetano Salvemini - Scritti sulla scuola

L'Università di Napoli Gli adolescenti, che dopo aver fatto il liceo in una città del Napoletano, lasciano la famiglia per andare ad addottorarsi all'Università di Napoli, sono forniti assai di rado di una perfetta e solida coscienza morale. Ma anche nei peggiori non mancano mai grandi capacità di bene. E basta che un giovane meridionale abbia la fortuna di trovarsi sbalzato fra i 18 e i 22 anni in un centro di lavoro onesto, in una scuola universitaria seria e sana, perché in lui - fornito quasi sempre di un'intuizione rapidissima, di un forte amor proprio, di facile adattabilità all'ambiente - si determini subito una grande crisi di rinnovamento e di epurazione. E da questa crisi nascono prodotti talvolta mirabili per raffinatezza e per forza, e non mai inferiori a quella che è la media intellettuale e morale dei giovani del Settentrione. La piu parte dei meridionali, invece, va a finire a Napoli. E Napoli è la piaga del Mezzogiorno, come Roma è la piaga di tutta l'Italia. Nelle città universitarie del Nord non mancano, certo, occasioni di sviarsi al giovane, sfuggito appena alla costrizione della famiglia e della scuola secondaria, e avido di bere a grandi sorsi la coppa della libertà. Ma una grande ondata di lavoro affannoso travolge tutto, compensa ogni male, purifica tutto. E il giovane si sente come soggiogato da un comando universale, perenne, che lo sospinge alla fatica e lo consiglia a farsi avanti, ad· affermarsi conquistatore di quelle forme poderose di vita che lo dommano e l'affascinano. 1 "La Voce," nel pubblicare questo articolo sotto il titolo: Cocò all'Università di Napoli nel numero del 31 dicembre 1908, premise questo "cappello": "Non sappiamo ancora, nel momento d'andare in macchina, se il professor Gaetano Salvemini, se l'amico Salvemini è sopravvissuto alla catastrofe di Messina. Questa voce che qui suona, energica e rude, sincera é veritiera, come fu sempre la sua, è forse spenta per sempre. Non si può dire come ci accori la sorte d'un amico che da poco, ma saldamente, avevamo conquistato. La sua campagna per il risollevamento morale del Mezzogiorno entrava cosi perfettamente nel nostro complesso di idee, e il programma del nostro giornale era cosi armonico con l'opera di verità e di giustizia che il Salvemini ha sempre perseguita, sia fra i professori che fra i suoi compaesani del Mezzogiorno, che, da lontano, ci eravamo legati da grande simpatia. Ed a Messina era pure il nostro amico Lombardo Radice, rivelatosi altro animo di lottatore, i cui sforzi per combattere il pedagogismo e le influenze massoniche, tra i professori delle scuole medie, saranno ben presto confortati dal nostro sincero aiuto. Noi non diciamo questo per mettere in piazza il nostro dolore, e per tessere, prematuramente, l'elogio funebre di persone care che speriamo siano salve: ma perché malgrado che la disgrazia di Messina tocchi ancora noi, non possiamo trattenerci dal dire che ciò che piu duole in questa catastrofe immensa non è la fine delle nature umane e la perdita dei beni. Siamo sinceri: se una battaglia, se una rivoluzione, egualmente sanguinosa e spaventosa, avesse dovuto darci però un regime piu alto, uno stato sociale piu umano, un'elevazione morale piu grande, nessuno avrebbe lamentato i morti e i beni. Tutta la storia umana è stata fatta a prezzo di vite e di denaro. Ciò che spaventa e abbatte è il sapere che questa catastrofe non solo è inutile, ma che farà ritardare il risollevamento morale del Mezzogiorno. Perciò noi non diciamo soltanto: Messina è caduta, Messina deve risorgere; non invochiamo soltanto dagli italiani il denaro; ma li preghiamo di ricordarsi una buona volta delle anime dei loro fratelli meridionali, e di scendere laggiu per l'opera della carità spirituale, per l'apertura delle menti; per l'elevazione degli individui, per la definitiva e solenne comunione fra gli italiani non soltanto sotto la stessa divisa e sotto lo stesso stemma, ma nello stesso sforzo morale. LA VOCE." 974 BibliotecaGino Bianco

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