La vitto1·ia e la democrazia gruppi politici, che avevano la forza di mandarli via: e quasi sempre la repubblica è stata fatta, non dai repubblicani, ma da monarchici, che la politica regia costringeva a mettersi coi repubblicani; talvolta i monarchici hanno sacrificato il re per salvare se stessi, deviando le furie popolari e guadagnando tempo con l'aiuto di una riv~luzione formale ... Insomma dal fatto che la repubblica sia la forma logica e necessaria della democrazia, e che o prima o poi tutti gli Stati democratici finiranno coll'assumere forma repubblicana, non si deve dedurre che in questo momento, 2·n Italia, valga la pena di fare della repubblica un punto del programma i"mprorogabile di una seria democrazia. Diremo qualcosa di piu. Date le attuali arretrate condizioni intellettuali e morali dei gruppi politici, i quali si disputano il governo in Italia, data l'abitudine che tutti i politicanti hanno in Italia di considerare lo Stato come un loro feudo privato, data la naturale tendenza delle maggioranze parlamentari a trasformarsi in oligarchie oppressive e violente in tutti i paesi di scarsa coscienza politica e di fiacca fibra morale - e il nostro è fra questi, - noi riteniamo che in questi paesi possa riuscire utile la esistenza di una monarchia ereditaria, in cui il re abbia interesse a funzionare come moderatore dei partiti, frenando le prevaricazioni delle maggioranze parlamentari e tutelando contro di esse i diritti delle minoranze e gl'interessi generali e permanenti della nazione. Tutto questo, beninteso, a condizione che il re compia questa funzione, e non si renda solidale con interessi antitetici all'interesse generale. Vittorio Emanuele III compie questa funzione? All'indomani di una guerra, che la maggioranza parlamentare giolittiana non voleva, e che noi volemmo perché la ritenemmo richiesta dall'interesse generale della nazione, e che Vittorio Emanuele III volle insieme con noi, noi non crediamo che si possa onestamente da noi considerare la repubblica come una necessità. Chiedano la repubblica coloro, che non vollero la guerra, e sfruttano oggi i danni della guerra e le difficoltà della pace. Ma associarsi a costoro per volere la repubblica, sarebbe per noi· che volemmo la guerra un atto di leggerez~a o ,una vera e propria cattiva azione, che non commetteremo mai. Ma nella guerra sono stati commessi molti errori dagli uomini di governo, e una spaventosa criminosa insipienza costoro rivelano_ di fronte ai problemi della pace. D'accordo. Ma chi può in buona fede attribuire quegli errori e quella insipienza all'azione personale di Vittorio Emanuele III? Chi può seriamente ritenere che fra il 1914 e il 1919 un presidente di repubblica avrebbe trovato in Italia fra i nostri uomini politici ministri migliori di quelli su cui è caduta la scelta di Vittorio Emanuele III? In coscienza, noi non sappiamo chi possa, senza uscire fuori strada, attribuire alla responsabilità personale del re attuale la spaventosa mancanza di uomini politici, di cui soffriamo, cioè delle arretrate condizioni economiche, BibliotecaGinoBianco
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